Verdi e Pcus. Parla un leader di Greenpeace

Di Tempi
19 Aprile 2001
Il variegato “popolo di sinistra” ha celebrato a Roma nei giorni di Pasqua e pasquetta, (14-15-16 aprile 2001) il “THC Pride”, la festa cioè dei consumatori di marijuana e hashish

Il variegato “popolo di sinistra” ha celebrato a Roma nei giorni di Pasqua e pasquetta, (14-15-16 aprile 2001) il “THC Pride”, la festa cioè dei consumatori di marijuana e hashish. Una mostra mercato con i prodotti e gli accessori per l’utilizzo e la coltivazione della cannabis. THC sta infatti per Tetraidrocannabinolo, la sostanza tossica presente nella canapa indiana. La “festa” si è svolta al culmine di un mese di manifestazioni come il “Cannabis Pride”, la Giornata Nazionale della Semina, la Street Parade Antiproibizionista, la III Festa della semina 2001, l’erba voglio, l’info-canapa, il Ganjafarm. Alla campagna per “Tanto fumo e poco arresto” hanno aderito comunisti, radicali, deputati Verdi, centri sociali e gruppi antiglobalizzazione. Che la sinistra sia un po’ alle canne? Una risposta, almeno per quanto riguarda quella parte di sinistra legata all’ambientalismo che va dai vari Willer Bordon e Pecoraro Scanio ai gruppi radicali di Seattle, viene da Patrick Moore, membro fondatore e direttore per 15 anni di Greenpeace. Sul suo sito internet (http://www.greenspirit.com/index.html vedi anche www.greenwatch.it) Moore ha scritto: «Oggi gran parte dei leader Verdi sono in realtà attivisti politici che si servono della retorica ambientalista per promuovere iniziative che hanno molto più a che fare con la lotta di classe e con l’anti-globalizzazione che con l’ecologia e la scienza». Patrick Moore, attualmente molto impegnato in campagne per la riforestazione di zone ecologicamente devastate, con particolare impegno nei confronti dell’Africa, sostiene che: «Dopo la caduta del muro di Berlino i gruppi filosovietici presenti in Occidente erano totalmente screditati. Così moltissimi membri di questi gruppi sono entrati nel movimento ecologista portando con loro la filosofia eco-marxista». Le motivazioni che hanno spinto Moore a lasciare Greenpeace non sono di natura politica, egli sostiene che l’attuale movimento ecologista è indirizzato su posizioni anti-umane, antidemocratiche e contrarie al progresso scientifico e tecnologico. «Nonostante il colossale fallimento dei sistemi comunisti gli attuali movimenti ecologisti si oppongono all’industria, al commercio e a tutto quello che implica profitto. Non propongono un sistema alternativo di organizzazione, si accontentano di muovere le accuse più incredibili al commercio internazionale prospettando in cambio un miscuglio confuso di utopie».

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