La carità tra le macerie di Iskenderun. «È Dio che si fa presente»

Di Leone Grotti
10 Febbraio 2023
Nella città della Turchia devastata dal sisma dove vivono 120 cristiani, chi ha perso tutto dona agli altri quel poco che ha. «Hanno bisogno di acqua, cibo, luce, gas ma inviare aiuti è difficilissimo», dichiara a Tempi Giulia Longo (Caritas Anatolia)
La statua della Madonna della cattedrale di Iskenderun, in Turchia, è rimasta in piedi nonostante la chiesa sia crollata

È in uno dei tanti quartieri di Iskenderun devastati dal terremoto, tra le macerie dei palazzi sbriciolati, che Antuan Ilgit, cancelliere vescovile presso il vicariato apostolico dell’Anatolia, ha incontrato C.K., un suo parrocchiano, uno dei 120 cristiani che vivono in città. «È povero, vive da solo. Mi ha chiesto di benedirlo e mi ha dato 5 pani turchi da dare agli “altri”».

A Iskenderun «i corpi sono ovunque»

Sembra poco, sembra niente, ma il gesto di carità di C.K. è stupefacente. Solo nella provincia di Hatay il sisma ha raso al suolo 1.200 edifici, 200 dei quali, come minimo, proprio a Iskenderun. Come riferito a Reuters da un medico che lavorava in uno dei due ospedali crollati della città «ci sono corpi ovunque. Sono devastato».

A Iskenderun, come in tante altre zone della Turchia colpite dal terremoto, dove si contano almeno 16.546 vittime. manca tutto: «Non ci sono luce, acqua, cibo, gas per cucinare», dichiara a Tempi Giulia Longo dagli uffici di Istanbul di Caritas Anatolia.

Il vicariato aperto a cristiani e musulmani

Il bisogno è immenso, le difficoltà enormi. «I trasporti non funzionano, le strade sono sconnesse e divelte, nevica, le zone colpite sono isolate», continua. «Non solo è difficile capire dove comprare gli aiuti visto che i negozi non sono forniti e le banche non funzionano. È anche difficile raggiungere le zone colpite senza rimanere bloccati».

Il numero degli sfollati è enorme: c’è chi dorme nei parchi, chi in automobile. Il vicariato apostolico ha aperto le porte dei pochi locali rimasti intatti a 75 sfollati. Cattolici, ortodossi e musulmani dormono insieme nel refettorio, nell’edificio di fianco alla cattedrale, che è stata completamente rasa al suolo. La sera si mangia a lume di candela, l’elettricità infatti non c’è più, al pari del riscaldamento e dell’acqua potabile.

«Iskenderun è un paradiso rispetto ad Antiochia»

Da Istanbul Longo lavora per convogliare gli aiuti e inviare a Iskenderun «cibo, gas, generatori, acqua, beni di prima necessità, pannolini». Non è certo l’unica città ad aver bisogno ma come dichiarato dal direttore di Caritas Anatolia, John Farhad Sadredin, «non possiamo coprire tutte le aree. Dovremo limitarci a due o tre città».

Una di queste potrebbe essere Antiochia, dove la situazione sembra essere disastrosa, anche se ancora i dettagli sono pochissimi. «A quanto ci dicono alcuni residenti sopravvissuti al terremoto», ci spiega Longo, «pare che ad Antiochia la situazione sia due volte peggiore che a Iskenderun. Ci sono tantissimi dispersi e si scava ancora per salvare quante più vite possibile».

Secondo un resoconto fatto a padre Antuan, «rispetto ad Antiochia, Iskenderun è un paradiso».

«Dio si fa presente in mezzo a noi»

In questi momenti è la carità a fare la differenza. Ogni volta che arriva una macchina carica di aiuti, spiega padre Antuan, «vedo Dio che si fa presente in mezzo a noi. Bisogna cercarlo e trovarlo in tutte le cose». Certo, «è difficile dire qualche parola di consolazione a chi ha perso tutto!». Ma «quando ritorno alla Cattedrale che non c’è più, ricontrollo il telo con cui avevamo cercato di coprire l’altare di marmo antico, guardando alla Madonna che sta sempre in piedi e mi dico: qui celebreremo di nuovo e presto!».

@LeoneGrotti

Per aiutare il vicariato apostolico dell’Anatolia è possibile effettuare donazioni ad Amo (Amici del Medio Oriente Onlus, qui tutte le informazioni) e alla Caritas italiana.

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