

«Colpiremo solo le infrastrutture militari, non quelle civili», assicurava il Cremlino, all’inizio dell’invasione dell’Ucraina. E nei primi giorni l’esercito russo ha mantenuto l’impegno, ma a una settimana dall’inizio della guerra tutto è cambiato. Le bombe e i missili di Mosca si abbattono su strade, ospedali, scuole, palazzi residenziali. Gli scontri non hanno risparmiato neanche le centrali nucleari, con il rischio, fortunatamente per ora scongiurato, di un disastro senza precedenti.
I bombardamenti dell’esercito di Putin si stanno concentrando con feroce violenza soprattutto sulla città strategica portuale di Mariupol, interamente circondata. Pesanti bombardamenti ha subito anche la città di Chernihiv, dove un missile ha colpito un complesso residenziale uccidendo almeno 33 persone. Nelle ultime 24 ore, sono state uccise anche 34 civili nell’area di Kharkiv dove, secondo il sindaco, «l’esercito russo sta cercando intenzionalmente di eliminare il popolo ucraino». Serhiy Chernov, presidente del consiglio regionale di Kharkiv, ha parlato addirittura di «2.000 morti in città», ma è impossibile verificare la notizia.
Gli scontri intorno alla centrale nucleare di Zaporizhzhia si sono invece fermati e ora l’impianto caduto sotto il controllo russo è al sicuro, ma l’incendio scoppiato nella centrale ha fatto temere il disastro nucleare.
Secondo quanto diramato da Kiev, già 2.000 civili sarebbero rimasti uccisi nella guerra dal 24 febbraio, un dato che non tiene conto della dichiarazione rilasciata venerdì da Chernov. Il ministero della Difesa russo ha parlato per la prima volta mercoledì di 498 soldati russi morti in battaglia, ma secondo l’Ucraina i soldati uccisi sarebbero oltre 7.000. Numeri che non fanno che rafforzare quanto dichiarato dal ministro della Cultura ucraino, Oleksandr Tkachenko: «Il mondo deve fermare questa follia».
La Nato ha inoltre annunciato che i combattimenti potrebbero diventare ancora più violenti nei prossimi giorni. Una situazione ben diversa da quella che si registrava fino a qualche giorno fa nelle prime città conquistate dai russi. A Kherson, dove la bandiera gialla e blu sventola ancora sul municipio, il sindaco Ihor Kolykhaiev ha diffuso tramite Facebook il compromesso raggiunto con i russi: si può uscire di casa in gruppi non superiori a due persone e le automobili devono viaggiare a bassa velocità. Kherson sta sperimentando «enormi difficoltà» a trovare e seppellire le vittime, rimuovere le macerie dei bombardamenti, distribuire le medicine a chi ne ha bisogno.
Molti residenti hanno criticato il sindaco per essere sceso a patto con i russi ma, dichiara al Financial Times il giornalista locale Serhiy Nikitenko, «almeno adesso è possibile uscire di casa per andare nei negozi, anche se la situazione rimane difficile».
Come scritto in un report dal think tank militare di Kiev, Ukraine’s Centre for Defence Strategies, «un elemento molto importante di questa guerra è che, anche se i russi sono riusciti a prendere il controllo di alcune città e di schierare le le truppe in alcune aree, non cercano di occuparle nel pieno senso della parola».
Qualcosa di simile sta accadendo a Melitopol, nel sud-est dell’Ucraina, occupata dai russi il 24 febbraio. L’esercito ha preso possesso del municipio ma è il sindaco e la giunta ucraina a far andare avanti tutti i servizi alla popolazione.
Al contrario di queste due città, a Berdyansk si è combattuto poco. La città è stata conquistata domenica e, come rivela Maksim Goncharuk, a capo della Camera di commercio locale, «ci sono dei check-point russi per le strade, ma i telefoni funzionano, i negozi sono aperti e non manca la corrente elettrica». In tutte e tre le città, nonostante la situazione sia ormai tranquilla, scoppiano spesso proteste con la popolazione civile che scende in piazza e chiede ai soldati russi di «andarsene».
La scelta di Vladimir Putin di occupare l’Ucraina potrebbe rivelarsi un errore anche dal punto di vista politico, specialmente in queste aree dell’Est dell’Ucraina dove si parla prevalentemente russo. Come spiega Goncharuk nel 2014, quando la Russia annetté la Crimea e fomentò la guerra nel Donbass, «la popolazione era divisa a metà: una parte sosteneva Mosca e l’altra Kiev. Ma adesso nessuno vuole il controllo dei russi. La gente vuole continuare a vivere in una città che faccia parte dell’Ucraina».
Foto Ansa
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bisogna stare attenti a mandare i comici in Parlamento , che poi ci credono davvero di essere stati eletti , la guerra non è uno spettacolo e le persone muoiono davvero , il sig Volodymyr Zelens’kyj ,senza nessuna esperienza politica era meglio che continuasse a fare gli spettacoli in televisione …