La preghiera del mattino
Un terzo polo in Italia semplicemente «non c’è»
Su Formiche Francesco Scisci dice: «In base all’accordo sino-vaticano del 2018, rinnovato poi nell’ottobre 2020 e 2022, la scelta dei nuovi vescovi cinesi dovrebbe essere condivisa da Santa Sede e autorità di Pechino, ricorda AsiaNews. Ma a novembre il Vaticano aveva denunciato la violazione dell’intesa da parte delle autorità cinesi con la nomina di monsignor Giovanni Peng Weizhao come vescovo ausiliare della diocesi di Jiangxi. Ora si apre anche la questione della diocesi di Haimen (Jiangsu), di cui monsignor Shen era il pastore (ordinazione arrivata con riconoscimento papale nel 2010). Sul sito cinese di messaggistica WeChat, il nuovo vescovo di Shanghai ha dichiarato che continuerà a portare avanti la tradizione di “patriottismo e amore” per la Chiesa nella città cinese. In quello che AsiaNews definisce “un forte richiamo ai dettami del Partito”, il monsignore ha sottolineato che aderirà al principio di indipendenza e auto-amministrazione, e si atterrà agli sforzi di “sinicizzazione” del cattolicesimo in Cina».
Se fallirà il tentativo di compromesso, ricercato in questi ultimi anni, tra il Vaticano e il Partito comunista cinese, ci potrebbero essere anche serie conseguenze politiche in Italia, perché quell’area di cattolici che sostiene le posizioni pro Pechino di Giuseppe Conte e Romano Prodi, potrebbe incontrare più di una nuova difficoltà.
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Su Strisciarossa Antonio Floridia scrive: «Ma in vista delle prossime politiche, quale che sia la loro data, le cose sono molto chiare: posto che ben difficilmente si riuscirà a cambiare la legge elettorale (che il centrodestra non ha il minimo interesse a toccare), e posto che saranno necessarie delle alleanze, anche solo tecnico-elettorali, cosa fare per evitare il remake del disastroso 25 settembre 2022 (di cui ora stiamo constatando gli effetti, misurando l’irresponsabile leggerezza con cui tutto il centrosinistra e il M5s hanno affrontato queste elezioni)? Sarebbe bene pensarci per tempo, e avere (tutti) un po’ di lungimiranza».
Vecchio dilemma del Pci: vengono prima i programmi o le alleanze? La risposta allora era: senza una visione delle alleanze i programmi sono sempre astratti. Però nella Prima Repubblica quando si discuteva di “alleanze” si parlava non solo di quelle politiche ma anche di quelli sociali: a sinistra sul come costruire un rapporto tra lavoratori dipendenti e ceti medi, e a destra su come dare centralità, con le opportune alleanze anche sociali, alle aree extra-urbane così determinanti nello scenario italiano. Ora una riflessione sulle alleanze “sociali” è maggiormente viva a destra. Mentre a sinistra si tende a concentrarsi sul consenso molto mediatico degli elettori delle cosiddette “zone a traffico limitato”, un consenso però deludente sul piano dei voti.
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Su Huffington Post Italia Alberto Gentili scrive: «Il Terzo Polo fallisce anche in Friuli. L’ultima spiaggia sono le Europee del 2024. Non tira una bella aria, e infatti Renzi si prende una pausa. Viaggio nel partito che non c’è».
Come è evidente, non esiste uno spazio per un vero “terzo polo” tra destra e sinistra, in Italia. Da una parte c’è uno schieramento conservatore che man mano sta prendendo forma e strutturandosi anche socialmente, dall’altra c’è una sinistra che non riesce invece ancora a trovare un equilibrio tra le sue istanze sociali quelle ecologistiche e quelle liberal concentrate sui diritti civili, ma se non trova un equilibrio, non lascia neanche uno spazio al centro. Personalmente penso che sarebbe opportuna una legge elettorale basata su collegi uninominali insieme a primarie ben regolate e finanziate dallo Stato, per corrispondere ai processi politici concretamente in atto. Ma tra questi due schieramenti ci sarebbe poi eventualmente lo spazio per forze critiche liberali come quelle che, per esempio, esistono in Gran Bretagna? La condizione per l’esistenza di forze del tipo richiamato poggia innanzi tutto sull’esistenza di una borghesia “illuminata”, che in Italia c’era con i Mattioli, i Cuccia, i Leopoldo Pirelli, ma che al momento appare assai poco consistente.
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Sul Sussidiario Antonio Fanna scrive: «Non è che per l’indomani ci fosse da aspettarsi una raffica di titoli pro Meloni sui grandi giornali, ma neppure il silenzio d’ordinanza generalizzato. Nemmeno i tre quotidiani di centrodestra citano Gentiloni, che compare in due occhielli, su Corriere della Sera e Stampa, e in un sommario del Messaggero. Se va bene, la conferma che sarà possibile modificare il Pnrr italiano viene nascosta all’interno. In prima pagina Stampa e Repubblica ricordano comunque, a caratteri cubitali, che “il Pnrr è a rischio” e che “è finito solo l’1 per cento dei progetti”. Tuttavia, assieme a Gentiloni, è sparito pure Mattarella. Dopo le incontestabili aperture europee, nessuno può più sostenere la tesi che venerdì il capo dello Stato abbia sgridato la presidente del Consiglio sul Pnrr. Perciò meglio glissare. Ma se questo è vero, vuol dire che in realtà i titoloni allarmistici di sabato erano privi di fondamento. È semplicemente una “narrazione” tesa a screditare il governo. Così, giusto perché si sappia».
Un’altra condizione per un terzaforzismo critico-illuminato sarebbe quella di una stampa autorevole che gli creasse una spazio con analisi e riflessioni non partigianamente schierate. Anche questa appare una condizione oggi poco presente nel nostro paese.
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