Ufficio romano privatizzazioni

Di Esposito Francesco
19 Aprile 2001
Prima Romano, poi Massimo e infine Giuliano. Dov'è la continuita tra Cesare Prodi, Bruto D'Alema e Topolino Amato? La compagnia di giro del solito piccolo grande mondo dei poteri forti italiani. Mappa della trama di nuovi legami e vecchie amicizie degli (ex) presidenti. Ecco come in Italia il connubio tra boiardi di Stato e potere economico è proseguito dalla prima Repubblica alla seconda, che non è mai iniziata

Romano Prodi definì i suoi anni da boiardo di Prima repubblica come “il mio Vietnam”. Eppure è stato ai vertici dell’Iri dall’82 all’89, gli anni del mitico Caf (quando i contributi pubblici all’istituto raggiunsero la punta massima di 32mila miliardi dal 1980 al 1985) durante i quali – secondo le stime di Franco Bechis di Milano Finanza – approvò 170 nomine, di cui 93 di democristiani di sinistra. Prodi ha poi avuto un ulteriore mandato all’Iri dal 1993 (richiamato da Carlo Azeglio Ciampi dopo l’arresto, su richiesta di Antonio Di Pietro, del presidente Iri Franco Nobili, mentre Enrico Micheli era direttore generale) fino al 1994, anno della vittoria del Polo alle elezioni politiche. Ma il professore bolognese è stato anche consulente della Goldman Sachs (a cui nel 1993, da presidente Iri, ha affidato il compito di collocare le azioni per la privatizzazione del Credito Italiano e che a Londra ha come managing director Claudio Costamagna, detto scherzosamente il “compagno banchiere”) e della multinazionale Unilever (implicata nell’inchiesta sulla vendita dello Sme da cui Prodi uscirà assolto). Con la moglie Flavia Franzoni possiede inoltre l’Analisi e studi economici (Ase), che secondo il Daily Telegraph del 12 giugno 1999 ha ricevuto 1.400.000 sterline per consulenze tra il 1991 e il 1993. Il suo quartier generale è Nomisma (“denaro” in greco), società che deve il suo nome alla moneta dell’Impero bizantino, costituita su idea di Nerio Nesi (ex Psi, già presidente Bnl al tempo dello scandalo della filiale Bnl di Atlanta – accusata di prestiti per migliaia di miliardi e senza garanzie all’Irak di Saddam – oggi cossuttiano e ministro dei Lavori pubblici). Il capitale sociale iniziale era di 500 milioni, di cui 495 forniti dalla Bnl e 5 da Prodi. Nel 1992 la società esegue per conto della Fs il famoso studio di 5200 pagine sull’“impatto diretto e indiretto dell’Alta Velocità sul territorio e sul sistema produttivo del paese”, cui nel 1996 fece le pulci il Giornale di Vittorio Feltri – stabilendo un costo di 2 milioni a pagina e 5.500 lire a parola. Tra i “Prodi boys” di Nomisma (oggi presieduta dall’ex ministro dell’Agricoltura – e passeggero del pullman di Prodi quando era leader dell’Ulivo – Paolo De Castro), ricordiamo Enrico Micheli (democristianissimo vice direttore responsabile delle relazioni industriali Iri nel settembre 1980; consigliere di Prodi; da sottosegretario alla Presidenza del Consiglio coordina privatizzazioni e liberalizzazioni, incarico ricoperto fino al 1996, quando segue Prodi nell’avventura dell’Ulivo; il governo D’Alema gli assegnerà il ministero dei Lavori pubblici; oggi è tornato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio); Piero Gnudi (già ultimo presidente Iri ne è diventato il principale liquidatore; commercialista noto come “il Cuccia di Bologna”, è il compagno di biciclettate preferito di Prodi); Patrizio Bianchi (preside della facoltà di Economia dell’Università di Ferrara, laureato in Scienze Politiche all’Università di Bologna, tesi sul “Sistema delle partecipazioni statali” discussa con Romano Prodi; nel 1977 vince la Borsa di Studio della Fondazione Alberto Beneduce, dal 1985 è membro del comitato scientifico di Nomisma, di cui diviene Presidente nel 1992; nel 1993 è membro del Comitato dei Consiglieri Economici per le Privatizzazioni e la Strategia Industriale del Ministero dell’Industria; dal 1997 al 2000 nel Consiglio d’amministrazione Iri).

“Palazzo Chigi Merchant Bank”
Si racconta che Guido Rossi, ex parlamentare della sinistra indipendente, ex presidente di Telecom, abbia descritto così la situazione del governo D’Alema: «Sapete quel è la differenza tra Palazzo Chigi e una merchant bank? Che in quella si parla inglese». L’allusione va alla “lobby” che Massimo D’Alema, premier del centrosinistra dal 21 ottobre 1998 al 17 aprile 2000 (dopo la pesante sconfitta alle regionali) ha tentato di tessere prima, durante e dopo la sua permanenza alla Presidenza del Consiglio – interrompendo gli assetti e gli equilibri impostati da Romano Prodi, nel frattempo finito a Bruxelles. Tra i “D’Alema boys” troviamo lo staff di Palazzo Chigi (Claudio Velardi e Nicola Rossi, Nicola La Torre e Massimo Micucci); Alfio Marchini (costruttore romano, già editore dell’Unità, erede della famiglia di “palazzinari rossi” che fece dono al Pci della vecchia sede di Botteghe Oscure; nel suo attico romano si dice sia avvenuto lo storico incontro tra D’Alema ed Enrico Cuccia); Roberto De Santis, (salentino di Martano, a pochi chilometri da Gallipoli, già responsabile commerciale della coop Iter di Lugo di Ravenna, poi alla guida della merchant bank London Court; a lui era intestata la famosa barca a vela “Ikarus” – insieme all’amico Vincenzo Morichini, già amministratore del Consorzio Ina Assitalia di Roma. Alla London Court, oggi Link consulting Partner, rimane Federico Massa, vecchio segretario cittadino del Pds di Lecce); Vincenzo De Bustis (ex direttore generale della Banca del Salento, oggi Banca 121; dopo l’acquisto dell’istituto da parte del Monte dei Paschi di Siena – i maligni dicono per una cifra assai superiore al suo valore – De Bustis stranamente è stato promosso direttore generale proprio al Mps, banca di riferimento dell’ex Pci; risulta pure nel Cda di Sviluppo Italia, nata dalle ceneri della vecchia Agensud con decreto legislativo del 1998 – e ritenuta il frutto dell’ultimo patteggiamento tra Prodi e Bertinotti, quando il suo partito appoggiava il governo – oggi conta circa 800 impiegati con un costo di 70 miliardi all’anno); Vincenzo Scotti (passato dalla Link University di Malta alla presidenza di Formula Bingo Service, vicepresidente Luciano Consoli, ex militante Pci sezione Trastevere, tra i soci Pierdomenico Gallo, presidente di Meliorbanca) e l’ambiente della Fondazione Italianieuropei, che qualcuno ha definito una sorta di “partito D’Alema”, una grande “lobby” trasversale del centrosinistra, sostenuta da grandi cooperative e imprenditori di prestigio (da Marco Tronchetti Provera a Carlo De Benedetti, dai Benetton a Guidalberto Guidi, da Alfio Marchini a Francesco Micheli).

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