Un irish pub come li fanno solo a Milano

Di Tempi
10 Maggio 2007
Così i fratelli Bertoni hanno ereditato una tipica trattoria ambrosiana e l'hanno trasformata in una public house da fare invidia a tutta Dublino. Con un menu lombardo-celtico e una collezione di whisky da record

Giuseppe e Alviero Bertoni hanno imparato l’arte della ristorazione fin da bambini, quando il padre li faceva scorrazzare tra i tavoli del ristorante di famiglia, la Trattoria Porta Bella, un tipico locale milanese con bocciofila sul retro nella zona Sempione del capoluogo lombardo. Da allora molte cose sono cambiate, ma non la vocazione al carattere familiare dell’impresa. Prima, negli anni Ottanta, facendo della trattoria un romantico ristorante, La Candela, in cui le luci soffuse si sposavano ai sapori schietti e decisi della cucina milanese. Poi, nel 1994, con l’azzardo più grande: trasformare quello che era un punto di riferimento della ristorazione milanese in un pub irlandese. Una follia a pensarci bene, sia per la vocazione classica del locale sia per l’inflazione di offerta che l’esplosione della moda irish portava con sé. Ma da buoni bergamaschi Beppe (o Jack, come lo chiamano molti clienti abituali) e Alviero (per gli affezionati semplicemente “il direttore”) non hanno mai avuto paura delle sfide. Così il 30 giugno del 1994 nasce il Mulligans irish pub, un angolo di Dublino incastonato in via General Govone a Milano, una piccola oasi in cui rifugiarsi per bere una Guinness, fare quattro chiacchiere senza che la musica da discoteca spacchi i timpani e soprattutto mangiare come Dio comanda senza dover accendere un mutuo. Già, perché come fanno i bravi giocatori d’azzardo anche i nostri protagonisti hanno un po’ bluffato: La Candela non c’è più e il Mulligans è oggettivamente una public house come quelle d’Oltremanica, ma la cucina è rimasta quella di un tempo, con Odette, la sorella Bertoni a menare le danze dietro i fornelli.
«Abbiamo voluto unire le nostre due passioni: la ristorazione classica, di qualità, e l’amore per l’Irlanda e per quel mondo fatto di locali in cui anche se sei da solo non ti senti mai tale», ci dice Beppe. «Per prima cosa, abbiamo voluto differenziarci dalla massa, visto che la metà degli anni Novanta ha visto spuntare pub irlandesi come funghi. Tutti uguali, in molti casi, o comunque con poca anima, il primo vero requisito di una public house degna di questo nome». Infatti, per chi non lo sapesse, la parola “pub” non è altro che la contrazione di “casa pubblica”, corrispettivo celtico e apolitico della case del popolo. «Tutto l’arredamento interno del Mulligans è stato assemblato a Dublino – fa eco al fratello “il direttore” – e “montato” a Milano da personale irlandese. Quindi assoluta originalità. Poi i particolari, importanti. Water jugs – le caraffe utilizzate per contenere l’acqua destinata ad “allungare” il whisky – appese ovunque, lo specchio con inciso ad arte il logo del pub, lampade in vetro marmorizzato e un vero caminetto preso direttamente da una vecchia casa di Dublino e perfettamente funzionante, tanto che nelle fredde sere d’inverno si può godere del caldo ristoro della legna scoppiettante. A questo bisogno, poi, abbiamo unito il nostro “tocco”, quanto portiamo in dote dalla tradizione di famiglia, una cosa che riteniamo sacra. Ad esempio non abbiamo menu, se non per il bere e il “cibo veloce”, cioè piadine e panini. Chi invece vuole cenare, oltre alla nostra assistenza ai tavoli, può consultare la nostra mitica lavagnetta, aggiornata quotidianamente con i piatti del giorno e diventata negli anni una sorta di istituzione».

