Padre Adriano Oliva, classe 1964, non è un domenicano qualunque. Studioso attento di san Tommaso d’Aquino, presiede da molti anni la Commissione leonina, l’istituzione fondata nel lontano 1880 per pubblicare le edizioni critiche dei testi di san Tommaso. Papa Leone XIII raccomandava la recita del rosario e lo studio del pensiero di san Tommaso per fronteggiare le minacce a cui la dottrina cattolica era sottoposta. L’Aquinate è sempre stato il filosofo e il teologo semi-ufficiale della Chiesa cattolica per molti secoli. Il suo pensiero limpido e chiaro sembrava perfetto per difendere la dottrina cattolica dagli attacchi dei protestanti e, forse anche per questa ragione, il concilio di Trento canonizzò molte delle tesi tommasiane. Qualche anno dopo Trento, san Pio V, il papa domenicano di Lepanto, proclamò san Tommaso ‘’dottore della Chiesa’’. Prima di allora il titolo era prerogativa soltanto degli antichi padri della Chiesa. Papa Leone, a fine Ottocento, richiamò nuovamente i cattolici allo studio di Tommaso e ne fece l’autore di riferimento per la formazione dei seminaristi. Anche il Concilio Vaticano II raccomandò la lettura dell’Aquinate, ma l’immediato post-concilio vide presto il tramonto dell’egemonia tomista nelle aule cattoliche. San Tommaso divenne presto il simbolo della vecchia chiesa dei papi Pio X e Pio XII. La nuova chiesa conciliare doveva smettere il ferrovecchio della metafisica e aprirsi alle nuove filosofie e alle scienze della cultura che avrebbero reso nuovamente feconda l’opera dei teologi. Questa “narrazione”, che fa del tomismo un ferrovecchio, si ritrova in innumerevoli pubblicazioni post-conciliari e torna a tratti anche nel recente volume Thomas Aquinas’s Summa theologiae: A Biography di B. McGinnis (Princeton University Press, Princeton, 2014).
Papa Leone sapeva che i testi a stampa di san Tommaso non erano molto affidabili. Bisognava rileggere i manoscritti antichi e pubblicare nuove edizioni più autorevoli. Fu così che iniziò l’opera della Commissione leonina. Probabilmente papa Leone sperava che tutti i volumi potessero essere pubblicati durante il suo pontificato, ma san Tommaso aveva scritto molto e i filologi non sono molto rapidi nel fare uscire edizioni. Per questo, dopo quasi 140 anni, la Commissione leonina è ancora in attività.
Padre Oliva ne è da anni il presidente ed è molto noto agli studiosi del settore per il suo volume Les débuts de l’enseignement de Thomas d’Aquin (Vrin, 2006) che contiene una edizione del Prologo di san Tommaso alla sua prima opera monumentale: il commento alle Sentenze di Pietro Lombardo. Dal 2006 gli studiosi della Leonina lavorano all’edizione critica di quest’opera e ad altri progetti, ma poco è stato pubblicato. Nel 2014 sono usciti i Sermoni di san Tommaso, edizione curata dal leggendario padre L.-J. Bataillon, scomparso nel 2009. Per il resto, i cantieri sembrano fermi.
Ma se le edizioni sembrano rallentare, il prolifico padre Oliva si fa notare per un volumetto uscito in italiano con il titolo L’amicizia più grande. Un contributo teologico alle questioni sui divorziati risposati e sulle coppie omosessuali (Nerbini, Firenze, 2015) e in francese con il titolo Amours (Cerf, Parigi, 2015). La premessa all’edizione italiana, a firma di Alessandro Cortesi, chiarisce che l’intenzione del saggio è di orientare la discussione sinodale e post-sinodale. Ma orientare verso cosa?
Padre Oliva smette i panni del filologo e indossa quelli del teologo à la page, argomentando a favore della comunione per i divorziati risposati e sottolineando la bontà delle unioni omosessuali e del sesso omosessuale. E questo pamphlet forse non sarebbe degno di menzione, se non per il fatto che l’autore di tali dichiarazioni è un sacerdote molto stimato. Ma è senz’altro degno di nota che padre Oliva argomenta a favore di queste tesi sulla base dei testi di san Tommaso. Come è possibile? San Tommaso non era forse il ferrovecchio dei conservatori del pre-concilio? Kasper non ci ha forse insegnato che per fare teologia bisogna smettere le categorie “astratte e astoriche” della metafisica classica, per adottare quelle “concrete e storiche” del pensiero post-idealista?
