In Ucraina tutti possono perdere

Di Vincenzo Rizzo
14 Febbraio 2022
Come dice un vecchio proverbio, tra i due litiganti il terzo gode. E in effetti il terzo può avere nomi diversi: terrorismo internazionale, nuovi stati autoritari, sommovimenti geopolitici
Ucraina: manifesti forze armate a Kiev, 11 febbraio 2022

Caro direttore, in un articolo apparso l’8 febbraio sulla Stampa, Lucio Caracciolo, direttore di Limes, si chiede qual è il piano degli Stati Uniti nella crisi ucraina, poiché sembra di notare, al di là delle varie mosse tattiche, un’incertezza strategica. Sottolinea poi il rischio di infilarsi in un tunnel senza via di uscita in cui gli Europei si troverebbero ad essere vittime.

A queste considerazioni critiche, si aggiungono le drammatiche dichiarazioni di Biden alla Nbc, che non possono non allarmare l’opinione pubblica sui gravi rischi insiti nella crisi. Biden ha evocato una possibile terza guerra mondiale, cosa che fa pensare a scenari tragici e non voluti da chi ha il lume della ragione. Aumenta poi la fibrillazione generale, per la notizia della riduzione del personale dell’ambasciata russa a Kiev, unitamente alle imponenti esercitazioni militari in Bielorussia.

E allora sorge spontanea una domanda. Che relazione c’è tra sicurezza internazionale e sicurezza geopolitica del proprio mondo e della propria sfera d’influenza? Detto altrimenti, la legittima sicurezza del proprio mondo può mettere a rischio la sicurezza internazionale, a tal punto da mettere in crisi la propria sicurezza? In altri termini il gioco di potere che tutti gli attori della crisi portano avanti può portare a una propria vittoria effettiva e al miglioramento strategico della propria posizione oppure no? I dati razionali sembrano dire no, assolutamente no.

L’invasione dell’Ucraina, infatti, sarebbe una sconfitta sia per la stabilità internazionale che per la sicurezza geopolitica del proprio mondo, riguardante tutti gli attori. Si tradurrebbe in una giocata a perdere dai rischi e dai danni difficilmente calcolabili. Gli Stati Uniti vedrebbero, certamente, un compatto allineamento, non solo dell’Anglosfera, ma di tutto il fronte occidentale al loro fianco. Tuttavia dovrebbero rassegnarsi a far vedere al mondo che la prima e straripante superpotenza ha dei limiti di fronte a un attore aggressivo e dotato di deterrenza nucleare.

L’Ucraina, a sua volta, registrerebbe una solidarietà internazionale alla sua causa nazionale e una simpatia diffusa per i suoi ideali, ma potrebbe perdere parti del suo territorio. La Russia potrebbe far vedere al mondo la sua oggettiva e grande potenza militare, allargando la propria sfera d’influenza e la propria estensione territoriale, ma dovrebbe registrare anche un danno d’immagine incalcolabile e il propagarsi della russofobia, sanzioni economiche gravi e la necessità di un matrimonio d’interesse, stabile e non del tutto voluto con la Cina. L’Europa, poi, sarebbe leader nella fermezza sull’affermazione ideale e assertiva dei principi di democrazia e libertà, ma con danni economici molto forti dovuti alle controsanzioni.

Insomma, con buona pace di chi soffia sul fuoco dalle diverse parti, la scelta razionale da percorrere, urgentemente e senza più perdere tempo, è ancora quella della via diplomatica e della mediazione tra i soggetti protagonisti coinvolti nella crisi.

Tuttavia a chi alla luce della ragione preferisce la volontà  di potenza, si può ricordare la celebre favola di Esopo Il leone, l’orso e la volpe. Nel testo un leone e un orso si misero a lottare per impadronirsi di un cerbiatto. Poiché se le diedero di santa ragione caddero a terra mezzo morti. Una volpe che passava di lì, dopo aver constatato che i potenti animali erano esanimi, prese il cerbiatto per sé.

Dunque, come dice un vecchio proverbio, tra i due litiganti il terzo gode. E in effetti il terzo, cioè la volpe, può avere nomi diversi: terrorismo internazionale pronto a colpire tutti, nuovi stati bulli e autoritari che si impongono a livello regionale e minano la stabilità, disordine e sommovimenti geopolitici. Viene perciò da chiedersi: chissà se la morale della favola di Esopo non sia valida ancora oggi?

Vincenzo Rizzo

Foto Ansa

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