Voci armene

Due milioni sono stati gli armeni uccisi dal regime turco, tra 1915 e il 1920.
Erano cristiani, erano diversi dalla razza che, preso il potere nell’impero ottomano (i giovani turchi) ingannò tutti e fece piazza pulita. Gli uomini furono portati in zone di guerra, e affogati. Le donne portate nel deserto, e li’ alcune dovettero abbandonare un figlio su tre per cercare di salvare se stesse per i propri altri due figli. E per il resto della vita ne impazzirono. A quelle donne, a quegli uomini sono dedicate di fatto due opere di letteratura straordinarie. Dedicate come si dedica l’arte: non come un lamento, non come un discorso. Antonia Arslan, ottima professoressa di letteratura a Padova, ha scritto La masseria delle allodole, stupendo romanzo Rizzoli (che verrà presto trasformato in film dai fratelli Taviani). E Les Murray, straordinario poeta australiano, fa muovere la storia del suo poema Freddy Nettuno, dalla visione del rogo di alcune donne armene. Non una dedica di lamento o rivendicazione. Ma un gesto, come una giustizia della vita di coloro che in quel gorgo si persero e alle vite che ne furono segnate. Hitler a chi gli consigliava di non sterminare gli ebrei perchè ne avrebbe avuta cattiva stampa, rispondeva: «Forse qualcuno ha fatto storie quando i turchi hanno sterminato due milioni di armeni?» La storia ha coniato la parola genocidio per la prima volta in riferimento alla strage armena. Ancora oggi la Turchia, candidata all’ingresso in Europa, non vuole riconoscere quella strage. Ma le parole dei poeti non dimenticano, e dalla vita persa fanno nascere vita nuova e commossa.
E le voci dell’Armenia perduta verranno di nuovo a parlarci della vita di oggi. Del suo desiderio e della sua prova.

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