Disoccupazione e troppe regole nel mercato del lavoro incentivano la pratica dell’evasione fiscale. Così Friedrich Schneider, docente all’Università di Linz e tra i più attivi studiosi della “shadow economy”, l’economia sommersa, ha spiegato al Sole 24 Ore le cause del ricorso al “nero” in Italia.
TROPPE REGOLE. «Nel vostro Paese – ha detto Schneider – sono soprattutto due i fattori che rendono più fertile il terreno per il sommerso: oltre all’alta disoccupazione, in particolare giovanile, c’è anche l’eccessiva regolamentazione del mercato del lavoro che porta a un aumento dei costi e potrebbe rappresentare un incentivo a scegliere il “nero”». Che, non a caso, è descritto dall’esperto austriaco come «una zona d’ombra che si allarga nei momenti di crisi e si restringe quando invece il Pil rialza la testa». Una regola che «vale per tutti ed è particolarmente evidente per l’Italia». La tendenza, infatti, è «legata a doppio filo all’aumento della disoccupazione: chi perde il posto è più propenso a ingrossare le fila del lavoro nero per garantirsi un reddito».
«ECCESSI DI PROTAGONISMO» DA PARTE DEL FISCO. Intanto, il nuovo direttore dell’Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, appena subentrata ad Attilio Befera, in un’intervista concessa al Corriere della Sera, ha spiegato come intenderà condurre la lotta all’evasione. «La vera rivoluzione – ha detto Orlandi – è impedire l’evasione, non rincorrerla. Le stime dicono che ogni anno vengono sottratti al Fisco 120 miliardi di euro, e noi ne recuperiamo 12 o 13, ma il vero problema è che ci sono quasi 600 miliardi di accertamenti relativi agli anni passati che non si riusciranno mai a incassare». Anni in cui, ha ammesso Orlandi, «forse c’è stato un eccesso di protagonismo» da parte del fisco. Come, peraltro, già ammesso anche dal sottosegretario all’economia Enrico Zanetti in merito alle «aggressioni alle imprese dovute ai bonus per gli ispettori».
MONETA ELETTRONICA PER TUTTI? Orlandi, inoltre, ha spiegato che abbassare l’uso del contate riduce l’evasione («tantissimi studi lo dimostrano»), precisando, però, che all’estero, dove «si paga con la carta anche il caffè», «non tutti gli oneri della moneta elettronica son in carico ai commercianti, come da noi».