Oggi sul Foglio compare una lettera del direttore di Tempi Luigi Amicone, in riferimento ad un articolo apparso ieri sul quotidiano. La riproponiamo di seguito con la risposta del direttore Giuliano Ferrara.
Sulla ricostruzione di come Formigoni è arrivato alla decisione di rimangiarsi la candidatura Albertini, da lui stesso fortemente e prepotentemente voluta, non ho nulla da obbiettare. È un’analisi legittima.
Per inciso: essendo stato io tra i promotori e sottoscrittori della lista Albertini (quando Monti non era ancora “in salita” e quando il quadro politico non era ancora in regime di elezioni politiche anticipate), avrei anche altre cose da dire per completare il quadro ricostruito da Roma dal per altro bravissimo Salvatore Merlo. Quello che non condivido e che mi sembra eccessivo è l’idea del “Disastro Celeste”, cioè la chiave di lettura di fondo. Che Formigoni non sia un Churchill o un De Gasperi (e nemmeno un Berlusconi) questo lo sa anche lui. Anche di Napoleone Bonaparte ce n’è stato uno solo. Però non puoi dire di Formigoni né disastro, né incompiuta.
Dimmi, mio direttore, chi, chi in questo Paese, avrà perso tutte le occasioni di fare politica nazionale, però ha fatto 18 anni di Lombardia che non stiamo qui a ripetere quel che è mentre a Roma, notizia di ieri, i pazienti sono posteggiati sulle autolettighe perché la sanità del Lazio è un disastro. Per non parlare del resto del sud. Sì in Emilia o in Toscana qualcosa di meglio si è fatto. Ma al prezzo della libertà di cura e comunque con risultati sul piano dell’eccellenza di sistema, obbiettivamente e certificatamente inferiori.
Ripeto, io sono un amico di Formigoni e lei lo sa, mio caro amico. E non sono niente rispetto a entrambi (niente nel senso che la mia opinione vale zero, è chiaro, benché la mia opinione sia che il limite di Formigoni e di Ferrara sia analogo seppur in ambiti e in arti diverse: il limite dei geni, l’uno amministrativo, l’altro del pensiero di realtà, di una certa, veemente, assolutamente comprensibile autosufficienza).
Però, mi corre l’obbligo di dirti che neppure Strauss, il gigante della Baviera, ebbe successo a livello nazionale. Eppure la Baviera è lì, come la Lombardia è qui. Né disastri, né incompiute. Solo giganti. Ben si intende, ognuno nel proprio ambito e in relazione al sistema-paese. Gigante Baviera rispetto al sistema (di radici prussiane) tedesco. E gigante Lombardia rispetto al sistema (di radici sabaude) italiano.
Luigi Amicone
Risposta di Ferrara: Grazie per il gigante e il paragone analogico. Facciamo analisi, non questioni personali. Sanità ok, pare. Il resto meno. Io comunque mi attendo al mio aforisma: le strutture d’eccellenza sono mediocri