Zapatero il terribile

Di Lartaun de Azumendi
10 Maggio 2007
Hermann Tertsch, epurato dal País perché troppo bipartisan, svela da sinistra il sistema di potere del premier spagnolo, «un uomo che ha diviso il paese in buoni e cattivi. Un pericolo»

Madrid
Hermann Tertsch è un giornalista di razza. È stato testimone privilegiato della caduta del comunismo in Europa centrale e orientale, prima come inviato e poi come corrispondente di guerra nei conflitti successivi al crollo di quei regimi. Sulle pagine del quotidiano El País (punto di riferimento della sinistra spagnola) in qualità di vicedirettore e di editorialista ha alternato reportage e commenti. Con essi ha guadagnato il rispetto di tutti per la sua capacità di analisi e per la sua ricerca incessante della verità al di là di ogni ideologia. Tertsch, un uomo che normalmente si definirebbe di sinistra, è uno dei pochi ad aver difeso, sul País, Giovanni Paolo II, Bush o Aznar, quando gli è sembrato giusto.
Tuttavia da un mese e mezzo non si possono più leggere i suoi apprezzati commenti: il gruppo Prisa (editore, fra l’altro, del País) lo ha costretto a scegliere fra il posto al quotidiano e la collaborazione con Telemadrid, rete pubblica della capitale. Una dimissione obbligata, quella di Tertsch, che per molti suoi estimatori sa di epurazione, anche perché coincide in maniera a dir poco sospetta con il boicottaggio organizzato dal Partito Socialista proprio nei confronti di Telemadrid, accusata di essere sbilanciata verso il Partito Popolare (che del resto a Madrid governa Comune e Regione). Questa guerra contro di lui non è che l’ultimo dei motivi per cui Tertsch ha accettato di spiegare a Tempi le ragioni del suo “dissenso da sinistra” nei confronti del sistema di potere politico-culturale di Zapatero. Un sistema che mette a rischio il futuro della Spagna giocando con i suoi problemi. A partire dall’Eta.
Hermann Tertsch, è rimasto sorpreso dell’operato di Zapatero dopo la sua vittoria elettorale del marzo 2004?
Già al momento della sua vittoria elettorale consideravo José Luis Rodríguez Zapatero una persona profondamente settaria, ignorante, avventurista e ideologizzata. Lo ritenevo un pericolo per il paese. Ma quello che è successo in questi tre anni supera abbondantemente tutte le mie previsioni.
Quali caratteristiche del capo del governo spagnolo la colpiscono?
Zapatero ha un pensiero che potremmo definire “magico”, che è molto pericoloso nel mondo politico. Di pensiero “magico” e sperimentazione sociale è stato pieno il XX secolo, e sappiamo qual è stato il risultato. Inoltre è una persona piena di risentimento, con una psicologia complessa, instabile e immatura che ha bisogno di vedere continuamente soddisfatti i suoi desideri.
Da uomo di sinistra, cosa la spaventa del governo guidato dal socialista Zapatero?
Zapatero rappresenta una corrente del Partito Socialista (Psoe) che comprende politici molto poco preparati, che sono cresciuti all’ombra del partito sin dalla gioventù e quindi non hanno creato relazioni normali dentro la società, né come imprenditori né come lavoratori dipendenti. Sono persone più vicine a figure come gli “aparatchik” dei regimi autoritari, i quali non facevano carriera per meriti propri, ma perché scalavano posizioni grazie a intrighi e favori. Buona parte dei leader del Psoe risponde a questo profilo, che sta istituendo strutture di potere molto negative nella società spagnola.
La politica di rottura di Zapatero (tanto riguardo al modello dello Stato, col decentramento, quanto sul piano sociale, con l’introduzione del matrimonio gay e del diritto all’adozione per gli omosessuali, per fare due esempi) risponde a un programma o è stata sviluppata in virtù delle contingenze?
Una combinazione delle due cose. La personalità del presidente è quella di un narcisista avventurista che si crede capace di cambiare la società. Però, essendo un politico volubile, buona parte delle sue azioni dipendono dalle circostanze in cui si trova il paese. È molto settario, come i politici spagnoli provinciali del primo terzo del XX secolo, caratterizzati da una mescolanza di temerarietà e ignoranza che li rendeva molto pericolosi. Zapatero ha molto chiaro in testa che in questa società ci sono buoni e cattivi: lui appartiene ai primi, che coincidono con la sinistra, e che devono fronteggiare la destra. Su questa base ha costruito la sua politica.
All’estero, soprattutto in Italia, Zapatero è considerato un modello, un pionere di una nuova sinistra che si assume compito di cambiare in profondità la società.
Lui è convinto che può e deve castigare i cattivi, l'”estrema destra”, che identifica col Partito Popolare (Pp), perciò si dedica a governare soltanto per la metà degli spagnoli. Ha un’immagine del tutto idealizzata della Spagna repubblicana, dove pensa che tutto fosse stupendo e la gente viveva felice. Ma visto che questa mitologia non corrisponde alla realtà deve inventare bugie su quel regime e tutto ciò che venne dopo. La sua politica si basa su un negazionismo molto rozzo e in malafede, come quello di un David Irving o di un qualsiasi negazionista dell’Olocausto. Su queste premesse ha promosso la “legge per la memoria storica”, che secondo lui pretende di recuperare la memoria dei vinti nella Guerra civile.
