
Tamaro e Verga: lezione contro i corvi dei media

Susanna Tamaro parteciperà all’incontro “Sarete liberi davvero” con mons. Massimo Camisasca all’evento organizzato da Tempi a Caorle “Chiamare le cose con il loro nome” (16-18 giugno). In quell’occasione a Tamaro sarà consegnato il Premio Luigi Amicone 2023.
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Piccolo esempio di come funziona l’informazione in Italia. Nei giorni del Salone del libro di Torino le pagine dei quotidiani hanno dato ampio spazio alle contestazioni alla ministra Eugenia Roccella e alle dichiarazioni della scrittrice Susanna Tamaro che, così hanno riassunto a una sola voce siti e giornali, avrebbe detto durante uno degli incontri in fiera: «Basta con Verga, non se ne può più, lo odiavo già alle medie. Fate leggere il mio Va’ dove ti porta il cuore». È bastato un video postato sui social e un’intervista-resoconto sul dorso torinese del Corriere (intitolata appunto “Susanna Tamaro: «Basta con Verga. A scuola si dovrebbe leggere “Va’ dove ti porta il cuore”»”) per creare il caso.
E il contesto? E il ragionamento legato a quelle parole? E il tono con cui sono state pronunciate? Sparito e triturato da un sistema che funziona sempre più come copia&incolla di un titolo, di uno slogan, di una provocazione che genera altre reazioni, altre polemiche, altre prese di posizione da parte di chi non ha troppo interesse a capire, ma solo a reagire.
Il ronzio di sottofondo
Accade così da tempo, e non è un bel vedere. Azione-reazione; nient’altro. Tutto è sminuzzato e triturato, entra nel gran calderone del flusso di notizie, alimenta quel chiacchiericcio h24 che è diventata l’informazione “all-news”, un ronzio che fa da sottofondo alle nostre giornate smemorate.
Sulla base solo di quel titolo Vittorio Coletti, docente di Storia della lingua italiana a Genova e accademico della Crusca, s’è sentito in dovere di «bacchettare», questo il verbo usato dai giornali, Tamaro, facendole una lezione di storia su Verga e i Malavoglia. Per non parlare poi delle migliaia di commenti girate sui social da parte di chi s’è sentito in dovere, dall’alto dei suoi studi o per aver letto forse una volta una novella del Verga, di spiegare a Tamaro quanto fosse sbagliata la sua posizione.
Siate liberi, leggete (anche Verga)
In questo piccolo esempio di come funziona l’informazione in Italia, per fortuna, questa volta, è capitato qualcosa di diverso. Tamaro ha preso carta e penna e ha spiegato in un articolo sul Corriere come, in realtà, erano andate le cose (“Siate liberi, leggete (anche Verga)“).
La scrittrice ha così raccontato la sua sorpresa per come sono state manipolate le sue dichiarazioni, il tono ironico con cui aveva consigliato i suoi libri e l’amarezza per essere stata trascinata in una polemica che lei non aveva alcuna intenzione di suscitare. Di più: ha voluto spiegare ai lettori quel che nessun giornalista aveva fatto, e cioè il contesto in cui aveva espresso le sue idee:
«L’intervista incriminata verteva sul problema della non lettura di libri da parte dei ragazzi e di come poterla incoraggiare. Io mi sono permessa di dire quello che pensavo, vale a dire che la capacità di leggere libri nella scuola italiana decresce con il passare degli anni: i bambini della scuola primaria, infatti, adorano leggere e lo fanno con passione; quelli delle medie iniziano già ad essere più svogliati e distratti ma il tracollo avviene alle superiori, tanto che la scuola italiana viene da sempre considerata una sfornatrice di non lettori seriali. È lecito chiedersi perché o bisogna continuare a far finta di niente? Certo ci sono insegnanti e ho molti amici tra questi che si prodigano con successo a fare amare la letteratura anche alle superiori ma, in media, avviene una sorta di spegnimento, e da questo torpore risulta poi difficile svegliarsi, soprattutto in un’epoca che offre continue, più appetibili e facili distrazioni».
Letture obbligate
E giusto per non accusare nessuno, Tamaro ha portato come esempio di lettrice un po’ distratta proprio se stessa che, in giovane età, faticava ad appassionarsi a certe letture.
«Per questa ragione posso rasserenare tutti quelli che temono da parte mia un atteggiamento fascista: non voglio assolutamente che i miei libri vengano imposti nelle scuole, si trattava di una battuta ironica e paradossale detta alla fine dell’intervista, come esempio di una lettura che magari avrebbe potuto interessare anche gli adolescenti. Il mio era un semplice invito a rivedere il piano di studi di italiano fermo agli anni Sessanta. Ai miei tempi, il Verga si studiava già alle medie, per poi approfondirne lo studio al liceo. Non metto minimamente in dubbio che il padre del verismo sia uno scrittore di prima grandezza, la mia perplessità riguarda il fatto che, se continua a venir imposto come lettura obbligata, rischia di provocare un rifiuto negli studenti, come del resto succede, ahimè, per tutti i grandi autori che si studiano a scuola. Personalmente, per innamorarmi pazzamente del Leopardi ho dovuto aspettare i trent’anni e, per provare lo stesso sentimento di stupore e ammirazione nei confronti dei Promessi sposi, sono arrivata alle soglie dei cinquanta. Questo che cosa vuol dire? Che allora non avevo capito niente e li avevo vissuti come degli angosciosi obblighi senza senso».
La forza feroce dei corvi
Insomma, Tamaro ha fatto quel che nessun organo di informazione s’è preso la briga di fare: è andata oltre lo slogan del titolo, ha circostanziato, ha spiegato, ha proposto una sua opinione a partire da una problema serio e riconosciuto. Non solo, e qui sta la parte più interessante dell’articolo, ha puntato il dito contro quel sistema di cui lei – e non è la prima volta – è stata vittima. Contro quella «perversa e gravissima omologazione» dei media che non fa altro che fare da cassa di risonanza a «effimeri anatemi, amplificati a dismisura dai social».
E lo ha fatto con un’immagine che merita di essere riportata:
«Da una decina d’anni accade qualcosa di inquietante nel mondo naturale di cui sono un’attenta osservatrice. Gli uccelli appartenenti alla famiglia dei corvidi – cornacchie grigie, gazze, ghiandaie – stanno subendo una crescita esponenziale. Sono animali molto intelligenti e longevi, dunque capaci di accumulare esperienza; essendo onnivori, in città si nutrono volentieri di spazzatura ma, in campagna, il loro cibo preferito è costituito da pulcini e uova di altre specie, che colpiscono con rapidità e ferocia. La loro attività predatoria sta facendo così calare drammaticamente il numero dei piccoli e meravigliosi cantori: cardellini, capinere, pettirossi e usignoli.
Non è lo specchio di quello che sta accadendo nella nostra società? La forza feroce del gruppo si abbatte sui timidi, sui sensibili, su chi tenta di tenere ancora viva una fiamma di umanità. E così, come un giorno si passeggerà nei boschi senza più essere incantati da alcuna melodia ma accompagnati dallo sgraziato gracchiare dei corvidi, allo stesso modo ci troveremo ben presto a vivere sprofondati in una desolante estraneità a noi stessi e all’emozione della bellezza che ci inabita».
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