Un altro Islam è possibile

Di Rodolfo Casadei
19 Agosto 2004
INDOTTRINATO DAI FRATELLI MUSULMANI, E' STATO A UN PASSO DALL’ENTRARE NELLE FORMAZIONI TERRORISTE, MA OGGI DICE: L’ISLAM DEGLI ESTREMISTI E' UNA MISTIFICAZIONE. RITRATTO DI UN GIOVANE EGIZIANO CHE HA SALTATO LA BARRICATA

Se volete esplorare i labirinti della mente del fondamentalista islamico (più correttamente: dell’islamista), discendere nelle gallerie buie del fanatismo, gettare lo sguardo nell’abisso della violenza terrorista senza che l’abisso vi guardi, e infine uscire a riveder le stelle di un senso religioso vibrante, non più manipolato da una volontà di potenza molto terrena paludata in abiti celesti, fatevi accompagnare da Wail Farouq, giovane egiziano che ha il sorriso dei coraggiosi. A 32 anni Wail ha già vissuto più vite di Tiresia: prima bambino prodigio cooptato nel sistema di indottrinamento dei Fratelli Musulmani, poi estremista di Jihad egiziano pronto per la lotta armata, quindi militante comunista perseguitato dalle autorità, e oggi infine uomo libero e religioso, a suo agio nell’islam dell’ijtihad, l’“interpretazione” che è affidata alla scienza e coscienza del credente. E parla proprio come Tiresia: «Amico cristiano – mi dice mentre sorseggiamo due bicchieroni di asab, l’ottimo succo estratto dalla canna da zucchero, in un bar popolare del grande suk di Khan al-Khalili, nella cosiddetta “Cairo islamica” – io ci sono stato dentro e te lo posso dire: islamismo e comunismo sono uguali, tutti e due ti insegnano ad obbedire senza discutere, a rinunciare a pensare con la tua testa; tutti e due ti trattano come uno strumento per un obiettivo politico, non come una persona. Quando ero islamista mi dicevano: “Vai e fa’ questo: il Corano dice così, Maometto ha detto così”; quando ero comunista mi ficcavano nella testa: “Marx ha detto, Lenin ha detto”. Islamismo e comunismo sono ideologie, e le ideologie distruggono la tua spiritualità e riducono la tua vita ad un imperativo: esercitare un controllo totale sugli altri, sulla società».

