
Toghe politicizzate?
VIOLANTE, IL GARANTISTA
«Che la prima Repubblica sia caduta sotto i colpi di Tangentopoli è un mito interessato».
Luciano Violante, Corriere della Sera, 6 maggio 2003.
«Quando andai a trovarlo dopo la vittoria di Berlusconi nel 1994 per chiedergli se i pubblici ministeri non fossero diventati troppo potenti, mi consegnò un suo articolo scritto alla fine del 1993 per Micromega: “Questo potere… ha ormai assunto una dimensione patologica… Il centro di gravità del processo, invece di fermarsi sul dibattimento come luogo di verifica delle opposte ragioni dell’accusa e della difesa, è costituito dalle indagini preliminari, che rappresentano, per necessità, la fase più autoritaria del processo penale… Si aggiunga la sostanziale discrezionalità dell’azione penale per definire un quadro di proccupanrte concentrazione di poteri su una fase processuale nella quale i valori propri della giurisdizione sono meno presenti”. La firma non è di Gaetano Pecorella né di Carlo Taormina. È di Luciano Violante. Ancora non erano iniziate le indagini contro Berlusconi.
Bruno Vespa, La Grande Muraglia, Rai-Eri Mondadori, 2002
MAGISTRATURA POLITICIZZATA? 1
«È fin troppo ovvio che è totalmente falso che la magistratura sia politicizzata».
Armando Spataro, La Repubblica, 11 maggio 2003.
«Ho chiesto al ministro della giustizia Roberto Castelli quante rogatorie internazionali siano state chieste dalla procura di Milano per i processi contro Berlusconi rispetto ad altri celebri inquisiti. I risultati sono sorprendenti: per il Cavaliere e i suoi amici, fra il 1995 e il 2002 la Procura della Repubblica di Milano ha chiesto 309 rogatorie internazionali: 38 hanno come primo intestatario della richiesta Berlusconi, 271 i suoi coimputati. Questo significa che, per 309 volte, diversi Stati esteri sono stati invitati a fornire indicazioni su possibili azioni criminose riguardanti, direttamente o indirettamente, l’attuale presidente del Consiglio italiano. Per capire quanto questa cifra sia rilevante, basti dire che per Pierfrancesco Pacini Battaglia, secondo “classificato”, la procura milanese ha avanzato 80 richieste, per Bettino Craxi 22, per Marcello Stefanini (defunto segretario amministrativo del Pci) e il “finanziere rosso” Primo Greganti complessivamente 7, per il segretario amministrativo della Dc Severino Citaristi 2. Per Carlo De Benedetti, Milano non ha avanzato alcuna richiesta di rogatoria (ne esiste soltanto una della procura della Repubblica di Udine). Giovanni Agnelli non è mai stato inquisito né ascoltato come testimone. Per Cesare Romiti esiste una sola richiesta di rogatoria da parte della procura di Torino. Una curiosità da Palermo: 16 richieste di rogatoria internazionale per Giulio Andreotti, solo una in meno di quelle per Totò Riina».
Bruno Vespa, La Grande Muraglia, Rai-Eri Mondadori, 2002
MAGISTRATURA POLITICIZZATA? 2
«Mani Pulite avrebbe potuto investigare e cercare conti a 360 gradi, sarebbe potuto andare verso Torino o verso Bologna… e avrebbe trovato».
Michele Rusca, giudice del Tribunale di appello di Lugano, Tempi, 13 dicembre 1995
«Cominciai a rileggere certe relazioni dei congressi di Md (Magistratura Democratica, ndr), e con sorpresa trovai che molti dei nomi dei principali relatori erano gli stessi che leggevo nei giornali che riportavano le storie di Mani Pulite (…). In azione c’erano gli stessi magistrati che due decenni prima avevano dichiarato le loro intenzioni, usare la magistratura per portare una rivoluzione in Italia».
Stanton Burnett, politologo americano autore di “Ghigliottina italiana”, Il Foglio, 8 gennaio 2003.
BRUTI LIBERATI: COSA DEVE FARE LA MAGISTRATURA
«Il Presidente del Consiglio con le dichiarazioni degli ultimi giorni non ha contribuito ad accrescere la fiducia e il rispetto degli italiani nelle decisioni dei giudici».
Edmondo Bruti Liberati, Presidente dell’Anm,
La Repubblica, 8 maggio 2003.
«La magistratura non deve limitarsi a garantire spazi di libertà, ma deve appoggiare chi gestisce il dissenso per innescare un processo di ribaltamento dei rapporti di forza».
