
Tre sogni da indigestione editoriale
Caro Direttore, il suo giornale per me è peggio della pepata di cozze: lo leggo, mi incazzo, poi vado a nanna e faccio i brutti sogni. Sono in piedi dalle 4 e mezza e ti racconto.
1° sogno: Massimo Fini vuole tornare a una società preindustriale. A parte il fatto che io e te abbiamo fatto in tempo a viverci in quella società, avendo quasi cinquant’anni: te li ricordi i pennini e la boccetta d’inchiostro? Li hai mai lavati i pannolini del fratellino raschiando la merda con la spazzola di plastica gialla, dura come il ferro? Io sì e ti giuro che non mi sono divertito. Comunque, a parte l’opportunità di mandare Fini nella “Fattoria” – in diretta dal 1870 – basterebbe scaraventarlo in una comunità di Amish e vedere di nascosto l’effetto che fa. «Devo andare da Bruno Vespa a presentare il mio libro: prenoto l’Eurostar?» dice lui: «Col cazzo – rispondo io – prendi il calesse o, al massimo, la locomotiva a vapore e, se va bene, arrivi quando Vespa ti ha già dimenticato. Così almeno eviti di emanare fesserie per l’etere». «Voglio scrivere un altro libro che sparga letame a pioggia sulla democrazia, sull’Occidente e su Gesù Cristo: accendo il computer mi collego in internet e mando un’e-mail all’editore» dice lui e io, sadico e, per l’occasione, con stivali, giaccone e frusta da sorvegliante: Nemmeno per idea, caro il mio pinguino: prendi i pennini (pochi perché costano), l’inchiostro, la carta assorbente, la carta da lettere (non sprecarla perché la si trova in due negozi in tutta Desio) e adoperi quello che hai. Ricordati che Riccardo Bacchelli scriveva coi pennini e ha fatto nientemeno che Il Mulino del Po perché, lo diceva lui, quando finiva l’inchiostro nel pennino rileggeva quello che aveva scritto ed evitava di sparare corbellerie come fai tu. Limitati, Massimo e tutti, tu per primo, ne guadagneranno” Niente male, vero? Ma non è finita.
2° sogno. Gianni Vattimo immagina che il nostro esercito in Irak possa diventare il nucleo di una forza combattente antiamericana. Quello che, secondo me, angustia l’eccelso pensatore piemontese, non è il fatto che, caduto l’Irak in mano ai terroristi di qualsiasi risma, l’onda del fondamentalismo possa raggiungere Porta Palazzo tra vent’anni: il brutto è che non accada adesso, subito! Cosa avrebbe pagato, il nostro, per trovarsi a Costantinopoli il 29 maggio del 1453, mentre i giannizzeri saccheggiavano e stupravano. Pensa alla Mole Antonelliana ridotta a moschea e a Vattimo paggio di corte dell’imam di Carmagnola!
3° sogno. (2014) Poiché l’Occidente si è totalmente arreso al fondamentalismo di ogni colore, diverse zone della penisola sono diventate dar al Islam. Vengo catturato insieme a due illustri compagni di sventura: Dario Rivolta (Forza Italia) e Oliviero Diliberto. Mentre attendiamo la nostra sorte tiro fuori la coroncina del rosario e comincio a pregare con evidente fastidio dei due. La mia preghiera a Maria, venerata anche dai musulmani, impietosisce uno dei miei carcerieri che mi offre l’opportunità riservata ai popoli del libro: pagare la “tassa del sangue” e dichiararmi sottomesso. Poche storie, se riesco a cavarmela così a buon mercato vado alla grande e, in effetti, me la sfango e mi tirano fuori dalla cella con evidente disappunto degli altri due ostaggi. Essi, essendo pagani, non hanno alternativa che tra la conversione e la morte e, non appena viene illustrata loro l’ipotesi di decapitazione in diretta, prestamente ripetono tre volte la formula della conversione. Con discrezione, visto che conosco l’arabo (ho cominciato a studiarlo nel 2004) ricordo al mio carceriere che Dario Rivolta ha proposto una legge per la regolarizzazione della famiglia di fatto (comprese le unioni gay) e Oliviero Diliberto, essendo comunista di stretta osservanza moscovita, condivideva il punto di vista di Geymonat, secondo cui l’Armata Rossa portava la civiltà in Afghanistan. Posta la loro conversione, Rivolta diventa segretario particolare di uno strano soggetto, un po’ border line, ma simpatico e Oliviero spedito a Kunduz a bonificare il terreno dalle mine sovietiche.
Ma basta sognare. è mattina piena e devo andare al lavoro.
A Dio
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