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Una scuola inglese sospende due bimbi di dieci anni: «Sono omofobi»

I piccoli hanno chiesto di non partecipare alle attività lgbt e la preside col pallino del gay pride e del rispetto delle diversità li ha allontanati: «Siete una vergogna per il nostro istituto»

Caterina Giojelli
04/07/2019 - 1:00
Società
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Sospesi a dieci anni perché non volevano partecipare alle attività lgbt della loro scuola elementare, la molto democratica e tollerante Heavers Farm Primary School. Accade a Croydon, sud di Londra: il 20 giugno, in pieno Pride Mounth, il piccolo Farrell siede accanto alla sua compagna di banco Kaysey quando chiede al suo insegnante intento a distribuire materiale lgbt da colorare, «Signore, per favore, posso non prendere parte a questa lezione?». L’insegnante nega il permesso, la lezione lgbt, dice, fa parte dell’attività curricolare. Finita la lezione l’adulto affronta il bambino, lo accusa di avere utilizzato un «linguaggio omofobo», di avergli sentito dire «che schifo, che stupidi gli lgbt». Il bimbo nega di avere utilizzato quelle parole, spiega però di essere cristiano e di non accettare gli lgbt per questioni religiose. «Volete che muoiano?», chiede l’insegnante ai due bambini. «No!», rispondono, tuttavia se gli lgbt si trovassero nel loro paese di origine, verrebbero puniti per la loro omosessualità, sostiene Farrell. Lui, spiega, ha origini giamaicane e africane, «tutti lì sono cristiani e cattolici e non accettano gli lgbt».

«SIETE LA VERGOGNA DI QUESTA SCUOLA»

E che fa l’insegnante, invece di affrontare una discussione alla portata del bambino? Chiama la preside Susan Papas. «Come osate? Siete una vergogna per la nostra scuola!», grida la dirigente in mezzo al corridoio. Dopo di che li sottopone a un interrogatorio in due classi separate. «Come osi dire che vuoi uccidere le persone lgbt?», chiede a Kasey. Inutile per la bambina ribadire «non ho detto uccidere!», «Sì che lo hai detto, non mentire», l’interrogatorio di Kaysey, cristiana pentecostale, dura 5 ore, dalle 10 alle 15. Al termine del quale la preside decreta una sospensione di cinque giorni per i due bambini.

SOSPENSIONE IMMOTIVATA

Tornati a casa, i genitori di Farrell e Kaysey si rivolgono immediatamente al Principal Officer-Exclusions Prevention dell’autorità locale, appellandosi a un paragrafo dello statuto che regola gli allontanamenti da scuola, ricorda: «È illegale allontanare per un motivo non disciplinare». Nell’Exclusions Guidance non solo si afferma che è illegale allontanare uno studente dalla scuola solo perché non soddisfa più i criteri di ammissione ma anche che in materia di sospensioni, espulsioni, allontanamenti va considerata la possibilità che il fatto di cui sono accusati i ragazzini sia “probabilmente” accaduto piuttosto che sia accaduto “oltre ogni ragionevole dubbio”. La versione della storia di Kaysey e Farrell, che differisce ampiamente da ciò che il loro insegnante e la preside hanno sostenuto, è stata infatti confermata dai loro compagni di classe.

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NON È LEZIONE, È INDOTTRINAMENTO

Sempre appellandosi allo statuto, le famiglie di Farrell e Kaysey sottolineano la sproporzione della punizione rispetto a età, maturità, background religioso e culturale dei bambini, infliggendo la quale la dirigente sarebbe venuta meno agli sbandierati doveri di uguaglianza della scuola, «precisamente il dovere di eliminare le discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni e di promuovere buone relazioni tra coloro che hanno caratteristiche protette (paragrafo 10 della Guida)». In base alla convenzione europea dei diritti umani, recepita dall’Human Rights Act del 1998, le scuole «devono tener conto del principio secondo cui gli alunni devono essere educati secondo i desideri dei loro genitori», i quali citano protocolli, articoli e sezioni di tutta una serie di leggi, non da ultima quella sull’istruzione britannica del 1996, secondo cui l’imposizione di materiali per campagne che violano le credenze religiose profondamente radicate nelle famiglie si configurano come indottrinamento.

