Un cacciatore di taglie in viaggio con la sua preda in un Wyoming sommerso dalla neve.
Premesso che anche il filmino della Comunione di Quentin è interessante a prescindere e probabilmente vale metà della produzione dei colleghi, questo suo ottavo film è una spanna sotto i precedenti.
Cinefilo e colto, spettacolare dal punto di vista tecnico e visivo, The Hateful Eight è spaccato in due. Una lunga prima parte introduttiva in cui Tarantino si piglia un’ora abbondante per presentare i suoi personaggi: cacciatori di taglie, brutti ceffi, uno sceriffo che forse non è uno sceriffo. Samuel L. Jackson che sembra un predicatore. Citazioni svariate, dal western puro e classico di John Ford alle musiche di Morricone con cui il grande compositore romano cita se stesso, a Peckinpah e il suo Il mucchio selvaggio, all’immancabile Leone.
Stacco netto e la seconda parte è una tragedia cupa girata tutta in interni con parecchia violenza gratuita dove i riferimenti sono il giallo classico, Le iene e Shakespeare.
The Hateful Eight, di Quentin Tarantino
Foto Ansa