Tony alla battaglia di Londra

Di Newbury Richard
17 Maggio 2000
Come previsto, il laburista di sinistra Ken Livingstone, in rotta con la linea di Tony Blair, ha conquistato la poltrona di sindaco di Londra. “Il Rosso” governerà la metropoli più ricca e costosa del Continente, con un pil pro capite superiore due volte e mezzo alla media europea. Una vera e propria caput mundi che si è saputa rinnovare da un secolo all’altro. Ma nonostante la sconfitta, Blair resta fedele al suo progetto: devolution amministrativa e alleanza coi Liberaldemocratici. Come? Tornando al proporzionale

L’imperatore Claudio fondò Londinium nel 43 d.C. nel punto dove aveva attraversato il Tamigi e poco tempo dopo Tacito descriveva quella che sarebbe divenuta la città più importante nei territori occidentali dell’Impero come un “impressionante centro commerciale”. I Romani lasciarono Londra quattro secoli più tardi. Negli ultimi quattro secoli – cioè a partire dalla costruzione del Royal Exchange, il Rialto inglese, nei giorni corsari del 1570 all’epoca della regina Elisabetta – Londra ha conosciuto la nascita e il tramonto di un altro impero (stavolta autoctono), ma la sua attitudine all’autogoverno è sempre stata pragmatica, consapevole dei costi e commerciale piuttosto che teoretica, centralistica e imperiale. La creazione dell’Impero “commerciale” britannico è stata ispirata più dall’opportunismo di un Drake che dai progetti dei politici. Londra pertanto, mentre il “capitalismo gentiluomo” della City finanziava l’espansione coloniale, che in cambio forniva alla capitale ricchezza e una popolazione crescente, si sviluppò come un fungo su ciò che gli scrittori contemporanei come Swift e Pope o artisti come Hogart chiamavano la “corruzione” di un capitalismo rozzo e senza regole. Lentamente, secondo quanto aveva anticipato lo speranzoso Adam Smith, l’avidità privata si mise al servizio del bene pubblico. Da allora fino ad oggi le riforme dell’amministrazione di Londra, dove per secoli è vissuto un inglese su sette, sono state la risposta a considerazioni pragmatiche e commerciali.

Una capitale che cambia pelle senza pianificazioni Dagli anni ’60 Londra ha perso i suoi due ruoli tradizionali più importanti, quello di porto e centro manifatturiero, ma il collasso è stato evitato – e ora effettivamente la città sta vivendo un vero boom – perché ha conservato la sua funzione storica di centro dei servizi, capitale finanziaria, sede del governo centrale e insieme la sua vocazione di città turistica, dello svago e dello shopping. Eppure la crescita e l’espansione di Londra sono state pressoché libere da piani e direttive centralistiche. Il sistema londinese di amministrazione locale ha sempre mantenuto tratti caratteristici a motivo della sua condizione di capitale nazionale e delle sue dimensioni. Fino alle elezioni del sindaco che si sono svolte la settimana scorsa, il governo centrale ha sempre guardato con diffidenza il vicino rivale che governa il 12% della popolazione. Ed è sempre stato un problema definire quali siano realmente i limiti della conurbazione. Il vecchio miglio quadrato circondato da mura della City è ancora una città libera medievale governata da consiglieri comunali, che ogni anno eleggono un Sindaco dalle loro fila, sceriffi, corporazioni e giudici di pace. La City, che produce il 20% del pil britannico, nelle ore diurne ha una popolazione che arriva al mezzo milione di abitanti, ma i residenti sono solo 5500.

