
Ubriaca di bellezza
Una giovane kamikaze cecena bloccata a Mosca il 10 luglio ha raccontato a un settimanale russo come andò veramente quella sera. Naturalmente, è la sua versione dei fatti, opposta a quella della polizia moscovita che si attribuì il merito di averla bloccata, per un ben fortunato caso, appena in tempo. Ma ecco cosa racconta Zarema, 23 anni, vedova e madre di una bambina di sette mesi.
Per riavere la figlia, sottrattale subito dopo la morte del marito, Zarema ruba dei gioielli e scappa. La famiglia per riparare al disonore la vende ai guerriglieri islamici. Campo d’addestramento, prima missione farsi esplodere in un aeroporto in Ossezia. Zarema non ne ha il coraggio. Nuovo addestramento e seconda missione, a Mosca: saltare in aria in un caffè. Per diventare la più bella ragazza del cielo, e rivedere in terra la sua bambina, ogni giovedì. Questa, almeno, la promessa del mujaheddin.
Arriva a Mosca con una grossa borsa sistemata sul ventre. Ha i jeans, un berretto, gli occhiali neri, è uguale a mille altre. Se non per quella borsa. Non è mai stata a Mosca. Non ha mai nemmeno immaginato la bellezza dell’ex capitale dell’Impero. Grandiosi i viali del centro, percorsi da gente ben vestita – e che pare addirittura felice. Possiamo immaginarci la ragazza cecena camminare sbalordita e incantata per quelle strade. Pareva ubriaca, diranno i poliziotti dopo la cattura. Forse, ubriaca di una bellezza mai vista.
Ma quella borsa pesa maledettamente. Lei vorrebbe forse disfarsene, ma sa d’essere inseguita da un controllore. Di lei non si fidano, già una volta ha fallito. Continua a camminare, la disperazione che sale. E tuttavia non riesce a non guardare le vetrine dei negozi. Il centro di Mosca ha tutti gli splendori dell’Occidente. Che gioielli, che vestiti. Non ha mai visto, dei vestiti così belli. Averne, provarne almeno uno, guardarsi così davanti a quei grandi specchi. «Se le ragazze cecene vedessero i vestiti che ho visto io, non si farebbero mai esplodere», dirà poi Zarema.
E forse per un vestito, per l’istante di un sogno finalmente di vita
– metterlo, quel vestito, e sciogliere i capelli neri, ed essere bella, e incontrare, così bella, quel tale, di cui nemmeno osava più ricordarsi , tanto l’avevano avvinghiata nell’idea che doveva morire, che era bello, uccidere e morire – forse per quel sogno di ragazza Zarema decide. Cerca con gli occhi un poliziotto, gli si avvicina. A bassa voce sussurra: ho una bomba, prendila, arrestami, ma fai presto. Posa a terra la borsa. L’agente trascina la ragazza lontano. Ora è in prigione, viva però. Forse, fra molti anni, rivedrà sua figlia. Difficile, fare di una donna una buona kamikaze. C’è in loro qualcosa di profondo, che più visceralmente che negli uomini si ribella al nulla.
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