E al dodicesimo mese di crisi ucraina fra Russia e Occidente, gli europei della vecchia Europa cominciarono a sentire aria di fregatura. Perché va bene scandalizzarsi per le infondate accuse russe di nazismo e fascismo al governo di Kiev salito al potere dopo la fuga di Yanukovich, ma quando il primo ministro Arseniy Yatsenyuk, il protetto del viceministro degli Esteri americano Victoria Nuland, va alla tivù tedesca Ard e dice: «Tutti ci ricordiamo bene l’invasione dell’Ucraina e della Germania da parte dell’Unione Sovietica, dobbiamo impedire che la cosa si ripeta», è difficile non trasecolare e cominciare a chiedersi cosa frulla nella testa dei naufraghi dell’impero sovietico che stiamo issando a bordo del vascello dell’Unione Europea e, domani, della Nato. Perché va bene denunciare le forniture di armi russe ai ribelli del Donbass e la presenza di migliaia di militari di Mosca al loro fianco, ma quando – secondo indiscrezioni della tedesca Bild – in margine al convegno di Monaco sulla sicurezza i delegati americani si riuniscono sotto la guida della Nuland (quella che ha promosso la carriera di Yatsenyuk) e danno della “disfattista” ad Angela Merkel perché si dichiara contraria a forniture di armi straniere all’esercito ucraino, definiscono “Moscow bullshit” (stronzata moscovita) la proposta putiniana discussa con la Merkel e Hollande e il senatore John McCain paragona l’iniziativa di pace franco-tedesca all’accordo di Monaco del 1938 fra Chamberlain e Hitler e scandisce che «la storia ci mostra che i dittatori prendono sempre di più se li si lascia agire», un brivido corre improvviso lungo le schiene europee. E vengono in mente il Dottor Stranamore e l’abitudine americana invalsa in epoca obamiana di far combattere agli altri le guerre che interessano agli Stati Uniti: dalla Libia all’Iraq settentrionale, dalla Siria all’Ucraina, gli americani ci mettono soldi e armi col contagocce, gli altri la carne da cannone.
E ancora, perché non c’è dubbio che la mitologia ieri sovietica e oggi russa intorno alla Seconda Guerra mondiale è funzionale all’autoconservazione del sistema e che un approccio autocritico agli ultimi 90 anni di storia ancora manca per lo stesso motivo, ma quando i polacchi agiscono in modo da non invitare personalmente Vladimir Putin alle cerimonie per il 70esimo anniversario della liberazione di Auschwitz, e il ministro degli Esteri polacco Grzegorz Schetyna dichiara che non bisogna preoccuparsi troppo della mancata partecipazione del capo di Stato russo, perché in realtà la liberazione di Auschwitz è merito dei soldati ucraini più che dell’Armata Rossa, allora ci si rende conto che la manipolazione della storia è uno sport diffuso in tutta l’Europa orientale e che i polacchi e i paesi baltici vedono nell’Unione Europea non solo l’ascensore politico ed economico che gli sta permettendo di salire fino dove non erano mai saliti, ma anche il ragazzo nerboruto e protettivo sotto la cui ala ci si potrà permettere di restituire qualcuno dei pugni presi dal bullo del quartiere nel corso di una lunga storia. Solo che il ragazzone Ue non ha mai pensato a questa prospettiva quando ha deciso di prendere nella sua squadra polacchi e lituani, rumeni ed estoni.
Quando si votava coi piedi
Gli europei della vecchia Europa (Germania, Francia e Italia sopra tutti) sentono odore di fregatura e sono sempre più perplessi. Ai tempi della Guerra Fredda si diceva che per capire quale dei due sistemi fosse il migliore bastava guardare i flussi dei profughi: decine di migliaia fuggivano da Oriente verso Occidente, pochissimi viaggiavano in senso contrario e riparavano a Mosca e nei paesi satelliti; la gente che non poteva votare nelle cabine elettorali votava coi piedi, si diceva. A partire dal 6 aprile dell’anno scorso, data di inizio degli scontri armati nell’Ucraina sud-orientale, secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati si sono registrati 980 mila sfollati interni, cioè cittadini del Donbass e dintorni che si sono trasferiti in altre regioni sotto il controllo del governo di Kiev, e 600 mila profughi che hanno cercato riparo all’estero, quasi tutti nel territorio della Federazione Russa (ma qualcuno anche in Bielorussia, Polonia, Ungheria, Romania e Moldova). Secondo il Servizio Migrazione russo i cittadini ucraini che si sono rifugiati in Russia sarebbero di più, almeno 800 mila. In entrambi i casi si vede bene che i piedi dei civili non votano tutti nello stesso modo, come invece accadrebbe se si trattasse dei piedi degli ucraini di Galizia.
Gli europei della vecchia Europa sono sempre più perplessi perché lo spirito europeista e patriottico dell’Euromaidan sembra essersi spento e aver lasciato il posto all’opportunismo più bieco, tratto caratteristico della società al tempo del socialismo reale. Si pensi al destino del famoso trattato di libero scambio fra Unione Europea ed Ucraina, quello che ha fatto andare su tutte le furie la Russia perché destinato a sottrarre a Mosca tutte le sue quote di export verso il vicino: Poroshenko ha chiesto che, in una fase iniziale, funzioni solo per quanto riguarda l’export di merci ucraine verso l’Unione Europea, e ha fatto passare ciò come un modo di tenere tranquilli i russi. Bruxelles, grazie anche alle pressioni americane, ha accettato di rinviare la piena entrata in funzione del trattato al 2016. Questo, sommato alle sanzioni commerciali europee contro Mosca, ha portato a una situazione che Dario Quintavalle su Limes ha descritto così: «Nei rapporti coi potenti vicini si fa la stessa politica del piede in due staffe di Yanukovich: gli ucraini continuano a esportare in Russia, ma possono orientarsi anche sull’Europa, visto che i dazi funzionano solo in un senso, a protezione dei prodotti nazionali. Molti a Bruxelles cominciano a chiedersi se l’Ucraina non stia manipolando l’Unione Europea. Il commercio con la Russia, infatti, non si limita al gas e al carbone, di cui il paese ha disperatamente bisogno per non morire di freddo: come ha scoperto il Washington Post, le fabbriche di armi hanno continuato a esportare in Russia anche durante la guerra, mentre il paese domandava forniture di materiale bellico all’Occidente. E gli agricoltori hanno approfittato dell’embargo ai prodotti agricoli europei (soprattutto italiani) per rifornire i mercati russi».
Il bluff occidentale
Su tutto questo è planata la proposta americana di fornire armi letali all’esercito ucraino, con l’obiettivo di alzare i costi umani e politici dell’aggressione russa, così da costringere Putin a scendere a più miti consigli. Analisti statunitensi hanno evidenziato l’irrazionalità della proposizione: Eugen Rumer del National Intelligence Council, Thomas Graham del National Security Council, Fiona Hill e Clifford Haggy della Brookings Institution e il rapporto ad hoc della Stratfor Global Intelligence concludono che un’escalation militare da parte occidentale giocherebbe solo a favore della Russia, che risponderebbe con una controescalation che scoprirebbe il bluff occidentale. Gli americani farebbero volentieri una guerra per procura a Putin per interposta Ue, ma gli europei non sono disponibili, tranne polacchi, ucraini e baltici. Nell’interesse della solidarietà occidentale, oltre che della vita dei residenti del Donbass, il conflitto va congelato.
Foto Obama Putin da Shutterstock