Sì e no, sostiene il padre Oliva. Certo, san Tommaso era figlio del suo tempo e molte sue risposte a domande vere sono dettate da una mentalità formatasi nel medioevo. Ma “sotto il velame de li versi strani”, il pensiero di san Tommaso è concreto e attento alla storia. Ohibò. La lezione del padre Chenu è accolta in pieno, forse pure estremizzata. In fondo Chenu, pur mettendone in ombra l’ossatura aristotelica, notava ancora che il pensiero di san Tommaso si muoveva in un ambito metafisico. Chenu voleva in fondo distanziarsi dal sistema aristotelico-tomista del suo maestro, il padre R. Garrigou-Lagrange, bastione del tomismo pre-conciliare e, pare, ghost writer della Humani generis di Pio XII. Raccogliendo la lezione di Chenu, padre Oliva sottolinea che la metafisica tommasiana si sofferma la tensione intima dell’individuo e non si ferma a categorie generali e irrelate dal vissuto e dall’esperienza.
Il passo cruciale su cui si sofferma il padre Oliva è tratto dalla Somma di teologia, il capolavoro (incompleto) dell’Aquinate, che per secoli ha formato il clero e l’intellighenzia cattolica. Nella questione 31 della Prima Secundae, all’articolo 7, san Tommaso si chiede se ci siano piaceri innaturali. Secondo Tommaso, il piacere si accompagna all’ottenimento di un bene. Di conseguenza, tutti i piaceri dovrebbero in teoria essere buoni e, quindi, naturali, cioè dovrebbero rientrare in quell’ordine cosmico che Dio ha stabilito. Eppure, dice san Tommaso, proviamo piacere anche per le cose sbagliate. Ciò accade perché la natura si corrompe. Se si corrompe l’elemento materiale della nostra natura, ad esempio per una malattia, scambiamo i sapori e apprezziamo cibi che non apprezzeremmo da sani. Se si corrompe la natura spirituale, troviamo piacere in cose come il cannibalismo, la zoofilia o il coito omosessuale. Sin qui san Tommaso.
Commentando questo passo, padre Oliva nota che Tommaso, quando lascia l’ambito morale – in cui è figlio dei pregiudizi del suo tempo – per svolgere una analisi metafisica del piacere, «affronta anche la questione dell’inclinazione sessuale di una persona verso persone dello stesso sesso, e la considera connaturale alla persona presa nella sua individualità» (L’amicizia più grande, p. 95). A chi legga il brano autentico di Tommaso, non può non risultare evidente che padre Oliva, ne sia consapevole o meno, non sembra aver capito granché del pensiero del santo. Infatti per Tommaso questa natura individuale è «corrotta» e, accanto ai piaceri venerei dell’omosessualità, l’Aquinate menziona esplicitamente i piaceri del cannibalismo e della zoofilia, ponendoli sullo stesso piano. Nel suo libro, padre Oliva sviluppa il suo pensiero e sembra prevenire la facile obiezione che sto sollevando in questo momento. Tuttavia, la risposta all’obiezione pare assai insoddisfacente. Il sacerdote afferma che san Tommaso starebbe sostenendo che la «natura corrotta» dal punto di vista spirituale sarebbe tale per conseguenza dell’individuazione della essenza specifica nel concreto individuale, non per la ripetizione di un atto disordinato (cf. p. 102 del libro italiano). Tuttavia il testo non dice questo e sembra azzardato interpretarlo in questo modo. Se questa interpretazione fosse corretta, ne seguirebbe che il momento della concrezione della specie – ovvero il momento in cui una essenza specifica si congiunge con il quod est individuale – potrebbe dar luogo a corruzione della natura. Ma questo equivale a dire che Dio, creando, crea cose corrotte. Tommaso non solo gay-friendly, ma pure gnostico? Sembra effettivamente un po’ troppo.
Il secondo rilievo del padre Oliva consiste nel dire che i tre esempio fatti da san Tommaso – il cannibalismo, la zoofilia e il coito omosessuale – non sono sullo stesso piano dal punto di vista morale, ma sul piano metafisico. Secondo il sacerdote domenicano, mentre zoofilia e cannibalismo sono da condannare, il coito omosessuale sarebbe legittimo moralmente. Sfugge la logica di questo ragionamento. L’intero saggio di Oliva partiva dall’assunto che Tommaso condanna la sodomia in sede morale, ma la ritiene lecita in sede metafisica. Supponendo che questa tesi sia corretta (e non credo lo sia), segue che, come la sodomia, anche la zoofilia e il cannibalismo corrispondono alla “natura individuale” di certi individui. Di conseguenza, la loro pratica provoca un piacere che possiamo considerare “naturale”, poiché esso corrisponde alla “natura” di alcuni individui.
Dobbiamo forse attenderci un nuovo libro di padre Oliva in cui pure il cannibalismo è giustificato, perché, sebbene non corrisponda all’ordine naturale generale, corrisponde tuttavia alla “natura” di questo particolare individuo? Se padre Oliva vuole scrivere questo libro, io avrei già un titolo per l’edizione francese. Dopo Amours (‘Amori’), perché non Nourritures (‘Cibi’)?