Verso la foce del fiume e sottovento c’era l’insalubre zona del porto e la zona industriale resa celebre da Dickens, mentre a monte si trovava il più ricco e modaiolo West End. Westminster, la sede del governo, era collegata alla City dalla Riva o Spiaggia e lungo il Tamigi si costruivano palazzi come quello di Sir Thomas More a Chelsea. La famiglia Grosvenor, Duchi di Westminster, diventarono gli uomini più ricchi della Gran Bretagna grazie alle rendite delle fattorie a Belgravia e Mayfair. Le aree commerciali come Soho si allargarono per dare spazio a piazze eleganti. Queste si trovavano nelle vecchie contee del Middlesex, del Kent, del Surrey e dell’Essex che erano governate ancora come distretti rurali, con in più 300 organismi semi-privati istituiti ad hoc e 10mila membri eletti per gestire polizia, strade, fognature, cura dei poveri e quant’altro. Tra il 1801 e il 1861 la popolazione di Londra passò da 865mila a 2,8 milioni di abitanti divisi in 99 distretti e si tentò di imporre il controllo metropolitano sulle strade e sulla rete fognaria. Negli anni ’70 del 1800 furono istituiti il Ministero dell’Educazione e della Sanità di Londra. Il desiderio di guadagnare quell’indipendenza che altre grandi città inglesi si erano conquistate portò nel 1888 alla formazione del Consiglio della Contea di Londra, che aveva però poteri limitati. Poteri più ampi ebbe invece il Consiglio metropolitano di Londra (Greater London Council)che nel 1963 diventò una sorta di organizzazione ombrello su 32 distretti amministrativi, con la responsabilità dei piani strategici di sviluppo, mentre restava ai distretti la gestione dei servizi.

Rivoluzione Thatcher, come ti cancello il sindaco Nel 1979 la signora Thatcher vinse le elezioni e per reazione Londra passò ai Laburisti di “Ken il Rosso” Livingstone, lo stesso che è appena stato eletto Sindaco di Londra. Il confronto ideologico portò prima a un ridimensionamento dei poteri e quindi alla soppressione del Consiglio metropolitano. I sobborghi londinesi conservatori lamentarono di dover pagare il socialismo della “Sinistra folle” del centro di Londra. I distretti amministrativi recuperarono il controllo del territorio e quelli come Westminster e Wandsworth diventarono pionieri della privatizzazione dei servizi, ma anche famigerati per le politiche di edilizia popolare fatte per esportare voti laburisti e incassare cospicui fondi statali. Comunque si trattò di una battaglia a cui parteciparono solo il 25% degli aventi diritto al voto. Londra, una economia da 150 miliardi di sterline, con una popolazione superiore a quella della Scozia, del Galles e dell’Irlanda del Nord, divenne responsabilità di un sottosegretario.

Il 5 maggio scorso Londra ha eletto direttamente il primo cittadino che nominerà il suo gabinetto e deciderà la destinazione dei 3,3 milioni di sterline del suo bilancio, che sarà approvato dall’Assemblea metropolitana di Londra, composta di 25 membri che hanno come compito principale quello di chiedere conto al Sindaco del suo operato nell’interesse di Londra. Può suggerire emendamenti e può respingere il bilancio con una maggioranza pari ai 2/3 dei votanti. I membri “One area” sono eletti a maggioranza semplice per ognuno delle 14 circoscrizioni elettorali che includono la City di Londra, mentre 11 membri allargati saranno scelti in base a un secondo voto di partito. Il sindaco che, come gli elettori, può essere inglese, cittadino di un paese Ue o cittadino del Commonwealth residente a Londra, viene eletto direttamente. Il costo del Sindaco, dell’Assemblea e i suoi 250 uomini di staff sarà di 20 milioni di sterline all’anno. Il sindaco avrà per la prima volta pieni poteri sui trasporti e sullo sviluppo economico attraverso due nuovi organismi, Trasporti per Londra (Tfl) e l’Agenzia di sviluppo per Londra (Lda). Attualmente la Polizia metropolitana, a differenza di tutte le altre forze di polizia britanniche che sono controllate democraticamente a livello locale, dipende dal ministero degli Interni. In futuro il Sindaco di Londra avrà parte nella scelta del Comandante della Polizia metropolitana. Avrà inoltre il controllo globale della pianificazione, dell’ambiente, del turismo, della cultura e dello sport.

