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Sul Tap, è Emiliano il vero anti ambientalista

Il nuovo metanodotto è di importanza strategica per l'Italia e l'Europa ed assurdo che una regione possa metterci il veto. Intervista a Piercamillo Falasca

Francesca Parodi
01/04/2017 - 3:00
Interni
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Il gasdotto Tap sta per arrivare in Italia per garantirci maggiore indipendenza energetica e il fronte ambientalista fa muro intorno a 211 ulivi pugliesi che dovranno essere temporaneamente espiantati per la posa dei tubi. «È una situazione assurda. O facciamo un discorso serio, andando ad analizzare sistematicamente la situazione della cultura degli ulivi in Italia, per valutare se si può ottimizzare in specifiche regioni, oppure cadiamo in un discorso puramente ideologico» dice a tempi.it Piercamillo Falasca, direttore della rivista Strade e fellow dell’Istituto Bruno Leoni. «Queste polemiche prendono di mira un intervento dalle dimensioni ridotte, ma dall’importanza strategica sia a livello nazionale sia europeo, e lo trasformano in un caso politico e simbolico. È ora di decidere se vogliamo essere seri o rimanere sul piano dell’ideologia, senza nulla di concreto».

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PROGETTO DI INTERESSE COMUNE. La questione, come ci riassume Falasca, è questa: il Tap (Trans Atlantic Pipeline) è un metanodotto che parte dalla frontiera tra Grecia e Turchia, attraversa l’Albania e il mar Adriatico e approderà nel Salento, portando così in Italia il gas estratto in Azerbaigian. Sarà complessivamente lungo circa 870 chilometri, di cui 25 correranno sul fondale delle acque territoriali italiane e 8 sulla terraferma pugliese fino al comune di Meledugno. L’opera è stata finanziata anche dalla Banca europea per gli investimenti ed è stata riconosciuta dall’Unione europea come “progetto d’interesse comune”. «Il Tap è fondamentale per l’Italia, in quanto ci permetterà di diversificare le fonti di energia e di non essere più totalmente dipendenti da Russia, Libia e Algeria. Inoltre la diversificazione consente di abbassare i costi dell’energia, favorendo la competitività tra le aziende del paese (e gli effetti si vedrebbero anche sulle bollette energetiche dei cittadini)». Il nostro paese infatti è già attraversato da una vasta rete di metanodotti che ci consentono di importare gas dall’estero, ma dal 2014 al 2016 si è registrato un aumento del consumo di metano del 15 per cento. Questo nuovo metanodotto consentirà di trasportare 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

QUESTIONE LAVORO. Il Tap ha già ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie e i primi lavori sono cominciati a fine marzo. Per la posa del gasdotto è innanzitutto necessario espiantare temporaneamente gli ulivi situati lungo la tratta, ma gli alberi verranno rimessi al loro posto al termine dei lavori. Tuttavia il fronte ambientalista, capitanato dal presidente della regione Michele Emiliano, continua a opporsi, in difesa di questi ulivi, all’arrivo del gasdotto. In un’intervista al Corriere della Sera, Guido Roberto Vitale, presidente di una società di consulenza finanziaria e consigliere d’amministrazione del Fai, pur riconoscendo la necessità di far arrivare il Tap in Italia, sostiene che «il dramma della vicenda è la perdita di posti di lavoro, in un paese affamato di occupazione». Ma Falasca ribadisce che bisogna fare ordine e separare il discorso sulla coltivazione degli ulivi da quello dell’energia: «L’Italia produce la metà della quantità d’olio d’oliva che consuma. Inoltre, una parte della produzione viene esportata all’estero, perché si sa che da noi la qualità raggiunge livelli eccellenti e quindi il nostro olio è molto richiesto all’estero. Il resto, lo dobbiamo importare. Se quindi si sostiene che dobbiamo aumentare la nostra produzione ed estendere la porzione di territorio destinato agli ulivi, se ne può discutere, ma la questione diventa sterile se ci si concentra su un caso specifico e molto limitato». Tanto più che l’operazione creerà 150 posti di lavoro per i primi tre anni e, nella fase di esercizio, 30 ogni anno.

IMPATTO AMBIENTALE. L’altro nodo dibattuto è il timore del fronte no Tap per l’impatto ambientale del progetto.«Michele Emiliano sta facendo il Donald Trump d’Italia: come il presidente americano ha cancellato con un ordine esecutivo il Clean Power Plan di Obama (che favoriva la riduzione del carbone in America), così il presidente della Puglia, provando a bloccare il Tap, non fa altro che chiedere al paese di continuare a basarsi su petrolio e carbone. Lo continuiamo a ripetere, fin dal referendum sulle trivelle: il gas naturale rappresenta energia pulita, di gran lunga preferibile alle altre fonti di energia. È quindi Emiliano il vero anti ambientalista».
Inoltre, Emiliano si dimostra contraddittorio: come riportato dal Sole 24 Ore, sei mesi fa il presidente della Puglia ha partecipato all’inaugurazione dell’Acquedotto Pugliese, un tubo di diametro e lunghezza superiore a quella del Tap e che attraversa l’intero Salento. Non solo, Emiliano ha anche sostenuto la necessità di spostare l’approdo del Tap di 30 chilometri per non danneggiare l’alga Posidonia, presente sulle coste pugliesi, ma il punto da lui proposto, si è poi scoperto, ospita una quantità di questa pianta marina ancora superiore.

POTERI REGIONALI. I problemi di fondo, sostiene Falasca, sono di tipo culturale e istituzionale: «Siamo un paese che tende sistematicamente a dire no ad ogni cambiamento, anche a discapito dell’interesse nazionale. La responsabilità è soprattutto della classe politica locale, specie se si tratta di un candidato alla segreteria del proprio partito. Riguardo al tema istituzionale, ne avevamo già discusso in sede del referendum costituzionale: siamo inchiodati ad un sistema che assegna alle Regioni competenze eccessive per una dimensione così locale. Una Regione non dovrebbe avere il potere di veto su un progetto deciso dal governo per tutelare l’intero paese. L’energia è una materia geo-strategica perché su di essa si basa l’indipendenza, la sicurezza e la sovranità nazionale».

@fra_prd

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