IL PRIDE DELLA SCUOLA

Non è la prima volta che la promozione militante di Papas dell’agenda lgbt suscita l’ira dei genitori nella scuola che educa 750 studenti nel quartiere multiculturale e multireligioso di Londra. Il 29 giugno 2018 la preside aveva organizzato una sorta di baby pride, invitando mamme e papà a vedere la sfilata “Proud to be Me!” e a unirsi alla scuola nella celebrazione dell’arcobaleno. Quattordici famiglie avevano protestato: Izzy Montague, madre di un piccolo di quattro anni, dopo essersi rifiutata di mandarlo a sfilare, ha inviato un esposto al segretario di Stato per l’educazione Damian Hinds, per denunciare il «proselitismo sistematico» intrapreso dalla scuola verso i suoi alunni. In seguito all’esposto, la vita per il bimbo di Izzy si era fatta difficile alla scuola governata da Papas e il bimbo era stato trasferito dai genitori in una scuola cattolica.

Tuttavia la pervasività delle tematiche lgbt ha continuato a lasciare perplesse le famiglie. “Perché essere razzista, sessista, omofobo o transfobo, quando puoi essere tranquillo?” recita la scritta sulla maglietta indossata con orgoglio dalla figlia della preside a scuola. La maglietta di Attie, una studentessa laureata in sociologia dello sport e teoria femminista e autrice di studi quali Immagini del fallo? Un approccio psicoanalitico femminista ai ruoli del pene, il fallo e le norme di genere egemoniche nel “porno femmista”, non viola certo il codice di condotta della scuola, ha detto la preside.

Tuttavia quando la marcia dei bambini è stata sospesa in seguito alle proteste per essere sostituita con un evento all’interno delle mura scolastiche (a cui ha anche partecipato il deputato laburista Steve Reed, apertamente gay, che ha pubblicato un tweet di elogio per «il meraviglioso staff e i bambini della Heavers Farm per la loro celebrazione dell’orgoglio – molto orgoglioso di loro per aver difeso l’uguaglianza e la diversità»), genitori come Ruth Anderson hanno chiesto le dimissioni di Papas.

«ALTRO CHE ORGOGLIO DI ESSERE “ME”»

«C’erano bandiere arcobaleno attorno alla scuola, e ai bambini è stato anche detto di indossare colori vivaci. Questo non è l’orgoglio di essere se stessi, è un palese supporto alla causa lgbt. Non sono omofoba, ma non voglio che la scuola di mia figlia faccia delle scelte al posto suo». I figli sono rispettosi degli altri perché così viene insegnato loro a casa, ha spiegato Anderson ai giornali, riferendosi ai valori promossi dalla scuola e scritti a caratteri cubitali sui muri tra i quali i bimbi dovrebbero imparare materie come matematica, scienze o inglese, «da adulti rispettiamo le scelte altrui nella vita ma non siamo obbligati ad accettare o prendere parte a nulla, quindi perché costringere dei bambini?».

Secondo Andrea Williams del Christian Legal Center che sta supportando le famiglie di Farrell e Kaysey, i genitori cominciano ad accorgersi dei «pericoli dell’imposizione della nuova ideologia sessuale e di genere che non consente il dissenso nemmeno a bambini di dieci anni». L’uguaglianza, l’inclusione sono «al centro dei nostri valori fondamentali», scrive ovunque la scuola, «siamo una comunità rispettosa che celebra la diversità». Purché non sia diversa dalla loro idea di uguaglianza, inclusione e diversità.

Foto Ansa

Tags: gay pridelondraOmofobiaScuola
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