Lettere dalla fine del mondo
Vivere la fede a Milano come in Paraguay
[cham_inread]
Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Grazie padre per testimoniarci costantemente i frutti della fede in Cristo. Spesso qui a Milano nei volti della gente c’è un grande sconforto e una domanda: «Dio agisce, sta agendo? Io ho abbastanza fede?». Ci aggiunga la gran confusione dottrinale… in molti stiamo facendo fatica anche a capire se ci sono o meno interventi del Papa che ci confermino nella fede. Da parte mia, vivo un forte disorientamento vocazionale.
Mario
Caro amico, primo: se è vero che a Milano c’è una delusione visibile nei volti delle persone la questione è personale e solo personale, perché la fede è un rapporto personale tra “l’io” e Gesù. In un mondo decristianizzato, don Luigi Giussani ci provocava invitandoci a domandarci: “Chi è Gesù per me?”.
Il problema non è Milano e i suoi abitanti, ma personale: “Chi è Gesù per te, padre Aldo, e chi è in questo momento in cui la croce che porti è troppo pesante per non sentire la voglia di lasciarla?”. Anche Gesù in un momento di “sconforto” nel Getsemani, gridò: «Padre, se è possibile, allontana da me questo calice», e sulla croce: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Tuttavia, in questa disperazione che lo ha portato a sudare sangue nel Getsemani, ha detto: «Sia fatta la Tua volontà, non la mia». Permettimi di dirti che il Padre agisce in ogni momento della tua vita e quella di tutti, ma è la tua mancanza di fede che ti spinge a dubitare. Il volto triste, deluso dei cristiani era già denunciato nel XIX secolo da Nietzsche, che non era milanese.
«Signore, aumenta la mia fede» e il Signore ti ascolterà. Il problema non è Milano, siete voi, come per me non è il Paraguay o il volto dei cattolici paraguaiani, ma la mia intimità con Gesù. Quanto più questa intimità è profonda, tanto più Dio agisce intorno a me. Più intenso è il mio rapporto con Gesù, più divento un dono per tutti. Mi accorsi di questa verità quando, in occasione dei miei 46 anni di sacerdozio, il presidente della Repubblica del Paraguay mi mandò un sms: «Padre, lei è un dono per il Paraguay». Chi sono io? Nessuno! Chi sei Tu, o Cristo mio? Tutto! Da questa coscienza di sé nasce un impeto missionario che contagia quanti incontro sul mio cammino. Come vorrei che la gente vedesse il volto dei miei malati terminali, per vedere come Dio agisce e come la Divina Provvidenza porta avanti questa opera di amore verso i poveri!
Secondo: tu affermi «ci aggiunga la grande confusione dottrinale». È la conseguenza di quanto indicato prima. Se il rapporto personale con Gesù si oscura è inevitabile ritrovarsi, come direbbe Dante, in una «selva oscura». Il depositum fidei che la Chiesa custodisce gelosamente e dal quale essa stessa apprende è una fonte inesauribile di grazia. La confusione dottrinale c’è soltanto in chi non riconosce nella Chiesa il prolungamento nell’oggi di Cristo Risorto. In aggiunta, come si può parlare di confusione dottrinale quando ogni domenica recitiamo il Credo, sintesi meravigliosa della dottrina cattolica?
Ma nella tua mail v’è una questione che indica la ragione dei tuoi dubbi: la difficoltà a comprendere il compito di papa Francesco e il modo in cui esercita il mandato che Cristo gli ha dato come successore di Pietro. Ma deve essere chiaro che «ubi Petrus ibi Ecclesia», vale a dire, la presenza di Gesù. Papa Francesco, in continuità con i suoi predecessori, ci educa a vivere le verità della fede e lo fa in un modo tanto semplice che anche io e i miei poveri lo comprendiamo. Per noi che viviamo nelle periferie delle città, condividendo la povertà e la malattia delle persone, la presenza e l’insegnamento del Papa sono l’unica consolazione che abbiamo, perché è la voce di quelli che non hanno voce. Con Francesco e il suo insegnamento, noi poveri, la maggioranza assoluta nel mondo, stiamo recuperando la speranza e la voglia di vivere. Che differenza! A Milano i volti sono tristi e qui, dove mi feci povero con i poveri, vedo sui volti della gente un sorriso.
Quando due anni fa il Papa ci ha visitato in modo inatteso e sorprendente, abbracciando con le sue braccia aperte i malati e gli anziani abbandonati, abbiamo capito che aveva fatto del suo pontificato un camminare con Gesù. Non dimentichiamo che papa Francesco un tempo amava incontrare, come Gesù, i poveri nei bassifondi di Buenos Aires. Fu lì che camminò con i poveri, predicando la Buona Novella come Gesù. Posso sbagliarmi, ma Francesco non è stato scelto dallo Spirito Santo per annunciare nuovi dogmi, ma per insegnarci a camminare come Gesù. E in questo cammino, come Gesù, incontra tutti: gli zeloti, gli scribi, i farisei, i pubblicani, i peccatori e la massa dei poveri.
Pertanto, caro amico, ti invito a continuare a immergerti nell’insegnamento quotidiano del Papa, seguendo le sue orme, perché dove è Pietro, là c’è Cristo… e così nella fedeltà e nella pazienza anche il tuo disorientamento vocazionale si illuminerà di chiarezza.
[cham_piede]
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!