L’accordo sul nucleare con l’Iran potrebbe essere una manna dal cielo per l’Italia in questo momento di crisi economica e valere tre miliardi di export in più nei prossimi quattro anni. Secondo i ricercatori dell’Ufficio studi della Sace, «se l’export italiano riuscisse a riproporre una crescita simile a quella osservata nel periodo pre sanzioni, si raggiungerebbe un livello di esportazioni superiore a 2,5 miliardi di euro nel 2018».
TRE MILIARDI DI EURO. Prima del 2006, quando anche l’Italia ha imposto sanzioni economiche all’Iran nel tentativo di frenare il suo programma nucleare, l’export verso Teheran valeva circa tre miliardi di euro all’anno. Dal 2006 a oggi, abbiamo perso 15 miliardi in mancati introiti. Nel 2014, infatti, l’export verso il regime islamico ha fruttato solo 1,15 miliardi. Con il nuovo accordo, la speranza è che l’Italia possa tornare a conquistare un potenziale mercato di 80 milioni di persone.
CONCORRENZA DELLA CINA. Se gli ayatollah riaprissero il mercato persiano, l’Italia potrebbe dire la sua in molti settori: meccanica strumentale, impianti, macchinari, tecnologia, industria chimica, farmaceutica e anche arredamento. Partecipare a questo giro di affari, che vale complessivamente 800 miliardi di dollari, però, potrebbe non essere più facile come un tempo. L’euro più debole del dollaro, scrive la Stampa, rende l’Italia competitiva; ma in tempo di sanzioni, paesi meno ligi ai doveri internazionali, come Cina e India, hanno approfittato per occupare ampie fette di mercato. Battere la loro concorrenza non sarà facile, ma Eni e soci sono pronti.
Foto Ansa