
Su legge di stabilità e province serve un Monti risoluto
Il governo Monti alla prova del nove. L’esecutivo dei tecnici, dopo mesi e mesi all’insegna del rigore, è atteso a comandare il processo di rilancio del paese, adottando misure di rottura con quanto fatto fino ad ora. I primi esami importanti saranno il varo della legge di stabilità e il taglio delle province. Due temi su cui si gioca buona parte della credibilità della compagine ministeriale chiamata a traghettarci fino alle prossime elezioni. Il dibattito parlamentare sulla legge di stabilità consentirà infatti ai futuri elettori di compiere una prima valutazione di ciò che rimane dell’attuale classe politica decimata dagli scandali e che molto probabilmente chiederà di governare anche dopo la parentesi dei professori. Mentre il riordino delle autonomie locali ha aperto la discussione sulla sempre più urgente riforma dell’ordinamento statale. Tempi.it ha chiesto a Marco Ferrante, giornalista economico, un primo giudizio su questo particolare frangente di storia italiana. Ecco cosa ci ha raccontato.
La nuova legge di stabilità, dopo il via libera del consiglio dei ministri, è approdata in parlamento per il rush finale. Già piovono previsioni e critiche sull’impatto che avrà per le tasche degli italiani. Il Codacons, per esempio, ha parlato di una botta da 300 euro e più per famiglia. Lei ci crede? E che idea si è fatto della legge?
Le stime dicono cose diverse, ognuno ha la sua. È impossibile sapere oggi come andrà a finire. L’auspicio è che le misure del governo possano portare a una situazione di maggiore democrazia fiscale, attraverso lo spostamento della tassazione dalle imposte dirette a quelle indirette. E in un paese pieno di evasori l’aumento delle imposte sui consumi dovrebbe riuscire a colpire tutti; anche chi normalmente sfugge alla tassazione sulle persone fisiche. Non dimentichiamo che da anni si ragiona sull’ipotesi di spostare una parte del carico fiscale sui consumi.
Gli italiani non saranno penalizzati dai tagli alle deduzioni e detrazioni?
Chi oggi rientra in una no tax area potrebbe subire un po’ quell’un per cento di Iva in più. Ma, al di fuori della no tax area, chi rientra nei primi due scaglioni di reddito godrà, almeno così sembra, di una riduzione del carico fiscale superiore all’effetto della maggiore tassazione sui consumi.
C’è chi dice che la legge di stabilità non è altro che una nuova finanziaria.
Sostanzialmente è una correzione. Il governo fino ad ora ha cercato di recuperare quello che poteva. E non poteva fare diversamente. Monti è un eccellente uomo di governo, ha agito in modo responsabile. Abbiamo visto tutti come si comportava lo spread e una politica di rigore era inevitabile. Con la legge di stabilità il governo sta cercando anche di ridurre le imposte sui redditi e su questo punto il giudizio non può che essere positivo. Poi bisogna capire cosa può fare ulteriormente l’esecutivo.
E secondo lei cosa deve fare ora il governo?
Deve compiere uno sforzo maggiore nella direzione dei cosiddetti temi sviluppisti, una forma di bonifica ambientale a favore delle imprese, ricerca, lavoro, incentivi con la tassazione a favore per esempio dell’occupazione giovanile. Puntare sulle imprese è una condizione necessaria per riprendere la crescita.
Lo farà?
Bisogna essere ottimisti. Anche se il peso delle decisioni in questa fase ricade inevitabilmente soprattutto sull’esecutivo e non sulla maggioranza che lo sostiene. Siamo in una fase di transizione in cui la forza della politica è sospesa: il Pdl come lo conoscevamo non esiste più e non si capisce ancora cosa faranno Berlusconi, Alfano, Formigoni e gli ex An; il Pd è neutralizzato dalle primarie: solo quando sapremo se avrà vinto Renzi o Bersani, scopriremo cos’è; l’Udc – la forza più montiana – sta cercando di aggregare al centro pezzi diversi di società.
A chi può appoggiarsi l’esecutivo in questa fase così delicata?
Il governo ora vive innanzitutto di se stesso, della sua capacità di governare. Ma – e questo è un punto molto delicato – è costretto ad appoggiarsi alle file di quella burocrazia pubblica che per prima andrebbe riformata e che è per sua natura una forza di conservazione. È una situazione difficile, partiti deboli e burocrazia forte. Il governo è nel mezzo.
Vuol dire che ci sono temi su cui bisogna essere più decisi?
Sì, quando Monti ha rischiato ha dato il meglio di sè. Si poteva amministrare meglio il dossier esodati, ma la riforma delle pensioni è una buona cosa. Quando non si prendono decisioni nette invece, si rischia di fare confusione. Prendiamo le questione delle province, per esempio. Ha visto le “mappe” sui giornali? Se le province vanno abolite, vanno abolite. Non ci possiamo permettere il “questo sì e questo no”, la fiera della provincia sopravvissuta. Serve una riforma strutturale dello Stato. La pubblica amministrazione deve essere al servizio dei cittadini, delle famiglie e delle imprese, ma non può essere né un ostacolo alla vita della società, né un ammortizzatore sociale implicito (guardiamola Sicilia, per esempio). Non possiamo permetterci né una cosa né l’altra.
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