Edmondo Bruti Liberati, 1977 (citato in Giancarlo Lehner, Due pesi e due misure, Mondadori 1999).
LIBERTÀ (FORSE) E GIUSTIZIA
«Libertà e giustizia non esistono in assoluto; è inevitabile qualche limitazione dell’uno o dell’altro valore».
Saverio Borrelli, intervista a Enzo Biagi, Corriere della Sera, 17 maggio 1993.
Egregio signor Presidente, ho deciso di indirizzare a lei alcune brevi considerazioni prima di lasciare il mio seggio in Parlamento compiendo l’atto conclusivo di porre fine alla mia vita (…)».
Sergio Moroni, Lettera al Presidente della Camera Giorgio Napolitano, 4 settembre 1992.
«Avrei dovuto, quel giorno (l’8 settembre dando l’annuncio della lettera e del gesto di Moroni, ndr),
dire di più.
Ho poi sentito il rammarico di non essere stato più esplicito: di non aver espresso più apertamente la mia inquietudine per una situazione che tendeva a bloccarsi nella contrapposizione tra la tendenza a rimettere solo all’azione della magistratura, acriticamente e anche strumentalmente acclamata da una parte delle forze politiche, l’imperiosa necessità di una bonifica politica e morale, e il tentativo di opporvi resistenza, in vario modo, in seno al Parlamento».
Giorgio Napolitano, Dove va la Repubblica, Rizzoli, 1994.
REGIME? ALLORA IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI
«Regime scatenato: veleni su Prodi, Fassino, Dini»
Titolo di apertura de L’Unità, 8 maggio 2003.
«Chi ha governato questo Paese negli ultimi quindici anni mi ha tagliato fuori e tacciato di comunista solo perché sostenevo che il vero antidoto al degrado del sistema era l’alternanza. Sono stato il primo a parlare di regime. Un regime che ci ha dato la libertà di stampa e la scheda per votare, ma pur sempre un regime. Ora l’obiettivo è di liberarci da questo regime, e la cosa certa è che i giudici stanno facendo proprio questo. Ed è importante raggiungere lo scopo… un fine buono può giustificare i mezzi».
Carlo De Benedetti, Corriere della Sera, 18 maggio 1993.
«L’azione giudiziaria si ha quando si individua un reato e si cerca il colpevole. La persecuzione giudiziaria si ha quando prima si individua il colpevole e poi si cercano i reati da attribuirgli».
Silvio Berlusconi (19 settembre 1999).
Bruno Vespa, 1989-2000 Dieci anni che hanno sconvolto l’Italia, Rai-Eri Mondadori, 1999.
DI PIETRO: BERLUSCONI? NESSUN REATO
«Era il 20 luglio del ’93 e Di Pietro arrivò sconvolto all’appuntamento perché quella mattina si era suicidato in carcere Gabriele Cagliari. (…)
A fine pranzo gli chiesi come mai Berlusconi fosse rimasto lontano dalle inchieste della procura di Milano. Mi rispose Di Pietro: “Berlusconi finanzia i partiti trasmettendo quasi gratis i loro spot elettorali. Ma questo non è reato”.
Bruno Vespa, La svolta, Rai-Eri Mondadori, 1996.
PROTAGONISTI
«Ebbrezza da protagonismo, no. Che poi dia una gratificazione vedere la propria foto sui giornali, questo sì».
Francesco Saverio Borrelli, Il Giornale, 7 aprile 1993.
«Siamo servitori dello Stato, ma in questo Stato purtroppo così sgangherato siamo ancora quanto di meglio c’è».
Piercamillo Davigo, 1997.
«È un fatto che i magistrati protagonisti della stagione di Mani Pulite e i politici che se ne fecero interpreti non seppero indicare a quel periodo eccezionale della nostra storia obiettivi realistici. Produssero inoltre un eccesso di vituperio nei confronti dell’età precedente.
Non fecero mai sapere in quale giorno si sarebbe tornati alla normalità. Dettero anzi l’impressione di considerare quella del ’93 la “normalità” e che la meta fosse la trasformazione dell’Italia in un regno terreno della virtù».
Paolo Mieli, Corriere della Sera, 15 gennaio 2003.
DE BENEDETTI A ROMA
«Ormai c’è un accanimento contro la stampa. Questi (la maggioranza, ndr) sono incattiviti verso la categoria».
Enzo Biagi, 8 maggio, 2003.
«La notizia dell’arresto dell’Ingegnere sulla prima pagina dell’Espresso fu data con la seguente valenza turistica: “De Benedetti a Roma”».
Giancarlo Lehner, Storia di un processo politico, Mondadori, 2003.
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