Travaglio se la prende con tempi.it per questa intervista a Macaluso

Di Redazione
26 Giugno 2012
Nel suo editoriale sul Fatto, Travaglio se la prende con l'ex direttore del Riformista per un'intervista a tempi.it sulla trattativa Stato-Mafia. Apriti cielo. Ecco cosa ci disse Macaluso.

Nel suo editoriale oggi su Il fatto quotidiano (“Telepatia ventricolare”), Marco Travaglio – unico giornalista orgoglioso di non tifare l’Italia agli Europei – se la prende con Emanuele Macaluso, ex direttore del Riformista. Travaglio ce l’ha con Macaluso perché questi difende a spada tratta il Quirinale e ha, in varie occasioni, definito come poco credibile e come completamente campata in aria la campagna sulla trattativa Stato-Mafia. Apriti cielo. 
Tra le varie interviste rilasciate da Macaluso citate da Travaglio c’è anche quella a tempi.it. La riproduciamo di seguito.

15 marzo 2012
«Non è possibile che un paese viva chiedendosi se c’è stata o no una trattativa Stato-mafia»
Intervista a Emanuele Macaluso, direttore de Il Riformista, sul caso Dell’Utri e sugli sviluppi della trattativa Stato-Mafia. Di Chiara Rizzo

Emanuele Macaluso, direttore de Il Riformista, l’ha scritto a chiare lettere: nella requisitoria del Procuratore generale di Cassazione del processo Dell’Utri «la frase incriminata sul reato di concorso esterno ad associazione mafiosa, “Nessuno ci crede più”, non c’è». Eppure proprio su quella frase si sono accapigliate, pubblicamente o privatamente, toghe illustri (Giancarlo Caselli, Antonio Ingroia) e giuristi (persino Carlo Federico Grosso, con un commento su La Stampa). Macaluso prende il via da quest’episodio per una riflessione più ampia sulla giustizia, anche rispetto ad altri fatti avvenuti in questi giorni. Come ad esempio la sentenza di Firenze sulle Stragi del ’93: secondo i giudici della corte d’Assise toscana «vi fu una trattativa tra lo Stato e la mafia» e l’iniziativa «fu assunta da rappresentanti dello Stato e non dagli uomini di mafia». E come le recenti interviste rilasciate al Corriere della Sera da Nicola Mancino (ministro dell’Interno tra il ’92 e il ’93), e Nicolò Amato, capo del Dipartimento della amministrazione penitenziaria, che nel ’93 avrebbe revocato il carcere duro per molti mafiosi (rispondendo così a una delle condizioni che i mafiosi avrebbero posto nella presunta trattativa con lo Stato per porre fine alla stagione delle Stragi). Si tratta di due nomi entrati a gamba tesa nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia (ma nessuno dei due è stato indagato). Con tempi.it, Macaluso approfondisce il suo punto di vista: «Non è possibile che un paese viva chiedendosi per anni se c’è stata o no una trattativa, se Borsellino è morto per questo o no, e non si riesca a mettere un punto fermo su queste vicende».

Riprendiamo la domanda che si poneva ieri sul suo quotidiano sulla vicenda del Pg Iacoviello, «Com’è stato possibile che il messaggio trasmesso dai media sia stato travisato?»
Bisognerebbe chiederlo alle agenzie giornalistiche o ai giornalisti che erano presenti in Cassazione e hanno riportato per primi la frase. Non c’è dubbio che la notizia, che è stata ripresa da tutti ed è stata riportata tra virgolette, è stata diffusa dalle agenzie. Ma questa è una cosa grave: una frase che non c’è al centro delle proteste di tutti, giornalisti e magistrati. Considero grave questa distorsione fatta dai media, penso sia stata fatta una strumentalizzazione e mi chiedo se chi l’ha riportata era presente.

Lei pone un altro interrogativo: «C’è chi insinua che Giovanni Conso (ministro della Giustizia nel ’93, quando revocò il 41 bis per 300 mafiosi, nrd) come ministro ubbidì a indicazioni che venivano dal Quirinale, dove allora siedeva Oscar Luigi Scalfaro. Il quale, si dice, riponeva un’eccessiva fiducia nell’allora capo della Polizia, prefetto Parisi. Ma su quali fatti si fondano queste illazioni?». Ce lo può dire lei, che le ha raccolte e citate?
Ho solo raccolto alcune informazioni, ma per prima cosa porrei un’altra questione a tema. Chiederei che su una vicenda del genere si mettesse un punto. La procura nazionale antimafia, che ha tutti gli strumenti necessari per approfondire, perché non interviene per fare un po’ di chiarezza? Non è possibile che ci sia un rimpallo di responsabilità. Sulla trattativa, il primo a fare dichiarazioni era stato Claudio Martelli, che aveva dichiarato che il giudice Paolo Borsellino sapeva di una trattativa tra lo Stato e la mafia, l’avversava, e per questo sarebbe stato ucciso. Prima che Borsellino morisse, stando a ciò che emerso sinora, ebbe un incontro con il ministro dell’Interno, Nicola Mancino: le procure chiedono e sospettano fosse un incontro per parlare di questa trattativa, che il giudice voleva bloccare. Ebbene domenica sul Corriere l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, ha ribadito quello che aveva già detto davanti ai magistrati: che lui non sapeva nulla su una trattativa, anzi, che Borsellino non ricorda proprio di averlo incontrato e dice di sentirsi “usato e venduto”. Oggi leggo una nuova intervista, stavolta a Nicolò Amato e pure lui rimanda ad altri, ignoti, le responsabilità. È grave, si tratta di persone che hanno avuto un ruolo essenziale e la magistratura non mette un punto su queste vicende? Non è possibile che un paese viva chiedendosi per anni se c’è stata o no una trattativa, se Borsellino è morto per questo o no, ma non si riesce a mettere un punto fermo.

Le vicende sulla trattativa sono costantemente riaperte dalle nuove dichiarazioni di pentiti. È possibile che ci sia da parte delle Procure un’adesione fideistica alle dichiarazioni dei pentiti, un po’ come denunciato dal Pg Iacoviello nel caso Dell’Utri?
Sì certo c’è anche questo, ma penso che ci sia anche una guerra trasversale all’interno dei poteri. Una guerra all’interno dei carabinieri, della polizia, dei magistrati, dei politici, che inquinano la ricerca della verità. Amato stamattina ha detto che Martelli sapeva tutto e mente, così come Mancino: ripetono “tutti sapevano che ho fatto il mio dovere”. Questo gioco dello scaricabarile penso sia il segnale di una guerriglia interna tra i poteri in gioco su questa vicenda.

 

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1 commento

  1. Giampaolo Galli

    Ma è proprio così necessario dare ripetuto spazio a chi scrive e dirige il Fatto ?
    Occorre dare importanza alle cose che ce l’hanno e lasciare cadere la polvere dai sandali: dobbiamo dirigerci altrove senza nessun indugio e senza nessun aiuto diretto ma sopratutto indiretto. Parlarne è dare importanza. Non ritengo che ne abbia.

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