Sviluppo umano: il Terzo mondo riduce il gap

Di Tempi
12 Luglio 2001
I critici degli effetti della globalizzazione sull’economia mondiale lo sottolineano spesso: negli ultimi anni l’incidenza della povertà assoluta è diminuita ma la distanza fra ricchi e poveri è aumentata

I critici degli effetti della globalizzazione sull’economia mondiale lo sottolineano spesso: negli ultimi anni l’incidenza della povertà assoluta è diminuita ma la distanza fra ricchi e poveri è aumentata. Lo abbiamo scritto anche sul numero scorso di Tempi: nel 1960 il reddito pro capite dei 20 paesi più ricchi del mondo era superiore 15 volte a quello dei 20 più poveri, mentre oggi lo è di 30. Tuttavia questo approccio alla questione del gap fra ricchi e poveri è parziale, perché centrato esclusivamente sul reddito. Proprio per correggere l’approccio meramente monetario a povertà e benessere delle statistiche della Banca Mondiale, alla fine degli anni Ottanta l’Onu ha elaborato il concetto di “sviluppo umano” e un metodo per misurarlo che si chiama Isu, Indice di sviluppo umano. Calcolato in millesimi, esso risulta dalla media ponderata di tre componenti: reddito pro capite, speranza di vita alla nascita e tasso di alfabetizzazione. Rappresenta perciò una misurazione più precisa sia della povertà che del benessere. Ebbene, se noi analizziamo l’andamento dell’Isu nei paesi del G7 e nei più popolosi paesi del Terzo mondo scopriamo che, con pochissime eccezioni, i paesi del Terzo mondo hanno recuperato terreno su quelli ricchi sia nel periodo 1975-80, agli albori della globalizzazione, sia nei nove anni fra il 1990 e il 1998, era della piena fioritura.

Nel sessennio 1975-80 l’aumento dell’Isu dei paesi del G7 è oscillato fra i 15 millesimi della Francia e i 24 del Giappone; nello stesso periodo negli 11 paesi più popolosi del Terzo mondo solo il Bangladesh registrava un dato inferiore (19 millesimi), tutti gli altri risultavano nettamente superiori, con punte di 62 millesimi per l’Indonesia e 56 per la Nigeria. Nel periodo 1990-98 Messico e Nigeria, esportatori di petrolio, hanno fatto fatica per il crollo dei prezzi, e sono migliorati solo di 27 e 28 millesimi rispettivamente, ma gli altri paesi hanno registrato incrementi importanti: 87 millesimi la Cina, 60 il Pakistan, 54 l’India, 53 l’Egitto, ecc. Nulla di paragonabile agli incrementi del G7, compresi, con l’eccezione dei 44 del Regno Unito, fra i 10 millesimi del Canada e i 28 dell’Italia.

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