

«E smettetela di dire che la Primavera araba è stata la rivoluzione dei social network. È stata la rivoluzione della piazza, dei martiri. Facebook e Twitter sono stati solo dei mezzi di comunicazione, proprio come lo erano il telefono o le lettere nei decenni scorsi». Si sfoga così Asma Heidi Nairi, attivista di Amnesty International, 23 anni, che ha partecipato alla “Rivoluzione dei gelsomini” in Tunisia, in un’intervista alla Stampa.
La rivolta che il 14 gennaio ha costretto il raìs Ben Ali, dopo 23 anni di potere, a fuggire all’estero, e che ha aperto le porte alle elezioni libere che hanno visto la vittoria degli islamisti di Ennahdha, non si può definire come un «movimento che ha trovato una spinta nella Rete». Continua Asma: «Internet è stato un mezzo, punto e basta. La rivoluzione l’abbiamo fatta andando in strada, mica stando davanti al pc. Purtroppo in Occidente c’è questa convinzione, perché voi la nostra rivoluzione – che non è stata raccontata dai media tunisini – l’avete vissuta solo grazie alla Rete, ma per noi non è stato così».
Anche la censura, continua l’attivista, «non era mica solo della Rete. per noi di Amnesty era impossibile riuscire a trovare un hotel che ci affittasse una sala per le nostre riunioni».
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