Potrei raccontarti di tutte le volte in cui lei se ne andò e poi se ne pentì. La volta che le regalai una bottiglia di vino della Pace (produzione ridotta in quel di Gorizia) e per rabbia lo versò nel lavandino. Dell’altra che mi comprò un servizio in ceramica di Camastra e io, in modo metodico, le distrussi in cucina (non ho detto che sono una santa). Eravamo tanto adirate certe volte che avremmo bruciato l’intera tavola di Carlo Magno, meno le fiandre, meno i tovaglioli. In qualche modo, quei dettagli li avremmo salvati. C’era come una grazia nel minuscolo dove ci affollavamo, nella punta di spillo dove danzavano i nostri angeli che nulla avrebbe sfiorato. Così, dopo la litigata, io conservai i semi di margherita che mi aveva regalato perché li piantassi, lei tutti quegli sciocchi bigliettini che le avevo inviato nelle occasioni più disparate.
Oppure potrei dirti delle vacanze in estate. Quando tornando, mi guardò e concluse: mai ho passato delle vacanze così terribili nell...
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