Perché tutti devono parlare del caso Gimaco. Ripetendo Gimaco, Gimaco, Gimaco

Di Renato Farina
08 Dicembre 2015
Una storia di malagiustizia e riscossa (rovinata dal web). Per questo amici, sotto con le citazioni

giustizia-ansa

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – La vita di Boris è fatta, come tutte le vite, di alzarsi, caffellatte, routine, fatica, botte prese, qualcuna data eccetera. Ma che caffellatte, e che routine magnifica quando la giornata è illuminata dal “volto dei santi”, che non sono affatto santarellini ma persone attraversate dal divino, sono cioè uomini (e donne) veri. È il caso di un signore che troverà sorprendente questo articolo se qualcuno glielo mostrerà, e si arrabbierà perché lui è uno «normale, mi piace lavorare». Si chiama Filippo Giovannoni, ditta Gimaco, Valtellina. L’ho incontrato per caso sulle scale della prefettura di Milano un anno e rotti fa.

Non si dava pace. «Mafioso io? Ma non è possibile, non può essere che lo Stato pensi questo della mia ditta». Ora l’ha avuta vinta. In realtà nessuno ha mai detto che questo ragazzo dalle mani grandi incalcinate e dal volto aperto, fosse legato a Cosa nostra o roba simile. Ma era come quelle persone che ignare girano tranquille a gustarsi la campagna, e infilano il piede in una tagliola per animali di rapina. E zac. Hai voglia a spiegare che non sei una volpe, e neanche una faina, ma un bravo artigiano che vuole diventare grande, creare lavoro, guardare un ponte o una galleria e pensare: l’ho fatto io, è venuto bene.

Da artigiano che aveva dimostrato di valere, anche in tempi di crisi, geometra di Delebio (So), con tre o quattro muratori era riuscito a mettere su una bella ditta: Gimaco, si chiama Gimaco. Poi capirete perché scrivo ancora una volta Gimaco. Scopre che vendono il ramo di una società. Prende al volo l’occasione, le carte sono in regola: ha lavorato con l’Anas ed è considerata sana dall’ente di Stato. Non era stato un incauto acquisto, c’era la certificazione idonea, Giovannoni e la Gimaco non hanno neppure lontanamente avuto rapporti strani. Eppure cade in testa a tutta la ditta l’interdittiva antimafia. Giovannoni vorrebbe urlare, squartarsi per far vedere che la sua anima è candida, non si può. La tagliola è scattata.

Invece di fare gesti eclatanti o di arrendersi e chiudere baracca, Giovannoni mostra una fiducia enorme nello Stato. Si dichiara sicuro che tutto sarà rischiarato dalla luce della giustizia. Ha vinto appalti importanti nel frattempo per Expo. Tutti i conti sono chiusi, è l’interdittiva. Che fa? Si fida della prefettura. E si fida pure della magistratura amministrativa a cui fa pervenire le carte della sua buona fede assoluta. E qui accadono cose belle. Il prefetto Francesco Paolo Tronca nomina commissari due professori della Cattolica: invece di fare il minimo per prendersi il guiderdone, si innamorano della ditta, capiscono che la Gimaco è sana, c’è una qualità umana lì dentro che la burocrazia non può uccidere. Giovannoni chiede la revoca del blocco, il tempo passa e la ditta rischia di morire. I lavori sono finiti, sono lucenti, approvati con lode. Ma la Gimaco non può acquisire nuovi lavori. Ed ecco un uno-due meraviglioso contro l’ingiustizia. Prima il Tar annulla l’interdittiva antimafia e con essa dichiara i commissariamenti dei cantieri indebiti. Pochi giorni dopo la prefettura di Milano insieme con quella di Sondrio giungono alle stesse conclusioni. Giovannoni e la Gimaco sono puri come cristallina fonte.

Giovannoni invece di essere arrabbiato per il tempo perduto e il fegato consumato, è felice di aver avuto ragione nel dar fiducia alla burocrazia. Una positività così, una capacità di perdono talmente grandi meritano fortuna.

C’è un problema. Ed è per questo che ho scritto tante volte Gimaco. Se infatti si scrive il nome della ditta su un motore di ricerca, saltano su come Joker sghignazzanti i titoli dei giornali che recepiscono le accuse alla Gimaco. Scatta la diffidenza. Niente lavori. Nessuno, tranne il Giorno in una pagina locale, ha ripreso la meravigliosa e positiva storia di Giovannoni e della Gimaco. Gli altri giornali si sono accontentati di aver tirato il sasso. Citate Gimaco, fate sparire le ombre dai primi risultati di Google.

@RenatoFarina

Foto Ansa

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6 commenti

  1. Pascal

    Si può intimare a Google la rimozione dei contenuti diffamanti e la rettifica ai relativi giornali, è già stato fatto e funziona.

  2. Giava

    Morale della storia:
    1- la giustizia italiana riesce a rimediare agli errori compiuti, quindi merita la nostra fiducia;
    2- il giornalismo italiano non è ancora maturo per una democrazia compiuta, ma vive le storture dovute alle leggi del mercato.

    Una domanda, dott. Farina: Lei è un magistrato o un giornalista?

    1. Giannino Stoppani

      Caro Giava, volendo esser seri, si dovrebbe riformulare il tuo punto 1 come segue:
      “la Provvidenza talvolta riesce a rimediare agli errori compiuti dalla giustizia italiana, quindi merita la nostra fiducia;”

      1. SUSANNA ROLLI

        🙂

      2. Giava

        Grazie per il “Caro”!
        Questa volta siamo totalmente d’accordo…è un buon punto di partenza. Alla prossima.

      3. Sebastiano

        Ovviamente il “quindi merita la nostra fiducia” si riferisce alla Provvidenza, suppongo…

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