La Corte d’Appello di Torino ha riconosciuto, ribaltando il verdetto di primo grado che lo aveva negato, a due donne eguali diritti come mamme di un bambino nato in Spagna da inseminazione eterologa. La corte ha ritenuto che fosse questo il modo di affermare «l’interesse del bambino» e per «garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni, nell’esclusivo interesse del bambino cresciuto da due donne che la legge spagnola riconosce entrambe come madri».
A Barcellona, dove le due si erano “sposate”, il Comune spagnolo ha indicato le due donne (che tra l’altro, nel 2014, hanno divorziato) nello stato civile come «madre A» e «madre B», mentre loro hanno scelto nel 2013 la condivisione della responsabilità genitoriale. Si tratta, quindi, anche se l’utilizzo mediatico della sentenza non è minore, di una situazione molto diversa dal riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso contratte all’estero e registrate in alcuni Comuni italiani (Roma su tutti).
Con la trascrizione dell’atto di nascita del bimbo in Italia, autorizzato dalla Corte d’appello torinese (la presidente Silvia Daniela, la relatrice Daniela Giannone e la giudice Federica Lanza), sarà permessa anche la libera circolazione del minore anche con l’ex-compagna non partoriente.
Il Comune di Torino ha inviato alla Prefettura gli atti con cui la Corte d’appello ha disposto di trascrivere l’atto di nascita del bambino. L’Anagrafe si è pone in attesa e chiesto delucidazioni alla Prefetto trattandosi di un caso mai verificatesi.
LE REAZIONI. L’assessore alle Pari Opportunità della Città, Ilda Curti non perde l’occasione di “buttarla in politica”. Commentando la sentenza sostiene che «conferma come sia urgente un intervento legislativo che consenta a tutti i cittadini – qualsiasi sia il loro orientamento sessuale, la loro razza, la loro religione, la loro identità di genere – di godere degli stessi diritti e adempiere agli stessi doveri. Questo bambino ha diritto di avere riconosciute le due figure genitoriali di riferimento, in questo caso due madri, che lo tutelino e abbiano nei suoi confronti gli stessi diritti e gli stessi doveri di un qualsiasi altro genitore. È evidente che urge un impianto legislativo che prenda atto dei cambiamenti sociali e civili e riconosca finalmente pari opportunità e medesimi diritti/doveri a tutti i cittadini, senza discriminazione alcuna». Sulla stessa linea il Comitato Torino Pride: «La notizia è di quelle che fanno la storia. Torino e la sua Corte d’Appello si pongono nuovamente all’avanguardia su una questione di eccezionale importanza».
La pensa (per fortuna!) diversamente monsignor Bruno Forte, vescovo di Chieti, teologo e segretario speciale del Sinodo sulla famiglia: «Un bambino ha il diritto di crescere con un padre ed una madre e la decisione della Corte d’appello di Torino non tutela questo diritto. Mi auguro che non ci sia emulazione ma riflessione».