Avviso ai lettori: questo articolo contiene spoiler sul film “The Menu”
Un’ultima cena a cui partecipano dodici commensali e da cui esce “redenta” solo una prostituta dai lunghi capelli rossi. Non ci sono dubbi sui riferimenti evangelici nel film The Menu (disponibile su Disney+) con protagonista Ralph Fiennes nei panni dell’inquietante e venerato chef Julian Slowik.
Ai pochissimi clienti che hanno pagato una cifra assurda per un evento gastronomico unico viene servito un elaborato e raffinato menù da cui manca il pane, scelta precisa dello chef e accompagnata da un lungo monologo sul legame dell’umanità con il pane quotidiano.
«Sì, chef!»
Ecco la tavola a cui siamo invitati a sederci. Il tutto si svolge su una piccola isola in cui natura ed esseri umani sono servi devoti delle prestazioni impeccabili del ristorante. È il tempio sacro di quel piccolo lembo di terra e lì approdano gli ospiti con quella specie di pellegrinaggio contemporaneo che è partecipare a «un evento esclusivo in una location esclusiva». Sulla falsa riga dei famosi dieci piccoli indiani, la trama vira su uno stillicidio di delitti che culmina in un omicidio collettivo.
Potrebbe essere una macabra parodia dell’idolatria riservata ai cuochi e che da anni va in scena nei cooking show. Il mantra «Sì, chef» è ossessivamente ripetuto come l’amen che spetta alla divinità. Ma c’è qualcosa di più.
Il banchetto dei golosi senza gusto di “The Menu”
Ogni ricco commensale arriva a quella che scopre essere l’ultima cena della sua vita portandosi dentro una colpa che anziché trovare redenzione trova punizione. La sala, teatro degli eventi, si trasforma in un girone di fraudolenti che hanno perso il gusto della vita e lo compensano con l’ebbrezza del lusso gastronomico. Lo spettacolo dell’impiattamento, la venerazione dell’ingrediente biologico, il sapore inebriante, la storia dietro la scenografia di ogni portata. E il vuoto e il male dentro l’anima di ciascuno. Una fame irrisolta in tutti e una tavola da cui manca il pane.
È l’ultima cena senza Cristo o il banchetto stellato dei golosi senza gusto. Gesù scelse di mangiare insieme ai suoi dodici amici prima di incamminarsi sulla via dolorosa che avrebbe portato alla Redenzione. Spessissimo qui e ora, attorno a noi, si ripete un rito opposto (che la logica commerciale insiste nel definire esperienza, ma è solo un’etichetta posticcia), quello di un’umanità che avrebbe bisogno di implorare misericordia, ma si rimpinza di sofisticherie da centellinare, assaporare, sorseggiare, assaggiare. Guai a usare il verbo «mangiare».
Questo genere di umanità implode, si lascia ammazzare abbracciando lo spettacolo della propria carneficina come epilogo clamoroso, e surrogato di una salvezza che manca: il cliente non è diverso da un ingrediente, sta al suo posto in un menù pensato da un altro poi viene divorato. La libertà è sacrificata sull’altare dell’illusione scenica, così sia.
“The Menu” e la voce che grida «ha fame»
L’unica sopravvissuta alla mattanza di questa cena infernale è la prostituta Margot (interpretata da Anya Taylor-Joy), la sola capace di esprimere il bisogno di essere sfamata. Obbliga lo chef a cucinarle un grosso e succulento cheeseburger. Margot appartiene al mondo in cui la carnalità anche disordinata e brutale non cade nella trappola della sofisticatezza diabolica. Il cheeseburger va addentato, mica assaporato, e soprattutto c’è il pane. La “peccatrice” si libera dalla trappola mortale riconoscendo un bisogno primordiale.
Sulle nostre tavole sovrabbondanti manca l’essenziale: la voce che grida «ho fame». La venerazione dell’ingrediente insolito, l’equilibrio magico dei sapori e delle consistenze, la magia dell’impiattamento servono proprio a far dimenticare quel fiato che ci sbatte in faccia il limite, la dipendenza, la non autosufficienza.
Vuoi soddisfare il palato o hai bisogno di nutrirti? È una domanda metaforica che va oltre la sfera puramente gastronomica e The menu è un ritratto sincero del nostro tempo pieno di banchetti e vuoto di gusto, in cui aumentano i clienti e diminuiscono gli amici, stracolmo di idoli e privo della compagnia di un Dio che offre pane e vino.