Dopo la deregulation, l’ora della devolution La rivoluzione Thatcher, con la deregulation del mondo del lavoro e degli affari che ha anticipato la new economy, ha avuto anche l’effetto di distruggere quel mondo di rispetto e deferenza che lei stessa amava. E’ stata anche una politica molto “inglese” che ha provocato la crescita dei voti ai partiti nazionalisti di sinistra in Scozia e Galles. Nel 1997 nessun conservatore ha ottenuto una poltrona in nessuno di questi paesi. Il “Progetto Blair” era diviso in due parti. La prima consisteva nel modernizzare le istituzioni e laddove la Thatcher aveva deregolato, Blair demandava il potere al Parlamento Scozzese, all’Assemblea del Galles e adesso al Sindaco di Londra e alla sua Assemblea. Così come la deregulation sottrae al governo il controllo centralistico dell’economia, la devolution allenta il controllo politico di Westminster, cioè del centro. La Scozia ha eletto un governo di coalizione Lib-Lab mentre l’Assemblea gallese ha respinto il Primo ministro scelto da Blair. Adesso a Londra “Ken il Rosso” Livingstone, rifiutato come candidato ufficiale dai Laburisti, ha ottenuto una clamorosa vittoria e ha cominciato il suo discorso da vincitore “Come stavo dicendo, prima di essere interrotto così bruscamente…”. Per Tony Blair “Ken il Rosso” aveva rappresentato tutto ciò che aveva reso impresentabile il vecchio Labour e aveva fatto in modo che Livingstone, la cui dichiarata ambizione era “tenere in vita il virus socialista nei Laburisti” non fosse il rappresentante ufficiale del Partito dal quale adesso è stato espulso. Questo almeno Blair l’ha ottenuto, nonostante abbiano votato per “Ken il Rosso”, un veterano delle campagne populiste, un numero straordinariamente alto di elettori Conservatori e Liberaldemocratici, così come gran parte dei sostenitori Laburisti. La seconda parte del “Progetto Blair” è la riforma elettorale e la creazione di un “Centro Radicale” coi Liberalidemocratici e l’esclusione della vecchia sinistra laburista, quella appunto di “Ken il Rosso”, ottenibile introducendo la rappresentanza proporzionale per dar vita a una maggioranza stabile. La divisione tra Liberal e Laburisti ha consegnato il XX secolo ai Conservatori e Blair si rammarica costantemente che la sua massiccia maggioranza abbia reso impossibile avere Liberaldemocratici nel suo governo. Hague (leader dei Conservatori – ndr) ha avuto un buon successo conducendo una campagna in stile Haider contro chi cerca asilo in Gran Bretagna e ha conquistato il suo zoccolo duro del 30% dell’elettorato in queste Elezioni Locali, dove l’affluenza è stata solo del 30%.

Conservatori sempre sulla difensiva I Laburisti, che fanno “discorsi di destra e azioni politiche di sinistra” per mantenere il nuovo appoggio delle classi medie, hanno il problema di farsi votare dai loro sostenitori tradizionali delle classi operaie. Tuttavia il 5 maggio, all’elezione supplettiva di Romsey, con un’affluenza del 60%, i Conservatori hanno perso il loro 50esimo seggio più sicuro in favore di un Liberaldemocratico appoggiato dagli elettori Laburisti, e i discorsi populisti di Hague a proposito dell’“alluvione” di stranieri in cerca di asilo gli hanno alienato le simpatie dei conservatori delle classi medie. Inoltre il candidato Conservatore alle elezioni per il sindaco di Londra ha avuto un buon risultato dimostrandosi aperto al voto “rosa” omosessuale (14%) e alle minoranze etniche (25%). Hague sta attirando solo i sostenitori più fedeli, come faceva il vecchio Labour negli anni ’80. Il nuovo Labour, che ha conquistato il centro, adesso deve riuscire a entusiasmare di nuovo i suoi sostenitori tradizionali mostrando quanto i laburisti siani riusciti a redistribuire davvero la ricchezza.

Le reti informatiche e il management di gruppo stanno rimpiazzando le gerarchie della vecchia economia con risultati imprevedibili. La politica rispecchia questa situazione e lo stesso si può dire per gli esiti della devolution.

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