
Lettere al direttore
Abortiste alla Pav e gli attacchi a La Russa e Fontana

Che sta succedendo nella Chiesa? La domanda, dopo l’incredibile notizia della nomina dell’economista Mariana Mazzucato, abortista convinta, a membro della Pontificia Accademia per la Vita, sorge spontanea. In effetti, volendo provare ad unire i puntini riguardanti alcune delle nomine avvenute negli ultimi anni tra i sacri palazzi, il quadro che ne emerge è fin troppo chiaro; un quadro che fotografa alla perfezione tutto lo stato confusionale (per usare un eufemismo) in cui versa la Chiesa. E, quel che è peggio, uno stato confusionale forse non casuale.
Sorvolando sul fatto che non risulta, come dire, di immediata comprensione la nomina, in un organismo pontificio come la Pav, anche di un professore musulmano dell’università Al-Azhar, il punto è che quella della Mazzucato è solo l’ultima (per ora) di una serie di nomine che hanno creato non pochi imbarazzi anche tra i semplici fedeli: potremmo citare quella dell’economista Jeffrey Sachs, le cui posizioni in materia di aborto sono ben note, a membro ordinario della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali; oppure quella di p. James Martin, noto per le sue posizioni eterodosse in materia sessuale, a consultore della Segreteria per la Comunicazione; oppure ancora quella del teologo anglicano Nigel Bigger, che in passato non ha nascosto posizioni pro choice, pure lui alla Pontificia Accademia per la Vita; come anche quella del teologo Maurizio Chiodi nella doppia veste di membro della Pav e di docente dell’Istituto Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia, che anche di recente si è espresso a favore della contraccezione. L’elenco potrebbe continuare.
Ora è chiaro che qui la questione va ben oltre l’imbarazzo e lo sconcerto per la scelta in sé, di nomi evidentemente inadeguati in quanto in aperto contrasto con l’insegnamento della Chiesa; il tema vero è un altro, e riguarda il perché di tali scelte, quali la motivazione, quali gli obiettivi. E allora se è vero che a pensar male si commette peccato ma spesso ci si azzecca, spiace dirlo ma quanto meno sorge il sospetto che tali scelte siano parte di un disegno più ampio che punta – in nome di uno scivoloso approccio teologico di tipo “situazionista” all’insegna dei “sì, ma” e dei “no, però” che a sua volta si traduce in una pastorale “inclusiva” tutta caritas e niente veritas – che punta, dicevamo, al bersaglio grosso ossia a cambiare proprio l’insegnamento della Chiesa su aborto, contraccezione, omosessualità, eutanasia, fecondazione artificiale, ecc., di fatto smantellando in maniera sistematica l’impianto teologico e antropologico messo in piedi principalmente da s. Giovanni Paolo II.
Anche per questo forse è opportuno che si faccia chiarezza una volta per tutte, dicendo le cose come stanno. Il che vuol dire sciogliere dubbi e fugare equivoci rispondendo alla seguente domanda: la Chiesa ritiene tutt’ora validi, a prescindere dalle contingenze storiche e dalla (presunta) complessità del reale eccetera, gli insegnamenti sulle materie suddette cristallizzati nel Catechismo e in altri atti? Come si vede è una domanda semplice, alla quale basta rispondere semplicemente con un sì o con un no, non serve girarci intorno.
In oltre due millenni di storia i fedeli ne hanno viste di cotte e crude e va bene, sempre la fede cammina sulle gambe delle persone le quali sono notoriamente imperfette e bisognose di redenzione. Il punto qui non è certo la coerenza, quella la lasciamo volentieri ai duri e puri. Tutt’altra faccenda però è avere a che fare con una Chiesa che dà l’impressione di essere, se mi si passa il paragone, double-face, una Chiesa cioè che apparentemente e a parole tiene fermi i principi salvo poi contraddirsi all’atto pratico con un modo di fare gattopardesco ma alla rovescia, ossia non cambiando nulla per cambiare tutto.
Questo non va bene. Perché è un modo di fare che alimenta, o che rischia di alimentare confusione e basta. E la confusione, tanto più nelle cose di fede, non è mai una cosa buona. «Il vostro parlare sia “sì, sì; no, no” il di più viene dal maligno», ammoniva Gesù. È il caso che qualcuno se lo ricordi.
Luca Del Pozzo
Ho la stessa domanda espressa da Robert George, docente di Legge a Princeton, riportata in un articolo del Foglio: «Lo scopo principale dell’Accademia è quello di promuovere la vita. “O si crede in questa missione o non ci si crede. Se non ci si crede, allora perché la hanno inclusa?».
