Il Deserto dei Tartari
Tipi come Fluke, Annunziata e Obama distruggono quel pudore che Dalla difendeva
Altro che ipocrisia, altro che guerra alla salute delle donne. Il testacoda politico-sessuale a cui abbiamo assistito nel week-end è un altro chiodo sulla bara che contiene una delle meraviglie di cui gli esseri umani sono capaci: il senso del pudore. I becchini si chiamano Sandra Fluke, Barack Obama, Lucia Annunziata, Michele Serra, Franco Grillini e Paola Concia, del manifesto funebre s’è occupato il Corriere della Sera.
Un insulto è un insulto, e dare della “slut” (puttana, bagascia) a una donna di 31 anni che davanti a un panel di congressisti Usa democratici rivendica l’inclusione obbligatoria delle spese per la contraccezione nelle assicurazioni sanitarie, pure quelle a cui sono tenute le università cattoliche, è senz’altro segno di maleducazione. Anche se la signora in questione, Sandra Fluke, asserisce di spendere annualmente in contraccettivi l’incredibile cifra di 1.000 dollari. Rush Limbaugh, il conduttore radiofonico che l’ha apostrofata, dunque ha sbagliato. Anche perché una parola forte per biasimare l’esibizione della signora Sandra c’è, non è insultante e definisce perfettamente ciò che merita di essere criticato nel suo comportamento. È la parola oscenità. La performance della Fluke è oscena. Esibire in pubblico i propri atti sessuali è osceno, ed è ciò che la signora Sandra ha fatto. Un anno di pillole anticoncezionali non può costare più di 300-350 dollari. Dobbiamo perciò ipotizzare che gli altri 650-700 dollari se ne vadano in preparati e attrezzature utili a prevenire il contagio di malattie veneree; se ne deduce che la Fluke frequenta molti partner ed è dedita a pratiche ad alto rischio dal punto di vista delle infezioni contraibili. Sandra Fluke dispiega la sua vita sessuale di fronte al Congresso degli Stati Uniti e al mondo intero al fine di vedersi rimborsare dalla mutua un migliaio di dollari. Qualcosa che i nostri padri e nonni non avrebbero potuto immaginare nemmeno in un romanzo di fantascienza. Di fronte ad una tale catastrofe antropologica, la parolaccia di Limbaugh fa la figura di una puntura di spillo dentro a una macelleria dove i coltelli fanno schizzare sangue da tutte le parti.
Ma la parte più sconcertante della vicenda è la discesa in campo di Barack Obama che incoraggia e sostiene la signora e la rincuora dicendole che i suoi genitori saranno orgogliosi di lei, gli inserzionisti che boicottano la radio di Limbaugh e definiscono Sandra «questa coraggiosa e ben intenzionata giovane donna», l’inviato del Corriere che racconta tutta la storia esibendo solo simpatia per la vittima dell’insulto, senza entrare nel merito della stravagante richiesta di sesso spesato a piè di lista. Sandra Fluke non merita insulti, ma non merita nemmeno questi apprezzamenti positivi. Chi li fa ha perso completamente il senso della realtà, soprattutto ha perso la distinzione fra pubblico e privato, fra personale e politico, fra intimità ed esteriorità, fra pudore e oscenità.
Ancora peggio quello che è successo in Italia col funerale di Lucio Dalla a Bologna. Lucia Annunziata, che al funerale non ha partecipato, se ne è venuta fuori con accuse di ipocrisia alla Chiesa e alla società italiana in generale, che concederebbe i funerali in cattedrale e altri onori cattolici anche agli omosessuali, a condizione che non si dichiarino pubblicamente. Subito si sono messi nella sua scia Grillini e Concia, per denunciare l’intollerabile emarginazione dei gay in Italia, e Michele Serra su Repubblica per ribattere il chiodo dell’ipocrisia. Ma che pena. Tanto per cominciare, il record del mondo dell’ipocrisia l’hanno battuto i quattro signori di cui sopra, per un semplice fatto: a mantenere la discrezione sul proprio orientamento sessuale, a non farne una bandiera e soprattutto a non farne oggetto di rivendicazioni politiche è stato, fino alla morte, lo stesso Lucio Dalla. Se fossero logici e coerenti, i quattro dell’Apocalisse dovrebbero denunciare anzitutto l’ipocrisia del defunto, di cui quella della Chiesa bolognese sarebbe solo una prosecuzione. E non vale certamente l’argomento che la condizione degli omosessuali in Italia e nel mondo dello spettacolo è talmente orrenda che il cantante non poteva permettersi il cosiddetto “outing” (gay, outing: questa gente è specialista in inglesismi dal suono e dal senso ridicoli). Non diciamo cazzate, un mostro sacro come Dalla poteva permettersi quello ed altro, e l’Italia non è l’Iran. Allora forse bisognerebbe prendere in considerazione l’idea che sia Dalla che la Chiesa cattolica avevano e hanno le loro buone ragioni quando fanno mostra di discrezione e di riservatezza, e queste ragioni si riassumono in una parola: pudore.
Lo scontro fra Dalla e la Chiesa da una parte, le Annunziate e i Barack Obama dall’altra, non è quello fra ipocrisia e parresia (veracità, autenticità), ma fra chi difende l’intimità dell’uomo e chi la annulla attraverso l’oscenità; fra chi è convinto che la sessualità può contribuire alla felicità della persona se resta fedele alla dimensione personale, se non diventa spettacolo, e chi è convinto che tutto è politico, che l’uomo ha diritto alla felicità sessuale e che a questo fine è necessaria una lotta politica. Come si vede la contrapposizione è talmente radicale da relativizzare persino il giudizio morale della Chiesa sull’omosessualità, giustamente definita “intrinseco disordine”. Il minimo che si deve dire degli atti omosessuali è che hanno poco a che vedere col significato intrinseco della sessualità: il sesso è donazione reciproca senza riserve, talmente totale da comportare la possibilità di un concepimento che andrà a sconvolgere la vita degli amanti; agli amanti omosessuali questo esito è precluso per natura, per loro il sesso resta un piacevole gioco (soggettivamente), che può indubbiamente generare sentimenti d’amore anche molto forti. E tuttavia Lucio Dalla aveva compreso perfettamente quello che non solo la Chiesa, ma ogni persona intelligente non ancora investita dalla mutazione antropologica post-moderna, sa: nel momento stesso in cui viene politicizzato, il sesso perde ogni pudore, diventa pubblico e perciò osceno; diventa spettacolo, e tutto ciò che è spettacolo separa l’uomo dai suoi stessi sentimenti, lo spossessa del suo stesso corpo, ridotto a campo di battaglia di una lotta per il potere. Altro che ipocrita: Lucio Dalla difendeva la propria intimità e la propria dignità contro la reificazione del corpo e dell’anima che è la conseguenza dell’esibizione della sessualità e della sua politicizzazione. Contro la desensibilizzazione del corpo che è la conseguenza dell’esibizione sessuale: sia quella del mondo dello spettacolo, sia quella della militanza politica Lgbt. Come scrive Alain Finkielkraut, commentando i Gay Pride e le rivendicazioni politiche del movimento Lgbt: «Quando i sensi non tremano più, l’essere non si può dire che in una sola maniera: perentorio. (…) Facendo sfilare le loro pratiche sessuali come manifestanti in collera, “i giovani gay e le giovani lesbiche” ostentano oscenità sindacale e provocazione pontificante». Lucio Dalla tremava, e perciò amava; le Sandra Fluke di questo mondo non hanno mai tremato, e di conseguenza non hanno mai amato.
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