Ne parlano tutti, intendo La vita è bella di Benigni. Trovo da ridire, non per intero, su un punto solo, il titolo. Da un lato trovo buono che l’esserci del “bello”, o del kalón alla greca, venga da Benigni associato alla presenza, o magari funzione, di un padre: faccio questa distinzione perché se padre significa fonte di soluzione – come è proposto dal film – una tale funzione potrebbe essere assunta anche da altri, compresa la madre (io valorizzo spesso la lingua spagnola in cui, per dire i miei genitori, posso dire i miei padres). E il padre del film profonde tesori di pensiero inventivo per produrre giorno dopo giorno le più diverse varianti della soluzione da lui escogitata. D’altro lato, il film si regge sulla morte del padre. Se no, imaginando un seguito, che cosa risponderebbe poi questo padre al figlio cresciuto che lo interrogasse – non dico polemicamente – sull’avere escogitato proprio quella soluzione?, consistente nel sostenere una Teoria (gioco, “bellezza”) in flagrante contrasto con la realtà e con le osservazioni del bambino. Solo una risposta empirica: quella di non avere trovato niente di meglio, che si sopravvive come si può. Salvo che sostenga la Teoria come universale, ma allora sarebbe un padre morto prima durante e dopo.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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