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Caro direttore, spero di essere smentito su tutta la linea ma ho l’impressione che gli attacchi ideologici ai presidenti di Senato e Camera possano essere solo il preludio ad una stagione di tensioni sociali e politiche che vivremo nei prossimi mesi, anche a causa della guerra e della crisi energetica.
Se oggi la sinistra denigra due esponenti delle istituzioni a causa della loro storia politica o perché cattolici pro life a favore della famiglia, cosa accadrà quando il futuro governo di centrodestra metterà mano al Reddito di cittadinanza o ad altre misure assistenzialistiche fini a se stesse (debito cattivo) messe in campo negli ultimi anni?
Ho la sensazione che questi irresponsabili attacchi politici servano solo ad accendere la miccia alla tempesta economica e sociale che ci aspetta nei prossimi mesi a causa della guerra e della crisi energetica. La sinistra, e in particolare il gruppo dirigente del Pd, incapace di accettare l’esito delle elezioni democratiche (ormai vincono solo nei centri delle grandi città come Milano), invece di analizzare le ragioni della loro sconfitta, preferisce gettare discredito sugli avversari politici. La conseguenza più drammatica di questo clima di attacco ideologico è che tanti giovani di sinistra, impegnati in buona fede, vengono spinti dai loro gruppi dirigenti verso l’odio nei confronti dell’avversario politico: cattivi maestri.
Al momento si registrano solo scritte sui muri, manifesti, occupazioni di scuole ma a chi, come me, ha vissuto da giovane lavoratore-studente gli anni Settanta, vengono in mente ricordi di una stagione terribile che dalla denigrazione passò rapidamente agli attentati e poi al terrorismo. In quegli anni lavoravo come operaio alla Sit Siemens di Via Monterosa a Milano, di giorno si lavorava e poi a scuola serale per diplomarsi. Mentre il Pci perseguiva il suo tentativo di arrivare al potere, nelle fabbriche i gruppi marxisti-leninisti predicavano la dittatura del proletariato. Gli imprenditori diventavano “padroni” e i capi ufficio “servi del potere” da abbattere perché non erano più considerati esseri umani ma solo ostacoli sulla strada della liberazione.
Nei primi anni Settanta fu proprio l’intellighenzia illuminata a firmare la lettera aperta contro il commissario Calabresi poi ucciso dai terroristi. Ho vissuto in fabbrica la stagione della Volante Rossa e delle prime gambizzazioni ai danni di dirigenti aziendali, poi alla nascita delle Brigate Rosse, storia culminata con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, che, paradossalmente, si era speso per legittimare l’avversario politico dei tempi: il Pci.
Accostamento esagerato? Sono il primo a sperarlo ma la storia ci insegna che quando l’uomo diventa l’unica misura di se stesso, dimenticando di essere creatura di un Altro, possono accadere le cose peggiori. Oggi non sappiamo più ascoltare a tutti i livelli della nostra vita sociale e anche in politica, invece servirebbero gesti di riconciliazione: guardo l’altro e capisco che in qualunque modo questo altro si manifesta, quello che ha nel cuore è la stessa cosa che ho nel cuore io, in termini di desiderio. Se fossimo capaci di guardarci così, qualcosa cambierebbe.
In ogni punto della società in cui qualcuno riesce a portare una testimonianza di questo tipo, può cominciare un nuovo mondo dentro questo mondo. La società ha bisogno di questo tipo di testimonianza che almeno tentativamente uno guardi all’altro sapendo che ha nel cuore lo stesso desiderio che ho io. Solo un uomo che è stato guardato in modo diverso da un Altro, che è stato perdonato sarà capace di perdonare e di avere uno sguardo misericordioso su di se e su tutte le persona che incontra. Noi da soli non ne saremmo capaci.
Felice Caccavale
Caro Felice, anche io spero che tu non abbia ragione e che il futuro che prefiguri non si avveri. Anche se i manichini appesi al ponte raffiguranti la Russa e Fontana fanno temere il peggio.
Concordo molto su una cosa che scrivi e cioè che in un Paese in cui si respira un certo clima avvelenato sia responsabilità personale di tutti, non solo dei politici, non farsi trascinare nella demonizzazione dell’altro e nell’individuazione del “nemico da abbattere”.
Sarebbe il caso di rileggere oggi un libro scritto tanti anni fa da un certo Luigi Amicone, Nel nome del niente.
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Buongiorno direttore, avete in programma un recensione della serie tv Netflix Tutto chiede salvezza tratta dal libro di Daniele Mencarelli?
Roberto Zandomeneghi
Abbiamo allertato il nostro Simone Fortunato.
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