Chi festeggia in Francia la rielezione di Trump (non è Macron)
Parigi. Il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, è stato il primo mercoledì mattina a telefonare al neopresidente degli Stati Uniti, Donald Trump, congratulandosi con il candidato repubblicano per il ritorno alla Casa Bianca. In serata, Macron lo ha richiamato, facendo trapelare alla stampa che è stata «una buona chiacchierata di 25 minuti», durante la quale entrambi avrebbero manifestato la «volontà di lavorare per il ritorno della pace e della stabilità» dinanzi alle «grandi crisi internazionali in corso» in Ucraina e nel Vicino oriente.
Ma si sa, i due leader, dal 2017, anno in cui Macron è stato eletto per la prima volta all’Eliseo, hanno da sempre una relazione complicata. Trump non ha una grande opinione del presidente francese e durante il suo primo mandato non perse mai l’occasione per provocarlo. Come quando nel 2018 infierì sulla popolarità in calo del numero uno dell’Eliseo. «Il problema è che Macron è alle prese con un bassissimo livello di approvazione in Francia, al 26 per cento, e un tasso di disoccupazione del 10 per cento. Sta solo cercando di trovare nuovi argomenti», disse Trump, secondo cui l’idea del presidente francese di creare un esercito europeo era un modo per distogliere l’attenzione dai problemi interni.
Il rapporto scivoloso tra Trump e Macron
Un anno dopo, Trump si ritirò anche dagli accordi di Parigi sul clima, sostenendo il movimento di protesta dei gilet gialli. Nel dettaglio, il presidente americano, attraverso il suo profilo Twitter, rilanciò il post di un attivista conservatore, Charlie Kirk, che aveva scritto: «Ci sono rivolte nella Francia socialista a causa delle tasse sul carburante della sinistra radicale. I media a malapena ne parlano. L’America sta avendo un boom, l’Europa sta bruciando. Vogliono coprire la ribellione della classe media contro il marxismo culturale. “Vogliamo Trump” dovrebbe essere cantato per le strade di Parigi».
Nel 2019, il presidente americano denunciò infine “la stupidità” di Macron, che aveva instaurato la tassa Gafa (Google, Amazon, Facebook, Apple) sui giganti del web. «Annunceremo presto un’azione reciproca dopo la sciocchezza di Macron. Ho sempre detto che il vino americano era miglio del vino francese», twittò Trump, minacciando di tasse gli alcolici francesi. Insomma, il secondo atto delle relazioni diplomatiche tra The Donald e Macron inizia su basi scivolose.
A Parigi c’è chi festeggia la rielezione di Trump (non Macron)
Ma a Parigi, c’è anche chi ha festeggiato per la rielezione del tycoon, in ragione degli ottimi rapporti personali, che hanno favorito grossi affari economico-industriali nel passato: la famiglia Arnault, proprietaria di Lvmh, non solo il più grande gruppo del lusso del mondo, ma uno Stato nello Stato in Francia. Bernard Arnault, capo di Lvmh, e Donald Trump, si conoscono dagli anni Ottanta. Entrambi, all’epoca, erano attivi nel settore immobiliare.
Arnault lasciò Parigi per gli Stati Uniti, preoccupato dal primo governo socialista di François Mitterrand, che stava nazionalizzando tutto ciò che era possibile nazionalizzare, con ministri di orientamento comunista in posizioni chiave. Il contesto di “caccia al ricco” dell’epoca mitterrandiana lo convinse che era meglio cambiare aria. «Sono sempre stato vicino agli Stati Uniti, che vedo come una terra di opportunità», disse Bernard Arnault nel 2019, quando andò di persona in Texas, ad Alvarado, per inaugurare una maxi fabbrica di Louis Vuitton. «Sei un artista e un visionario», gli rispose l’allora inquilino della Casa Bianca. Uno scambio di carinerie tra due squali del mondo degli affari che si stimano e si apprezzano.
Make Arnault Great Again
Nella valanga di tasse che ha colpito i prodotti francesi durante il primo mandato di Trump, non a caso, cognac e champagne, due dei prodotti di punta di Lvmh, vennero risparmiati. La simpatia per Trump, a quanto pare, avrebbe contagiato anche il figlio di Bernard, Antoine Arnault, che nel 2023 ha ottenuto la gestione di Tiffany, colosso made in Usa dei gioielli di lusso che Lvmh ha acquistato nel 2021. Da allora il petit Arnault, oggi 32enne, passa molto tempo in America: lo scorso 27 ottobre era assieme ad alcuni amici al Madison Square Garden di New York, dove Trump ha organizzato uno dei suoi ultimi comizi elettorali.
Secondo quanto riportato dal sito americano Puck, Antoine Arnault sarebbe addirittura stato intravisto vicino alle cabine dei donatori. Per saperne di più, i giornalisti del media Usa avrebbero cercato di contattarlo, ma senza ottenere chiarimenti. Non solo perché la sua presenza non doveva essere resa pubblica, ma anche perché Puck, specializzato in indiscrezioni e retroscena sui circoli del potere, è uno dei sette media a cui i dipendenti di Lvmh hanno “il divieto assoluto di parlare” per ordine di Bernard Arnault. Per dirla con quelli del Canard enchâiné, “Make Arnault Great Again”.
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