Tutti a terra

Di Bottarelli Mauro
01 Novembre 2007
Addio Malpensa. I voli italiani affolleranno il Charles De Gaulle. Eppure Cgil, Cisl e Uil tacciono. In barba alla tutela dei lavoratori

La telenovela Alitalia non sembra voler arrivare a un epilogo. Il tentativo di vendita dell’ex compagnia di bandiera posto in essere dal presidente Maurizio Prato finora ha sortito un solo risultato: far fuggire almeno due potenziali acquirenti. In compenso ora l’eterno pretendente, Air France, non solo prende tempo, ma addirittura gioca al gatto col topo flirtando con la Magliana ma puntando le proprie attenzioni anche verso Iberia. I maligni dicono che è stato proprio il vettore transalpino a scrivere il piano Prato, ma con il passare del tempo quelli che sembravano, appunto, pensieri maligni cominciano a somigliare alla realtà. Nei progetti dei francesi, infatti, in caso di acquisizione, sia Malpensa che Fiumicino (ovvero il sistema Italia) verrebbero pesantemente ridimensionati: l’intento dei francesi, naturalmente, sarebbe di far confluire tutti i voli intercontinentali sul Charles De Gaulle. Milano e Roma, insomma, farebbero il pieno di voli per Parigi, che in questo modo diverrebbe un hub in grado di spaventare Francoforte per il volume di traffico dal Sud dell’Europa verso gli Stati Uniti, l’America latina e il Far East.
È forse il prezzo che il paese è costretto a pagare per i decenni di malagestione Alitalia? No, perché nel caso in cui l’acquirente fosse Lufthansa le cose non finirebbero allo stesso modo. I vertici Sea si sono incontrati con il management della compagnia tedesca e hanno ottenuto ampie rassicurazioni riguardo al potenziale futuro di Malpensa. E non soltanto a livello informale. Sul Financial Times del 24 ottobre, infatti, il direttore finanziario di Lufthansa, Stephan Gemkow, ha pubblicamente dichiarato che «il piano Alitalia è sorprendente poiché abbandonare Malpensa significa dire addio a uno dei migliori mercati per il trasporto del business in Europa».
Perché quindi questa follia? Perché nessuno ha nulla da ridire davanti a una decisione che non solo penalizza il Nord ma si configura come un assurdo sia a livello economico che di marketing? La domanda andrebbe rivolta innanzitutto ai sindacati, che negli ultimi anni hanno indetto una raffica di scioperi a oltranza eppure oggi paiono completamente d’accordo con il piano Prato, alla faccia dell’occupazione e della produttività. A livello nazionale, infatti, la Triplice pare capire che «lasciare inalterata la situazione potrebbe significare la fine di Alitalia e danni irreversibili per l’intera economia del settore», ma si tratta di un sussulto di responsabilità che non convince nemmeno i sindacati del settore lombardi. I quali, nel silenzio dei media, la scorsa settimana hanno distribuito il volantino riprodotto qui a lato. Questo dissidio intrasindacale rappresenta un’anomalia nel panorama bulgaro delle dinamiche interne alla Triplice: per dirla con le parole di un insider raggiunto da Tempi, «i lavoratori della Sea sono incazzati neri con il sindacato nazionale romanocentrico».
Una conferma di questo malessere arriva da Dario Ballotta, segretario regionale Fit-Cisl Lombardia, che attacca a snocciolare tutte le iniziative in preparazione: «Per prima cosa abbiamo indetto uno sciopero di 24 ore per il 26 novembre, un atto chiaro per dimostrare a chi di dovere che il problema aeroportuale del Nord non può essere risolto in questa maniera. Dopodiché chiediamo l’attivazione del tavolo per Milano affinché il governo venga qui a dirci non tanto come intende risolvere il problema di Linate e Malpensa, quanto come pensa di procedere con la privatizzazione di Alitalia. Un altro passo sarà la convocazione di assemblee reparto per reparto nei due scali milanesi al fine di informare i lavoratori sullo stato dell’arte».

Il Pirellone non starà a guardare
Cosa dice Ballotta, però, del fatto che a livello nazionale i sindacati sembrano sposare in pieno il piano Prato? «Loro hanno questa logica e sembrano intenzionati a non cambiarla. Per l’8 novembre è stato fissato un incontro, ma posso già anticipare che non nutriamo troppe speranze al riguardo. Una cosa è certa: quel giorno spiegheremo loro il fatto che la nostra non è una posizione corporativa ma la risposta a un problema del mercato del Nord che non avrebbe soluzione se non attraverso l’arrivo di nuovi vettori europei». Diciamo che scioperate contro i vostri vertici. «Questo non me lo faccia dire. Noi scioperiamo contro Prato e contro il governo». Insomma, sul futuro aeroportuale del Nord si addensano nuvole minacciose. A questo punto non resta che attendere le prossime due settimane per capire quale direzione prenderà la trattativa in corso tra Alitalia e Air France (con Aeroflot e Lufthansa alla finestra in attesa che a Roma qualcosa si muova). I tempi cominciano a farsi ristretti, e non è detto che a breve la Regione Lombardia non decida di passare alla vie di fatto per evitare che l’impasse in cui è precipitata la situazione diventi irreversibile. Anche perché, stranamente, pur trattandosi di Linate e Malpensa, i grandi giornali hanno relegato tra le brevi gli scioperi dei lavoratori del Nord.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.