
Un governo di salvezza nazionale per mandare a casa Berlusconi? No grazie
Invocano un “governo di salvezza nazionale” con la stessa falsa coscienza con cui insistono a sfasciare tutto quel che rimane dell’interesse nazionale con le origliate e le mattanze giudiziarie. Salameleccano il capo dello Stato con una mano mentre con l’altra tengono bordone a uno sciopero generale che serve solo a reggere il braccio della speculazione antitaliana e, siccome è di questo che ha bisogno il paese, ad abbassare il nostro già miserando indice di produttività. Ci hanno sospinto a entrare nella primavera araba con una guerra onusiana che ci è costata tutti i nostri interessi in Libia e un sacco di disperati a Lampedusa. E ora fanno “fronte popolare” con la funzione pubblica, il solo comparto che ha niente da perdere in una crisi che fa disperare la piccola e media impresa, dove il posto di lavoro è in bilico o è già sparito. Che l’epoca Berlusconi volga al termine lo capiscono anche i sassi. Ma che all’asino che raglia di etica, patria e giustizia sia concesso scalciare il cane che affoga, questo no, è bene non dargliela vinta. D’altronde, che il governo Berlusconi resti in carica fino al passaggio della bufera finanziaria non è soltanto normale. È indispensabile per evitare quello che gli asini dicono di temere e per cui dicono sia un bene scalciare; per evitare cioè che si perda altro tempo in una crisi al buio e in una campagna elettorale al vetriolo, mentre sull’Italia grandina da paura. Perciò, alla bella gente dalle mani pulite e dai piedi così prensili da essersi messi in saccoccia ogni buon senso comune (oltre che famose democratiche Stalingrado), il presidente della Repubblica risponda picche. E il capo del governo guidi la traversata almeno fino alla primavera 2012. Poi, alla magistratura piacendo, e qualora venisse meno la maggioranza in Parlamento, si sciolgano le Camere e si vada alle elezioni anticipate.
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