Tra i fornelli con Odette
Ma visto che parliamo di un santuario della cucina, non si può restare troppo a indugiare sui particolari dell’arredamento, occorre curiosare tra i fornelli, il regno di Odette. «L’impronta resta saldamente tradizionale, italiana, anzi molto lombarda. Quindi nei mesi più freddi non è difficile imbattersi in cassoeula, polenta, stinco al forno mentre d’estate offriamo anche piatti più leggeri o a base di pesce. Rimangono fisse, tutto l’anno, costate e tagliate così come le salamelle e i formaggi che arrivano direttamente dalla bergamasca. E, sempre, è la qualità degli ingredienti la vera chiave del successo: da noi le patatine fritte sono “vere”, peliamo le patate tutte le sere, non esistono buste surgelate. Poi, certo, un omaggio alla nostra vocazione celtica dovevamo prevederlo, perciò offriamo anche piatti ispirati alla tradizione di quel paese come lo shepherd’s pie, un pasticcio di carne tipico irlandese, oppure il manzo cotto nella birra scura».
Un capitolo a parte, al Mulligans, lo merita il whisky. O whiskey, visto che la dizione cambia se si ha a che fare con un distillato scozzese o irlandese. I Bertoni prendono molto seriamente la questione, e lo si capisce immediatamente una volta entrati nel locale: al muro è appeso il fondo di una botte originale di Springbank del 1959, mentre dal lato opposto fa bella mostra di sé l’attestato con cui nel 2000 il Mulligans è stato scelto dalla Bushmill, la più importante distilleria irlandese, come unico destinatario del Millennium, un whiskey invecchiato 25 anni e imbottigliato per festeggiare appunto l’arrivo del nuovo millennio. Insomma, o lo bevete qui o non lo bevete proprio. E, fidatevi, sarebbe un vero peccato. «Da noi si possono gustare single malt irlandesi e di tutte le parti della Scozia, le Lowlands, le Highlands, lo Speyside, Campbeltown e l’isola di Islay, la patria dell’Ardbeg, particolarmente apprezzato dai nostri clienti più affezionati», ci dice Beppe. «Il whisky bisogna saperlo scegliere e degustare nel modo giusto, per coglierne i sentori, le sfumature, l’anima. E noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di guidare il cliente in questa che possiamo definire un’avventura. Lo consigliamo sul whisky più adatto e sul nostro sito Internet abbiamo messo anche una piccola guida alla degustazione. Per apprezzare davvero un grande malto si comincia con l’esame visivo, poi quello olfattivo e infine quello degustativo. Lo stesso vale per la birra, pensare che sia un qualcosa da tracannare è farle torto. Esistono birre “semplici” e altre molto complesse con note e sentori incredibili. Diciamo che è un po’ la nostra vocazione aiutare tutti a godere al massimo dei piaceri del bere bene e responsabile. Per questo nel corso dell’anno organizziamo diverse degustazioni guidate sia di birre che di whisky, con esperti di fama internazionale. Per essere aggiornati sulle date basta tenere d’occhio il sito www.mulliganspub.it». Se qualcuno avesse ancora dubbi sulla passione e l’autorevolezza di questi due fratelli nel campo basta che faccia una visita nella taverna al piano inferiore del pub dove in tre vetrinette (che alcuni tra i clienti abituali si ripromettono da anni di svaligiare con i trucchi più disparati) sono in bella mostra bottiglie introvabili, dal valore decisamente importante.
Ma se l’offerta è importante, un pub vive anche e soprattutto sull’atmosfera e sulla clientela. E anche su questo punto Beppe e “il direttore” hanno le idee molto chiare: «Un pub deve essere prima di tutto caldo, accogliente. Come abbiamo scritto nel sito per presentarci, “caldo come l’abbraccio di un amico sincero”. Noi interpretiamo in questo modo il nostro lavoro e fino a oggi i risultati ci hanno premiati. Anche per questo contiamo su un nucleo forte di clienti fissi, persone che ormai sono amici più che clienti, gente che tutte le sere passa anche solo per una birra veloce e quattro chiacchiere».

«Anche la musica fa atmosfera»
Magari i Bertoni non si spingono a dire che il loro pub ha una funzione sociale di supplenza, come è accaduto per anni in Irlanda, «ma interpretare lo stare dietro il bancone come il sedersi alla cassa di un supermarket non fa per noi, non ci farebbe nemmeno più amare il nostro lavoro. Qui, la sera, si può star certi di non annoiarsi nemmeno se si viene da soli o per la prima volta. Anche la musica contribuisce a creare il clima: da noi volumi impossibili o musiche spaccatimpani sono banditi, mentre con cadenze fisse ospitiamo in taverna gruppi che suonano musica tradizionale irlandese. Ripeto, sembrano ovvietà o cose d’altri tempi, ma l’anima di un locale è quella di chi lo gestisce e di chi lo frequenta, non delle trovate ipertecnologiche o dell’offerta spropositata. Almeno, per noi è così. Il fatto che la gestione sia totalmente familiare, poi, è in assoluto il valore aggiunto». Una storia, quella del Mulligans e dei Bertoni, che racconta un’Italia che ha ancora voglia di fare e lavorare in un certo modo, non disdegnando il profitto ma non per questo mettendolo al primo posto nella classifica dei valori. E se nel 1999 questo pub ha ricevuto l’ambito riconoscimento di Accademia della Birra un motivo ci sarà. Se volete un consiglio, andate a scoprirlo da soli. Non ve ne pentirete.

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