Ci sono almeno due suggestioni che, comunque la si pensi, emergono da un fenomeno come quello messo in moto dal Meeting di Rimini.
La prima. In barba a tutte le statistiche sociologiche e a tutti i profeti di sventure post-G8, nella società italiana ci sono ancora in circolo straordinarie energie positive. Non lo diciamo solo noi che contiamo molti sodalizi in famiglia. Lo abbiamo visto riconosciuto a destra e a manca, su giornali e televisioni che vedono tutti gli italiani. Lo ha sottolineato in particolare Mauro Baudino sulla Stampa, ma lo hanno notato tutti, compreso gli ottimi corrispondenti “nemici” di Repubblica e dell’Espresso (con la significativa eccezione del callido Scalfari): non è vero che un’identità cristiana forte e radicata nella società produce irrazionalismi, divisioni, intolleranza. È vero casomai il contrario. Bisogna ricordarsi questo spettacolo di capacità di dialogo a 360° quando gli angeli del rancore e dell’ideologia iconoclasta, ci racconteranno di nuovo la panzana che chi ha un’appartenenza e crede ancora in qualcosa è un pericolo pubblico da esorcizzare.
Bisognerà ricordarsi di questa positività quando, invece di isolare la violenza, ci sarà chi, per modesti giochi di partito, inviterà a sollevare la piazza contro riforme come quelle della scuola, quella italiana, che è ai margini di ogni sistema educativo occidentale e che in Europa trova somiglianze soltanto nella Grecia.
Seconda osservazione. Non stanno tanto bene i giovani, non so se ve ne siete accorti. Ma non è vero che i giovani del Meeting sono degli animali strani. Sono come tutti gli altri, ma hanno davanti qualcuno. Qualcuno come Giancarlo Cesana, il cosiddetto leader di CL, che poi nient’altro è che un medico, un professionista, un professore universitario, che sta in mezzo a loro senza infingimenti e senza remore moralistiche. Qualcuno come il vecchio, giovanissimo don Giussani, che dà la vita – e sono ormai quasi ottant’anni – per testimoniare loro che si può e, anzi, si deve, per lealtà alla natura di cui siamo fatti, non passare come carriarmati sopra alle proprie domande e desideri che pure si sbriciolano in mille rivoli di fragilità e incoerenza. Insomma, qualcuno che non si fa connivente delle mode e ideologie imperanti perché ha il problema di farsi accettare dai giovani, ma che ha solo il problema di comunicare quello che ha incontrato di buono e di giusto per la propria vita. La bellezza del cristianesimo visto a Rimini è in questa immagine di tensione all’educazione reciproca, questo tirarsi e introdursi insieme di uomini, giovani e adulti, alla scoperta del mondo; questo lavoro per umanizzare la realtà e dunque la disponibilità, non ingenua, ma appunto “educata” secondo criteri di umana e quindi laica ragionevolezza, ad ascoltare chiunque, da qualunque politica o continente egli provenga. Tutta una cultura ha vissuto a lungo e, purtroppo, vive ancora nell’illusione dell’elevazione liberatoria del rito delle barricate. O nel culto dell’individualismo, dell’autonomia e dell’eresia fine a se stessi. E’ dalla falsa complicità di uno scetticismo e di un cinismo insegnati da adulti, da adulti propagandati, e che fa morire già a vent’anni, che abbiamo bisogno di essere liberati. Un popolo non rinasce così?
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi