
Teste di Taepodong
Tokyo. Ebbene alla fine l’ha fatto. Incurante delle minacce di ritorsione giapponesi e americane, indifferente alle pressioni del governo cinese e alle preoccupazioni di quello sudcoreano, alla fine la Corea del Nord ha deciso di fare un test di lancio missilistico del nuovo missile Taepodong 2, stracciando spudoratamente una moratoria ai test di lancio convenuta anni fa con gli Usa. Sfortunatamente per Pyongyang, ma fortunatamente per il resto del mondo, il test s’è rivelato un fallimento, con il missile che è finito a schiantarsi nel Mare del Giappone al largo della Siberia, a varie centinaia di chilometri dalle coste giapponesi, mentre almeno sulla carta avrebbe dovuto essere in grado di raggiungere il territorio americano delle Hawaii e dell’Alaska. Il Taepodong è poi stato seguito dal lancio di altri sei missili a minore gittata (apparentemente del tipo Nodong), finiti anch’essi nel Mare del Giappone senza particolari conseguenze.
Immediate le reazioni di Giappone e Usa, accompagnate della riprovazione russa e dal rammarico cinese e sudcoreano. Il “colpo di testa” nordcoreano avrà con estrema probabilità gravi ripercussioni sulle sempre aperte trattative diplomatiche, dando ampio margine di manovra alle fazioni più intransigenti di Giappone e Stati Uniti e lasciando in stato di sincero imbarazzo Pechino e Seoul, che da tempo puntano su una politica “soft” con il regime vetero-stalinista di Pyongyang. Va da sé che da parte nordcoreana, tutto questo era stato previsto: non sarebbe la prima volta che il regime spariglia le carte in tavola con fare aggressivo (si veda la dichiarazione di sviluppo di armi atomiche).
CONFERME CHE ESISTE L’ASSE DEL MALE
Apparentemente, però, il vero fallimento del lancio consiste nell’esito pratico del test, ovvero nel fatto che il nuovo missile intercontinentale non è arrivato neppure alle acque territoriali giapponesi. La vendita di tecnologia missilistica è una delle principali fonti di introiti per il reclusivo regime nordcoreano. A suo tempo, il buon esito del lancio del Taepodong 1 oltre i cieli del Giappone nel 1998 non solo costrinse Usa e Giappone a prendere sul serio la minaccia militare nordcoreana, ma soprattutto costituì un’ottima forma di pubblicità. Ora, da quello che si è visto, questo nuovo Taepodong 2 non sembrerebbe proprio un buon investimento e si può immaginare che le casse di Kim Jong Il ne risentiranno.
Ora la vera preoccupazione degli Stati Uniti (e non solo) non è tanto la Corea del Nord, quanto piuttosto l’Iran, il quale, tra l’altro, non solo fu accomunato ad essa dal presidente George W. Bush nel famigerato “Asse del Male”, ma, per inciso, risulta essere anche uno dei maggiori acquirenti di tecnologia missilistica nordcoreana. Sarà interessante vedere se l’amministrazione Usa traslerà il concetto di inaffidabilità di uno “Stato canaglia” come la Corea del Nord nei confronti di un altro “Stato canaglia” come l’Iran per motivare un più rigido atteggiamento verso il programma nucleare della nazione mediorientale.
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