Vade retro Grillo

Di Redazione
22 Maggio 2017
Un articolo dell'Osservatore romano prende le distanze dal leader M5s che, partecipando alla marcia di Assisi, aveva detto: «Siamo noi i veri francescani di oggi»
Italian Five Stars Movement's leader, Beppe Grillo, reacts during the second march for the citizenship income organized by the party from Perugia to Assisi, central Italy, 20 May 2017. ANSA/TOMMASO CROCCHIONI
Italian Five Stars Movement's leader Beppe Grillo holding a torch in his hands during the second march for the citizenship income organized on Saturday by the party from Perugia to Assisi, central Italy, 20 May 2017. ANSA/ TOMMASO CROCCHIONI

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È da qualche tempo che sui giornali si chiacchiera di un avvicinamento della Chiesa al Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo. La chiacchiera è stata alimentata anche da un’intervista rilasciata da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, in cui il giornalista, pur ammettendo grandi distanze tra la Chiesa e il M5S sui temi eticamente sensibili, rimarcava anche che «se guardiamo ai grandi temi (dal lavoro alla lotta alle povertà), nei tre quarti dei casi abbiamo la stessa sensibilità». Come altra tappa di avvicinamento tra i due mondi è stata letta la partecipazione del leader del Movimento alla marcia per la pace di Assisi. Grillo, infatti, non si è fatto scappare l’occasione per proclamare la sua adesione ai valori francescani, spingendosi fino a dire che i grillini sono i «veri francescani di oggi». L’espressione non dev’essere piaciuta molto nelle stanze vaticane, almeno a giudicare da alcune interviste apparse sui quotidiani in questi giorni, a partire da quella del cardinale, segretario di Stato, Pietro Parolin. Un altro segnale è dato dall’articolo apparso oggi sulle pagine dell’Osservatore romano (che qui sotto riproduciamo). L’articolo – pur nello stile misurato ed elegante del quotidiano e pur limitandosi a riprendere quanto scritto da altri – manda un messaggio ben preciso a chi, avendo orecchie, sa intendere.

Chi sono i veri francescani
di GIANLUCA BICCINI
È stata tutta incentrata sulla figura di san Francesco, che «ha aperto il cuore a Cristo e si è spogliato di ogni mondanità e illusione umana», la riflessione del cardinale Pietro Parolin durante la messa inaugurale del santuario della Spogliazione celebrata ad Assisi domenica 21 maggio. A margine del rito il segretario di Stato ha anche commentato l’affermazione del leader dei Cinque Stelle, Beppe Grillo, che aveva definito gli aderenti al movimento «veri francescani di oggi».

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]«Qualcuno che si possa identificare con il messaggio di san Francesco?», si è chiesto il porporato. E la risposta è stata: «San Francesco si identificava con Cristo, lui sì che è stato la vera immagine di Cristo, tanto che ha meritato di ricevere nelle sue membra le stigmate e le piaghe». Di conseguenza «nessuno può pretendere di avere l’esclusiva del messaggio francescano».

«Sono contento che i politici si richiamino a san Francesco» ha puntualizzato il cardinale; ma «che ci si autodefinisca veri francescani non si può dire». E ancora: «Se esiste un partito che oggi può identificarsi con san Francesco? Direi di no. Io non vedo nessun partito — questa è la mia umile considerazione — che possa identificarsi con il messaggio di san Francesco. Forse mai nessuno potrà dire “mi identifico con san Francesco”», ha concluso il cardinale Parolin.

Sulla stessa lunghezza d’onda l’arcivescovo Angelo Becciu. Interpellato dall’Ansa, il sostituto della Segreteria di Stato ha tagliato corto: «Sono battute. L’uomo è così. I francescani prima di tutto vivono con umiltà, rispettano gli altri, vivono una vita da francescani». E ha aggiunto: Grillo «parla solo di cittadinanza: che c’entrano i francescani? Sono aspetti che la politica deve risolvere da sé», ha detto riferendosi alle dichiarazioni di Grillo alla marcia Perugia-Assisi per il reddito di cittadinanza. «La Chiesa è ben accorta, ha la sapienza dei secoli e non entra nelle querelle politiche. Spiace che una marcia nata per proclamare la pace e per diffondere un messaggio di concordia venga poi strumentalizzata per motivi politici interni» ha concluso.

Anche  per  l’arcivescovo  di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, Domenico Sorrentino, «la ricerca del consenso appartiene da sempre alla logica delle forze politiche». Al «Corriere della Sera» il presule ha detto esplicitamente che «la Chiesa deve stare bene attenta a non farsi strumentalizzare da nessuno. Non sarei felice se un discorso evangelico venisse stravolto in un discorso di bassa politica. Semmai riguarda la politica nel senso più alto».

Del resto, parlando proprio nel luogo che rievoca l’avvenimento «fondamentale nella vocazione-conversione del poverello di Assisi», il cardinale Parolin aveva ricordato come questi «accolse la povertà per rivestirsi della ricchezza di Cristo e donarla a chiunque incontrasse sul suo cammino, a partire dai più deboli e abbandonati». Infatti, ha detto nell’omelia della celebrazione eucaristica, «egli accolse il Vangelo sine glossa, con una radicalità ed essenzialità che affascina e stupisce, che attira e nello stesso tempo inquieta un po’, tanta è la distanza tra i nostri stentati passi verso il Signore e il fuoco che scaldò la sua anima e la accese di un amore capace di superare ogni ostacolo e avversità, a partire da quelle che incontrò nella sua stessa famiglia e nella sua cerchia di conoscenti». Al punto che — ha osservato il segretario di Stato — «Assisi da allora è diventata sinonimo di pace e di conversione, una città il cui nome richiama tutti alla possibilità di un’esistenza che, proprio perché saldamente ancorata al Vangelo, può sollevare lo sguardo verso l’alto e porsi in atteggiamento solidale verso il prossimo».

In precedenza, sabato 20, il cardinale Parolin aveva presieduto a Civitavecchia la concelebrazione eucaristica per il 235° anniversario della dedicazione della cattedrale. E pensando alla vocazione portuale della città, ha detto che il tempio consacrato il 6 giugno 1615, vigilia di Pentecoste, «deve riconoscersi da parte di tutti come un faro perennemente acceso a illuminare il volto di Cristo e della Chiesa, cioè di coloro che lo accolgono come Signore, salvatore e maestro. Un faro — ha aggiunto — per la liturgia che vi si celebra e per la carità che ne è il frutto. Un faro per la dottrina che vi si insegna e per la mitezza e umiltà con la quale la si diffonde. Un faro per tutti coloro che sono alla ricerca del significato autentico dell’esistenza».

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