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È durata un paio di giorni la fuga di Emanuele De Maria e si è conclusa con il suo suicidio dalle terrazze del Duomo di Milano. La sua storia sovrabbonda di materiale per i patiti di crime, ma può essere significativo anche solo limitarsi a tratteggiare i contorni, come si faceva da piccoli per ricalcare le figure.
De Maria aveva già tentato la fuga dopo l’omicidio del 2016 per cui, poi, era stato condannato e stava scontando la pena nel carcere di Bollate. Detenuto modello, aveva ottenuto un lavoro come receptionist in un hotel. Paradossalmente sensato mettere un carcerato a cimentarsi con l’accoglienza, gl’incontri, l’ospitalità. Ma è stata un’occasione che ha portato De Maria a un altro omicidio, quello di una collega dell’albergo, e all’accoltellamento di un uomo, fortunatamente scampato da morte. Di fronte alla ricaduta nella violenza, De Maria è fuggito, ha girato per Milano fino a salire sull’edificio che rappresenta una dimora aperta a tutti, costruito dalla carità del popolo. ...
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