Come si coltiva un estremista
Bella testa, Wail. Si fa davvero fatica a pensare che sia passato attraverso esperienze di irregimentazione integrale. Eppure il suo personale percorso politico-religioso è meno inconsueto di quanto si potrebbe immaginare. Nell’Egitto dei primi anni Ottanta era difficile sfuggire alle attenzioni dei Fratelli Musulmani, l’organizzazione capostipite di tutti i movimenti integralisti islamici (data di nascita: 1928). Nonostante fosse stata messa al bando dopo l’assassinio di Sadat, il presidente che prima aveva riabilitato e usato gli islamisti per i suoi scopi politici, e poi se li era ritrovati contro dopo la firma della pace di Camp David con Israele, ormai la fratellanza aveva messo profonde radici in tutti gli strati della società e affinato la strategia per reclutare sempre nuovi membri da formare secondo lo slogan «Dio è il nostro scopo, il Corano è la nostra Costituzione, il profeta è il nostro leader, la lotta è il nostro metodo e la morte per Dio la più alta delle nostre aspirazioni». «Alle elementari – racconta Wail – ero il primo della classe. Un giorno uno degli insegnanti venne a casa mia e disse ai miei genitori: “Vostro figlio è molto intelligente, può diventare un hafiz”». Hafiz è il titolo onorifico che viene attribuito a chi impara a memoria tutto il Corano, e conferisce un grande prestigio alla persona e alla sua famiglia. «I miei genitori furono molto onorati dalla proposta, ed io fui inviato a studiare in una scuola coranica che in realtà era gestita secondo i dettami dei Fratelli Musulmani, perché proprio a loro apparteneva l’insegnante. Lì sono rimasto per lunghi anni, imparando i sacri testi islamici e vivendo la vita comunitaria della scuola: eravamo tutti una sola cosa per Dio. Quanto all’esegesi dei testi, ci ordinavano cosa leggere e cosa non leggere. Ci obbligavano a vestirci in una certa maniera, facevano tutto per spezzare la nostra volontà. Poi venne il momento dei gruppi ultrafondamentalisti, che volevano portare un attacco armato allo Stato. Accusavano il governo di empietà e gli stessi Fratelli Musulmani di ipocrisia, perché non traevano le logiche conclusioni dalle premesse islamiche che ponevano. Io mi avvicinai a Jihad, uno di quei gruppi, perché li trovavo più coerenti con quello che avevo imparato presso i Fratelli Musulmani. Crescendo, però, cominciavano a nascere in me delle domande circa quello che mi era stato insegnato, ed io cercavo di porle alle mie guide. Ma la loro risposta, invariabilmente, era che quelle domande me le metteva in testa il diavolo, ed io dovevo scacciarle. Iniziai a leggere di nascosto i libri che loro mi proibivano. Mi iscrissi all’università, perché volevo studiare lettere e belle arti. Lì conobbi un professore comunista, e presi a discutere con lui. Lentamente mi portò sulle sue posizioni, e cominciai a mostrare comportamenti anti-religiosi. A casa non mi riconoscevano più. Diventai un leader studentesco e iniziai ad organizzare manifestazioni di protesta contro il governo e contro gli islamisti. Venni arrestato per tre volte, trascorrendo ogni volta qualche giorno in carcere. La prima volta mia madre implorò mio zio, un generale della polizia, di intercedere per me. Lo fece, ma disse: “Sorella, non venire più a chiedermi nulla. Tuo figlio è stato accusato di empietà”. In prigione mi frustavano e mi torturavano con scosse elettriche, ma non riuscivano a piegarmi. Al poliziotto che mi frustava e mi insultava dandomi del miscredente rispondevo: “Io sono cento volte più religioso di te, che non sai niente della tua religione”». Dopo l’università Wail entra a far parte di un gruppo per la difesa dei diritti umani, di cui diventerà anche direttore, e conosce un sacerdote cattolico, grande esperto di islamologia. «Ti sembrerà incredibile, ma ho riscoperto la bontà dell’islam attraverso di lui. Oggi mi considero suo figlio spirituale. Dio è la meta a cui arriviamo attraverso strade diverse. Ma dobbiamo avere rispetto delle nostre differenze e respingere le commistioni fra religione e politica».

Lo Stato islamico non esiste
Circa l’islamismo, sia quello combattente che quello non violento che oggi cerca di farsi accettare nel sistema istituzionale egiziano, ha idee molto chiare: «L’islamismo è politica, non è religione. L’islam non è un sistema politico, è una religione. Facendo credere al mondo intero che sia un progetto politico dettagliato, gli islamisti fanno all’islam il peggiore servizio possibile. Possono menare per il naso voi europei e i musulmani ignoranti, ma con me non ci devono proprio provare: io conosco l’islam meglio di loro. Lo Stato islamico, che evocano per sedurre le folle, non esiste, perché l’islam non contiene una teoria dello Stato: quando dicono che vogliono creare uno Stato basato sulla sharia in quanto legge coranica, mistificano la realtà per i loro fini politici, perché la sharia non è affatto il Corano preso alla lettera come loro dicono, ma una particolare interpretazione del testo formulata in un certo momento storico. Insomma, il Corano è testo, il testo è linguaggio, ed il linguaggio è aperto all’interpretazione. La sharia è questione di interpretazioni perché tale è la natura del linguaggio. Per questa ragione il dogma irrinunciabile di tutti gli islamisti, di destra e di sinistra, è il “no all’ijtihad”, “no all’interpretazione”: proibiscono la creazione di nuove comprensioni dell’islam, aggiornate alla realtà moderna, per poter esercitare un controllo assoluto sulla gente in nome dell’“ortodossia”».
Oggi Wail è un giovane intellettuale. Scrive, pubblica studi di islamistica, insegna l’arabo nelle scuole per stranieri. Dal punto di vista politico, è un attivista della riforma democratica del sistema che tuttavia riconosce la legittimità dello Stato egiziano («che comunque è molto più libero degli altri paesi arabi, bisogna ammetterlo», precisa lui). Ma c’è un tarlo che lo rode e non gli dà pace: «Gli islamisti rischiano di vincere perché stanno riuscendo a far credere, a voi europei e ai musulmani ignoranti, che l’islam è quello che dicono loro. State descrivendo l’islam esattamente come loro desiderano che venga descritto. Per favore, non continuate ad aiutarli: smettete di identificare l’islam con la caricatura che loro ne fanno, aiutate la gente a capire». Amico, farò del mio meglio.

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