Una crisi macedone incombe sull’Europa

Di Rodolfo Casadei
31 Gennaio 2017
La crisi politica cominciata venti mesi fa non ha trovato una soluzione nelle urne. Cosa cambia per tutto il Continente
epa05670350 An elderly woman casts her ballot during early parliamentary elections at a polling station in Skopje, The Former Yugoslav Republic of Macedonia on 11 December 2016. Some 1.7 million voters are called to take part in parliamentary elections to elect 130 members of the Parliament. The elections are part of a reform package agreed with EU and US mediation in order to bring an end to a years long political crisis in the country, following opposition's revelations about massive wiretapping of over 20,000 people. EPA/GEORGI LICOVSKI

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Doveva trovare una soluzione nelle urne, e invece rischia di avvitarsi e di procurare all’Unione Europea un’imprevista gatta da pelare balcanica di cui non si sentiva la mancanza la crisi politica della Macedonia cominciata venti mesi fa, nel maggio 2015. Domenica sono scaduti i termini del mandato esplorativo conferito dal presidente Gjorge Ivanov a Nikola Gruevski, il leader del partito uscito vincitore con uno stretto margine e senza la maggioranza assoluta (il Vmro-Dpmne, Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone – Partito Democratico per l’Unità Nazionale Macedone) dalle elezioni anticipate dell’11 dicembre scorso.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]LA MINORANZA ALBANESE. Gruevski, che è stato premier del paese ininterrottamente dall’agosto 2006 fino al gennaio 2016 prima di cedere le redini al governo di transizione che ha portato il paese alle elezioni anticipate, non è riuscito a tradurre in realtà la formula di governo che informalmente regge la Macedonia dai giorni dell’accordo che nel 2001 ha posto termine alla ribellione della minoranza albanese nel paese (25 per cento della popolazione): l’esecutivo consiste in una coalizione fra il partito maggioritario fra la popolazione macedone e quello maggioritario fra la popolazione albanese.

QUALE GOVERNO? Il Dui, che dal 2002 è sempre stato il partito di maggioranza relativa fra i votanti albanesi, ha respinto l’offerta di rinnovare la coalizione col Vmro-Dpmne che durava dal 2008. Ora il presidente Ivanov deve decidere se passare l’incarico esplorativo al leader del partito secondo classificato, cioè Zoran Zaev dell’Sdsm (Unione socialdemocratica di Macedonia), oppure incaricare un altro esponente politico del Vmro-Dpmne, magari quell’Emil Dimitriev che ha retto per quasi un anno il governo a interim. La situazione è molto delicata, perché mentre una coalizione fra il partito di Grueski e il Dui avrebbe avuto la maggioranza assoluta per un seggio (61 seggi dei 120 del parlamento), un’eventuale coalizione alternativa fra i socialdemocratici e il principale partito albanese arriverebbe solo a 59.

LA CRISI. Da qui le richieste già formulate dal Vmro-Dpmne di tornare in tempi rapidi alle urne. Tuttavia Zaev e il leader del Dui Ali Ahmeti potrebbero decidere di allargare la coalizione ad altri piccoli partiti albanesi che tutti insieme hanno totalizzato 10 seggi, ed ecco che una maggioranza di governo prenderebbe vita. Sarebbe però la prima volta in Macedonia che il partito vincitore (col 38 per cento dei voti) viene escluso dal governo a vantaggio del secondo classificato (col 36,7 per cento dei voti) e dei partiti minori. La crisi politica macedone è iniziata quando nel febbraio 2015 il leader dell’opposizione socialdemocratica Zaev ha reso note registrazioni di intercettazioni telefoniche di politici di governo e di opposizione, attivisti di Ong, giornalisti, uomini d’affari, accademici, leader religiosi e magistrati che a suo dire sarebbero state orchestrate dal premier Grueski e dall’allora capo dei servizi segreti, cugino del premier, Saso Mijalkov.
Il fatto che nessuno di questi due personaggi figura fra le vittime delle intercettazioni sarebbe la prova che sono state ordinate da essi. I procuratori dell’inchiesta che ne è seguita hanno poi diffuso la notizia secondo cui fra il 2008 e il 2015 agenti dell’Agenzia per la sicurezza e il controspionaggio avrebbero intercettato 20 mila persone mettendo sotto controllo 6 mila utenze telefoniche (da notare che tutta la Macedonia conta 2,1 milioni di abitanti). Non è ancora noto, invece, chi avrebbe fatto pervenire le registrazioni al leader del partito di opposizione.

PROBLEMA PER L’UE. Proteste di piazza contro l’allora governo Grueski scoppiarono nel successivo mese di maggio, e si placarono solo a giugno quando, grazie alla mediazione dell’Unione Europea, governo e opposizione conclusero un accordo che prevedeva le dimissioni di Grueski per la fine dell’anno ed elezioni nell’aprile 2016. Queste poi vennero rinviate per nuove proteste di piazza, innescate dalla decisione del presidente Ivanov di annullare le inchieste sul capo del governo e gli altri politici coinvolti nelle intercettazioni «nell’interesse della sicurezza dello Stato».
Dopo che il presidente ha ritirato il decreto con cui era intervenuto sulle indagini, le proteste sono cessate e la data per le elezioni è stata spostata all’11 dicembre. Che a quanto pare non potrà essere considerata come la data che ha messo fine alla crisi politica del piccolo paese che dal 1999 chiede di poter entrare a far parte della Nato e dal 2004 è candidato all’adesione alla Ue.

Foto Ansa

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