Forti critiche sono state mosse al governo spagnolo per i nuovi statuti delle Comunità autonome. Perché Zapatero ha concesso loro poteri così ampi? Vuole promuovere la federalizzazione della Spagna?
Sinceramente non credo che pensi a realizzare un cambiamento profondo della forma dello Stato. È qualcosa di più superficiale, ma più nefasto: sta sentimentalizzando terribilmente la politica, con conseguenze molto negative, perché promuove una cultura nella quale la ragione è meno importante dei sentimenti e dei miti. Quando la realtà non risponde ai suoi desideri, Zapatero mette il broncio e decide di dimenticarla, come ha fatto con le vittime dell’Eta. Le ha ignorate perché si opponevano alla sua politica antiterrorista basata su valori in realtà privi di contenuto: pace e dialogo.
Della politica “sentimentalizzante” fa parte anche la tendenza a delegittimare il Pp?
Certo. Zapatero vuole resuscitare un fronte popolare in Spagna che riunisca sinistra e nazionalismi regionali, cioè “i buoni”, come avvenne nel 1936 quando il Fronte Popolare vinse le ultime elezioni prima della Guerra civile. Il suo obiettivo è di emarginare e ridurre a minoranza la destra per annientarla ed espellerla dal sistema politico, e questo rappresenta un pericolo di involuzione democratica molto grave. Lo stiamo vedendo nelle varie comunità autonome, dove il Psoe cerca di creare maggioranze politiche con partiti che attuano politiche antidemocratiche e negano la vera storia del paese. Lo stiamo vedendo nei Paesi Baschi. Per quanto appaia incredibile, per Zapatero il nemico non è l’Eta, ma il Pp: da qui i continui attacchi al partito di opposizione. L’Eta è un alleato potenziale, perché si tratta di una forza di sinistra con cui si possono cercare forme di avvicinamento in futuro o anche nel presente. Il capo del governo ha trasferito l’epoca franchista nel presente, e identifica il Pp col dittatore e con quello che rappresentava nella società. Per questo è convinto che sia meglio patteggiare con l’Eta che con il Pp.
Fino a che punto i nazionalismi regionali condizionano la sua politica?
Non è che condizionano la sua politica, è che senza i nazionalismi che esistono oggi in Spagna un personaggio grottesco come Zapatero non starebbe governando il paese. Il presidente rappresenta il grande fallimento culturale della sinistra spagnola, che identifica lo Stato, il suo inno, la sua storia e le sue tradizioni con Francisco Franco. Perciò ha scelto di condividere coi nazionalisti la negazione della nazione spagnola.
Pensa che dopo l’attentato all’aeroporto di Madrid il governo stia continuando il suo negoziato con l’Eta?
Certo. La cosa peggiore è che Zapatero sa che la sua sopravvivenza politica dipende dall’Eta, e l’Eta sa di avere in mano Zapatero. Per questo il governo si piega continuamente ai ricatti dei terroristi. Zapatero non vuole smettere di negoziare, ma anche se lo volesse ormai non è più in condizione di difendere lo Stato di diritto di fronte all’Eta.
L’Eta tornerà presto a uccidere?
L’Eta tornerà sicuramente a uccidere, di questo nessuno deve dubitare. Non sappiamo se sarà prima o dopo le elezioni amministrative del 27 maggio o quelle generali dell’anno prossimo, però lo farà. Il problema è che, poiché il governo non vuole che questo accada, dal momento che segnerebbe il fallimento della sua politica antiterrorista, è disposto a qualunque cedimento.
Pensa che Batasuna, il braccio politico dell’Eta messo al bando dal governo Aznar, potrà presentarsi alle elezioni sotto le vesti di un altro partito, come Acción Nacionalista Vasca?
Sono certo che si presenteranno. Ciò che stiamo vivendo in Spagna in questi giorni, con l’avvocatura dello Stato e la procura che impugnano liste di partiti nel Paese Basco, sia in realtà un teatrino. Il Psoe negozia già da tempo con Batasuna la sua presenza nei municipi, e si sa già quali liste saranno ammesse e quali no. Presto, grazie al governo socialista, gli spagnoli finanzieranno con denaro pubblico Eta-Batasuna, i suoi giornali e i suoi militanti pronti a uccidere chi non la pensa come loro. È una situazione scandalosa.
Sul quotidiano ABC il giornalista César Alonso de los Ríos ha auspicato la creazione di un partito cerniera che metta insieme gli elementi critici del Psoe e gli scontenti della destra per far fronte all’avanzata del nazionalismo e raggiungere l’unanimità sulle principali urgenze del paese. Che ne pensa?
Mi pare una buona idea. L’odio che la sinistra ha alimentato nei confronti del Pp è molto forte, perciò è difficile che la principale compagine dell’opposizione possa ottenere buoni risultati in posti come la Catalogna e i Paesi Baschi. Per questo la soluzione ideale è la nascita di un nuovo partito che lotti per la libertà, contro il settarismo ideologico e l’involuzione democratica, insieme ai nazionalisti moderati. Questo partito potrebbe avvicinarsi al Pp e favorire l’avvento di una nuova maggioranza che arresti la deriva del governo Zapatero.

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