Tar, ovvero “Totale anarchia di regole”. Qualcuno argini i tribunali amministrativi
Una cosa è certa: per l’accresciuto potere e per l’incredibile ampliamento della competenza dei Tar, la loro stessa sigla ormai ha cambiato significato e oggi vuole dire “Totale anarchia di regole”. I Tar sono un po’ il simbolo della giustizia italiana e del caos nel quale si agita: giudicano su tutto e su tutti. Esondano. Straripano. Alluvionano la giurisdizione. Dalle bocciature scolastiche ai campionati di calcio, dall’edilizia al fisco, non c’è campo dell’agire umano sul quale i giudici amministrativi non abbiano da intervenire, sindacare, decidere, ordinare, annullare.
Sempre in questo bollente maggio, e solo per fare pochi esempi casuali, è accaduto che a Caria, frazione di paesino con appena 240 abitanti dalle parti di Vibo Valentia, il Tar calabrese abbia decretato la riapertura dell’ufficio postale che era stato chiuso in febbraio dalle Poste perché costava troppo per quel pubblico così limitato. Ma è accaduto anche che il Tar delle Marche abbia ammesso la costruzione di un grosso rustico sul poetico ermo colle di Leopardi, a Recanati, censurando per la seconda volta la Soprintendenza alle belle arti che disperatamente cercava di opporsi. Mentre il Tar del Lazio (ancora lui) ha sospeso il taglio degli ulivi centenari deciso dalla Regione Puglia per cercare di ostacolare la diffusione della “Xylella fastidiosa”, l’orrido batterio killer che ha già contagiato un milione di alberi nel Salento e minaccia altri 15 milioni di piante.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Per fortuna c’è la Corte di cassazione. Che, per lo meno, ha frenato la verve dei Tar in campo penale. Il 25 maggio la Corte ha stabilito che non sia stato legittimo l’intervento del Tar napoletano che mesi fa aveva reintegrato nella carica i due sindaci di Napoli e di Salerno, Luigi De Magistris e Vincenzo De Luca, condannati in primo grado per reati contro la pubblica amministrazione e pertanto dichiarati decaduti dal prefetto in base alla legge Severino (varata alla fine del 2011). La Cassazione ha stabilito che la competenza sulla materia non spetta al Tar, ma al tribunale ordinario. Tutto da rifare, dunque. Con qualche secondaria incertezza sui risultati delle regionali campane del 31 maggio.
Attenzione però: lo stesso Tar di Napoli, sulla base della segnalazione del ricorrente De Magistris, nel frattempo ha sollevato una questione d’incostituzionalità della stessa legge Severino. Che cosa accadrà, adesso? La Corte costituzionale si fermerà? Dovrebbe, a rigor di logica giuridica. Se la Cassazione dice che un Tar non può decidere sull’applicazione della Severino, a maggior ragione non dovrebbe potersi occupare nemmeno della sua presunta incostituzionalità. Ma non è detto. Ricordatevi che, dopo tutto, siamo in Italia: il paese della Totale anarchia delle regole…
Foto Ansa
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3 commenti
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Si discute di un problema che prescinde da connotazioni confessionali o anti-confessionali: e alle toghe si contrappongono le tonache: e addirittura, “la Chiesa si esprime su tutto”, cosa inaudita, cosa intollerabile, che la Chiesa faccia senti la sua voce sui problemi della società in cui viviamo, cattolici e non: e anche se, quanto a tacere, la Chiesa sull’attivismo interventistico dei T.A.R. non si è pronunciata. Si vorrebbe la “Chiesa del silenzio” e “i cattolici silenziati”. Poi, quando i cattolici stanno zitti e In Piedi, allora, no, non va bene neppure il silenzio dei cattolici.
Invece quando è la Chiesa che si esprime su tutto (Titolo V della Costituzione, codice di procedura penale, finanza locale) è una figata, vero? Zitti i TAR, parlino le tonache.
paese TARocco