Ucraina, la tragedia dell’aereo abbattuto: 298 morti, di cui 173 olandesi
L’abbattimento di un aereo di linea della Malaysian Airlines sul confine ucraino-russo ieri ha portato ad uno spaventoso bilancio di vittime: 298 morti, tra cui 80 bambini. Diverse decine di passeggeri erano diretti ad un convegno mondiale sull’Aids a Melbourne, e tra chi si è imbarcato sul volo c’erano anche 173 olandesi: tra questi ultimi, come ha confermato la Farnesina, c’era anche un cittadino con la doppia cittadinanza italiana e olandese, con il figlio. L’Olanda ha proclamato il lutto, e in tutto il paese le bandiere sono a mezz’asta in segno di cordoglio.
I PASSEGGERI. Il ministero degli Esteri italiano ha comunicato che «continuano comunque le verifiche con gli altri partners per escludere la presenza di altri italiani a bordo del velivolo». La compagnia aerea ha specificato che oltre ai 283 passeggeri, a bordo volavano 15 membri dell’equipaggio, tutti di nazionalità malese. Tra i passeggeri invece, oltre agli olandesi, viaggiavano 28 malesi, 27 australiani, 12 indonesiani, 9 britannici, 4 tedeschi, 3 filippini, 1 canadese. Rimane ancora incerta la nazionalità di altri 41 passeggeri.
CHI HA SPARATO IL MISSILE. Il Boeing 777 era decollato alle 12.15 di ieri mattina da Amsterdam verso Kuala Lumpur, dove avrebbe dovuto atterrare alle 6.10 ora locale: percorreva tra l’altro una rotta molto trafficata da altri aerei civili europei o asiatici. Dopo aver sorvolato quasi tutta l’Ucraina da ovest verso est, improvvisamente alle 16.20 ora locale l’aereo è sparito dai radar, come se fosse scomparso (una dinamica che ricorda molto da vicino quanto accadde nel 1980 al Dc9 Itavia su Ustica): l’aereo malese si è schiantato al suolo pochi istanti dopo, nei pressi della città di Shaktiorsk. È certo che il boeing è stato abbattuto da un missile, ma a questo punto è ancora giallo su chi lo abbia sparato. Ieri il presidente della Russia Vladimir Putin ha appreso la notizia mentre era al telefono con il presidente Usa Barack Obama, discutendo delle nuove sanzioni adottate contro le aziende russe. Putin ha immediatamente dichiarato che «Questa tragedia non sarebbe successa, se ci fosse stata la pace in quella terra, o in ogni caso, se non fossero ricominciate le operazioni militari nel sud-est dell’Ucraina». I servizi segreti ucraini tuttavia hanno diffuso l’audio di una telefonata tra due miliziani separatisti filo russi, mentre dichiarano apertamente: «Abbiamo colpito un volo civile» (ascolta qui l’audio sottotitolato in italiano). Il premier ucraino Arseni Iatseniuk ha accusato la Russia di aver commesso «un crimine internazionale» e ha chiesto un processo alla Corte dell’Aja.
LA TREGUA PER LE INDAGINI. Il ministero della Difesa ucraina segue l’ipotesi che i miliziani filorussi abbiano colpito per errore l’aereo civile, mentre il loro missile sarebbe stato sparato nel tentativo di centrare un velivolo ucraino, che era stato loro segnalato dalle forze di difesa anti russe. Naturalmente la Russia rigetta questa tesi, e Putin ha apputno addossato la responsabilità a Kiev, ma la versione ucraina potrebbe risultare comprovata da un ulteriore indizio: venti minuti dopo la scomparsa dai radar del Boeing, il comandante militare dei secessionisti filorussi Igor Strelkov ha rivendicato via facebook l’abbattimento di un «uccellino», un Antonov 26, proprio nella zona dell’aereo malesiano. L’aereonautica civile ucraina dall’8 luglio aveva chiuso lo spazio aereo nelle regioni orientali, a causa dei combattimenti, e solo i velivoli che potevano transitare sopra i 7900 metri avevano il permesso. Il Boeing era tra quelli che viaggiavano a quota di sicurezza: ora dopo l’incidente sono diverse le compagnie che hanno sospeso tutti i voli sulla zona. I separatisti filorussi hanno annunciato la tregua per quattro giorni per consentire lo svolgimento delle indagini, acconsentendo all’accesso sicuro sul luogo del disatro di ispettori internazionali dell’Ocse. Il cessate il fuoco è iniziato dalle 11 ora italiana: alle 16 ora italiana si riunirà oggi anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu per discutere le misure da prendere, anche rispetto ad un’inchiesta internazionale.
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