Val la pena di pagare il canone per una Rai che perde diritti e pezzi di anno in anno?
“Pagare il canone Rai non è solo un gesto di civiltà, è un obbligo”, spiega la voce narrante del nuovo spot tv del canone televisivo di quest’anno, con un sottofondo di musichetta al pianoforte conciliante, che fa ulteriormente aumentare il fastidio nel cuore del telespettatore verso quest’obbligo. Stando a un sondaggio effettuato qualche mese fa dall’Ifef, il Centro studi dei comuni italiani, il canone è il dazio da pagare più odiato di tutti. Il 45 per cento degli intervistati non ha dubbi e lo incorona come il più fastidioso, molto più del bollo auto, delle multe, dell’Ici e di tante altre cose. E invece, anno dopo anno, puntuale come l’influenza invernale, il canone Rai si ripresenta, con la sua scadenza fissa del 31 gennaio, oggi. Dopo di che, chi non l’ha ancora pagato, incorre in sanzioni.
Centododici euro per poter usufruire della televisione, sostanzialmente. Perché ormai quei soldi da versare non sono per il tanto conclamato servizio pubblico, bensì per il possesso dello strumento tv. “Il presupposto per il pagamento del canone Rai si basa sul possesso di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione dei programmi televisivi. Trattandosi di un’imposta sulla detenzione dell’apparecchio, il canone deve essere pagato indipendentemente dall’uso del televisore o dalla scelta delle emittenti televisive”. Ma se ho una connessione internet attraverso la quale posso vedere le tre reti generaliste dovrei pagare il canone? Domandare è lecito, rispondere è cortesia, ma in questo caso nessuno ha una risposta chiara. C’è chi sostiene di sì, chi neppure si pone la domanda. All’Aduc, l’Associazione per la tutela dei diritti degli utenti e dei consumatori, sono parecchio inviperiti con Mamma Rai per una serie di motivi. Sostengono che l’azienda non permetta di disdire il canone qualora non si possegga più un apparecchio. Che ci siano metodi non del tutto consoni di investigazione delle proprietà dell’utente che non versa il contributo. Che inviino nelle case degli italiani tante, troppe richieste di pagamento.
“Ma tu lo paghi il canone?” ci si chiede spesso tra amici, colleghi, parenti. Chi risponde di sì, viene immediatamente guardato storto. Come se dire sì significasse anche dire, “sì e mi piace anche tanto la televisione che la Rai mi propone”. E invece la televisione che la Rai propone perde pezzi e diritti tv di anno in anno. Il caso del 2011 è stato X-Factor, acquistato con successo da Sky Uno. Si pensava che avrebbe perso ascolti e seguito e invece non è accaduto. Se la Rai riesce a tenere i diritti per gli Europei 2012, perde invece altri sport “minori”, come il torneo australiano di tennis di questi giorni o la Coppa del mondo di pallavolo. E se pensate che i soldi del vostro canone andranno poi a rimpolpare il compenso di Adriano Celentano a Sanremo, sappiate che è anche peggio. Fa notare infatti il Fatto quotidiano, che lo spot tv di quest’anno è stato appaltato a un’agenzia esterna, la McCann Erickson, per un costo di 300 mila euro, mentre solitamente il progetto veniva affidato a un’agenzia interna, chiamata Diretta comunicazione, Dicom. Che per ogni spot prendeva circa 20 mila euro. Fate voi i conti dello spreco mentre fissate il bollettino del canone ancora da pagare.
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