A Hong Kong vige l’autocensura: cancellato il film su Winnie The Pooh
La versione horror di Winnie the Pooh non sarà distribuita nei cinema di Hong Kong e Macao. L’annuncio è stato fatto nella notte di martedì, alla vigilia della première nell’isola, dove il film doveva essere trasmesso in 32 sale. La ragione è arcinota: da quando gli utenti nel 2013 su internet hanno notato la somiglianza tra Xi Jinping e il tenero orsetto del Bosco Atro, utilizzando la sua immagine per deridere il dittatore comunista, ogni riferimento è bandito in Cina. Non stupisce dunque che il film sia stato bloccato. Ma nel caso di Hong Kong non può sfuggire un dettaglio tanto inquietante quanto il malvagio protagonista della pellicola.
Hong Kong approva il film su Winnie The Pooh
L’Ofnaa, l’organismo che a Hong Kong si occupa di supervisionare i film stabilendo l’età minima per poterli vedere al cinema, aveva approvato la pellicola inserendola nella categoria III, quella riservata ai maggiori di 18 anni. Dal punto di vista formale, dunque, nulla vietava la riproduzione del film.
Eppure il distributore VII Pillars Entertainment ha annunciato con un post sui social nella serata di martedì: «È con grande dispiacere che annunciamo che la distribuzione prevista per il 23 marzo di Winnie The Pooh: Blood and Honey a Hong Kong e Macao è stata cancellata. Siamo davvero spiacenti».
Dalla censura all’autocensura
Siamo davanti al più emblematico dei casi di autocensura da parte del distributore. Anche se il film è stato autorizzato, infatti, nessuno può essere certo che non sia illegale trasmettere in sala un film che ha come protagonista un personaggio utilizzato per deridere Xi Jinping.
Da quando la legge sulla sicurezza nazionale è stata promulgata a Hong Kong nel luglio 2020, infatti, ogni critica anche indiretta ai vertici del Partito comunista è diventata passibile di reato. È la legislazione è stata scritta in modo tale che chiunque, anche se non è cittadino di Hong Kong, in qualunque parte del mondo possa essere incriminato.
La cautela del distributore
È probabile che il distributore, VII Pillars Entertainment, abbia rinunciato a far arrivare la pellicola in sala per preservare gli affari a Hong Kong. Ma potrebbe anche aver fatto un ragionamento di marketing: gli spettatori avrebbero potuto infatti disertare le sale, ragionando sul fatto se valesse o meno la pena di rischiare di essere accusati di violazione della legge presentandosi al cinema a vedere il film.
Sembrano ragionamenti fantasiosi, ma non lo sono se si considera che due uomini sono stati arrestati settimana scorsa per il semplice possesso di un libro che i giudici di Hong Kong hanno definito dopo la pubblicazione e la vendita «sedizioso».
I due uomini non hanno fatto nulla ma, come dichiarato dal consigliere governativo Ronny Tong, «se tutti sanno che queste pubblicazioni sono sediziose, perché qualcuno dovrebbe possederle? Se hai dato modo di alimentare il sospetto di voler usare libri sediziosi per violare legge, è chiaro che qualcuno potrebbe trarre la conseguenza che hai intenti criminali».
Anche Winnie The Pooh può alimentare il «sospetto»
Lo stesso ragionamento vale per Winnie-The-Pooh: Blood and Honey: se tutti sanno che il film è potenzialmente sedizioso, dal momento che l’orsetto viene usato dai critici di Xi per attaccarlo, pagare un biglietto per vederlo al cinema potrebbe «alimentare il sospetto» che gli spettatori hanno «intenti criminali».
Il film su Winnie The Pooh non è stato censurato dalle autorità e dunque può essere trasmesso a Hong Kong. Ma nessuno lo farà: è troppo pericoloso. L’autocensura è l’arma più potente di cui dispone il regime comunista cinese.
Foto Ansa
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