«È stato scioccante, non potevamo aspettarci niente del genere. Quando abbiamo sentito gli spari pensavamo provenissero dall’interno del Parlamento». Il Museo del Bardo a Tunisi si trova proprio di fianco all’Assemblea ed è lì che ieri, a mezzogiorno, un commando di tre uomini ha fatto irruzione, prendendo in ostaggio centinaia di persone, tra cui almeno 100 italiani. Ma Imen Ben Mohammed (foto a destra), giovane deputata tunisina del partito islamista Ennahda, come gli altri ha pensato che stessero entrando nell’aula: «Tutti condanniamo questo atto di terrorismo che ha fatto perdere la vita a troppe persone», dichiara a tempi.it.
L’ATTENTATO. Secondo la tv di Stato tunisina, il bilancio finale dell’attacco è di 23 morti e 50 feriti. Tra le vittime, ci sono anche quattro italiani. I tre uomini, che potrebbero appartenere allo Stato islamico, hanno prima cercato di entrare in Parlamento, dove si stava discutendo una legge per contrastare il terrorismo. Bloccati dalle guardie, sono riusciti a fare irruzione nel museo. Dopo tre ore, le forze dell’ordine hanno condotto un blitz uccidendo due terroristi. Un terzo dovrebbe essere stato arrestato.
«MINACCIA ALLA DEMOCRAZIA». «Dopo l’attentato, in Parlamento si sono riuniti tutti i partiti per reagire», continua la deputata. «Stasera (ieri, ndr) ci sarà una sessione plenaria eccezionale per condannare il terrorismo. Questo attacco minaccia l’unità nazionale e la nostra transizione democratica, cominciata nel 2011. Sappiamo di essere l’unico modello riuscito di Primavera araba, abbiamo fatto passi enormi e non permetteremo che vengano vanificati».
TERRORISMO. La Tunisia non ha mai risolto i suoi problemi con l’estremismo islamico. Le frange salafite sono ancora forti tra la popolazione e almeno 3.000 persone sono partite per combattere il jihad in Siria e Iraq. A decine sono tornati addestrati e radicalizzati. «È vero, tanti giovani partono perché qui in Tunisia l’economia è ancora debole, non si trova lavoro e l’emarginazione sociale facilita l’estremismo. Questo problema è anche frutto di 23 anni di dittatura di Ben Ali». Anche la guerra tra Tripoli e Tobruk non aiuta. «La situazione della Libia è tremenda, sapevamo da tempo che ci avrebbe messo in pericolo», afferma Ben Mohammed. «Noi eravamo all’erta, abbiamo creato una zona militare al confine, collaboriamo con l’Algeria ma non è bastato».
STATO ISLAMICO. Non è ancora chiaro chi abbia commesso l’attentato, ma una possibile partecipazione dell’Isis non coglie di sorpresa la deputata di Ennahda: «Sappiamo che Ansar al-Sharia, che il mio partito ha inserito tra i gruppi terroristi, si è alleato con lo Stato islamico, però ancora non sappiamo chi abbia sferrato l’attacco». A prescindere da quali forze componessero il commando, «è chiaro che dobbiamo combattere i terroristi sia a livello di sicurezza che a livello economico. Questo però non è un problema solo nostro, ma di tutta la regione». Ecco perché la Tunisia ha appoggiato una «soluzione in Libia», «politica però e non militare, che peggiorerebbe solo la situazione, incrementando queste minacce».
«PASSI ENORMI». Oggi però Ben Mohammed vuole concentrarsi su Tunisi e sui tunisini, «che hanno fatto passi enormi con la rivoluzione, hanno mostrato che islam e democrazia sono compatibili». «Siamo un popolo moderno e democratico – conclude – non ci lasceremo destabilizzare. Voglio esprimere le mie condoglianze per le famiglie di tutte le vittime, specie quelle italiane».
Foto ostaggi e polizia Ansa/Ap