Studenti e professori, prime adesioni allo Scuola day

Ho 17 anni e frequento il liceo classico europeo a Milano. Nell’articolo “In preda alla noia” in Tempi del 12 aprile si parla di “scuola morta” e mancanza di disciplina in queste tanto discusse “nuove generazioni”. Come dare torto a chi scrive? Tutti noi ragazzi ci sentiamo parte di questa orda di disgraziati. Però la mia scuola non è così, da noi queste cose non succedono. Forse perché siamo tutte ragazze, o perché da noi, in presidenza, c’è qualcuno che veramente crede in quello che fa, o forse per via della disciplina, che è il primo requisito richiesto. Probabilmente se a scuola mi sentissero parlare così non crederebbero alle loro orecchie: io, proprio io che anni fa ho tanto criticato il sistema scolastico, io che ho rischiato di essere cacciata per non aver rispettato quella disciplina che ora elogio. Ma, guardando ciò che accade, posso solo ringraziare la mia scuola. Non sono una “sfigata”, sia chiaro. Ho fatto anche io le “cose proibite”, anche io ho rischiato di essere bocciata, anche io vado in discoteca, anche io prendo i miei 4. ma, per fortuna, anche io sono cresciuta. Ieri leggevo sul sito internet “duepuntozero” i commenti di un ragazzo a una quattordicenne che in una foto esibiva un “meraviglioso” reggiseno. Il ragazzo chiede: «Cosa direbbe tuo padre se vedesse la foto?». E lei: «Mia madre, che è ancor più cattiva di mio padre, l’ha vista. Dice che è un po’ osé ma nulla di scandaloso». Quindi nessun problema a metterla su internet, dove tutto il mondo è libero di vedere. Probabilmente io avrò ricevuto un’educazione “all’antica”, ma non mi sarebbe mai venuto in mente nemmeno di chiedere a mia madre una cosa simile. Tornando alla scuola, io credo che la prima cosa da insegnare sia il rispetto. Molti ragazzi entrano in classe dicendo “ciao prof”. Ma non esiste! Mi innervosisco io che sono loro coetanea, immagino i professori. Non sto difendendo la categoria, sia chiaro, dico solo che non c’è da stupirsi quando poi volano gli astucci o è necessario smistare le classi perché 15 su 25 sono stati bocciati. Credo che le istituzioni debbano fare qualcosa, perché in questo modo anche le famiglie che costruiscono si vedono distruggere il lavoro dalla scuola. Mi auguro di non essere l’unica tra i miei coetanei a pensarla così, altrimenti, tra 30 anni, quando sarà questa generazione a governare il nostro paese, sarà un disastro.
Matilde Rognoni Milano

I nostri figli ci insegnano. Grazie.

(.) Sì, caro direttore, facciamo uno “Scuola day”, non però di quelli in cui bearsi di analisi e buone intenzioni, ma in cui studenti e insegnanti possano raccontare il fascino della loro avventura quotidiana in classe.
Gianni Mereghetti Abbiategrasso

L’altro giorno una mia alunna confessava in classe: «Prof, mi sono fatta spesso la domanda: ma io qui sulla terra che ci sto a fare? Ma dato che quasi nessuno se la pone più e io non riesco a trovare una risposta, sono arrivata alla conclusione che non c’è risposta». Altro che i giovani non hanno domande! Il problema è che queste esperienze nessuno le conosce. Purtroppo il dato oggi è che lo Stato non ama i suoi figli. Sì, “Facciamo uno ‘Scuola day'”. Ma facendo conoscere le centinaia di esperienze educative significative che ogni giorno si realizzano nelle scuole.
Franco Bruschi Varese

Vi prendiamo in parola, cari professori. Prendete iniziativa. Portateci da qualche parte per cominciare a farci conoscere «le centinaia di esperienze educative significative che ogni giorno si realizzano nelle scuole». Convocate qualche mente lucida, tipo la diciassettenne Matilde Rognoni, e poi, certo, gente con la testa sulle spalle, tipo i nostri Cominelli, Ferrara, Barcellona, Galli Della Loggia, Belardelli, Mastrocola, Galimberti, Cesana eccetera. Organizzateci un Meeting di Rimini, di Milano o delle Alpi Apuane sulla scuola. Suonateci The Wall e fateci vedere le vite degli altri. Il giornale ce lo mettiamo noi.

Ho trovato in allegato il bollettino postale con l’invito a rinnovare l’abbonamento. Che dire. la rivista mi piace, Berlicche è fantastico, Fred Perri è bravissimo (peccato che sia così anti-interista), il direttore ogni tanto si lascia prendere la mano ma immagino sia una questione di temperamento, tanti altri che non cito sono veramente godibili. In sostanza, quando arriva, leggo sempre quasi tutta la rivista. Sottolineo il “quando arriva”.
Sergio Cassinari Piacenza

Ho appena chiesto al nostro responsabile degli abbonamenti di offrirsi come kamikaze alle Poste.

A Pasqua zia Mariuccia era davvero arrabbiata. Quasi non si voleva neppure sedere a mangiare. Ha ottantun’anni, fuma dieci sigarette al giorno e beve un paio di bicchieri di “rosso” a tavola. Eppure è in gran forma. Ma il giorno di Pasqua era furibonda. «Mi rubano i soldi», così mi ha salutato quando sono andato a prenderla per il pranzo. Zia Mariuccia è perfettamente lucida, ma non nascondo che quella frase mi ha fatto pensare che stesse iniziando a perdere colpi (insomma, è anziana). Ad un tratto ha tirato fuori dalla borsetta l’estratto del conto corrente: «È la banca che mi ruba i soldi. Prova a spiegarmi che non è così». Non sono riuscito a dissuaderla. Al 31 dicembre 2006, la zia aveva sul conto 8.039,12 euro. Non ha fatto alcuna operazione. Nessuna. Al 31 marzo 2007 il suo conto era a 7.998,45. Ha perso 40,67 euro. Il suo interesse attivo è dello 0,0125 per cento. In pratica 8 mila euro le hanno fruttato 18 centesimi. Gran bella cifra. Purtroppo però ha speso 17,90 euro per l’imposta di bollo del secondo semestre 2006 e 8,55 euro per il primo trimestre 2007. L’invio dell’estratto le è costato 1,70 euro e le spese per la tenuta conto sono ammontate a 23,32. Praticamente un furto legalizzato. Zia Mariuccia mi ha chiesto di accompagnarla in banca, ma ha voluto parlare in prima persona: «Caro direttore, io chiudo il conto. Metto i soldi sotto il cuscino. Non guadagno niente, è vero, ma perlomeno non ci perdo niente. E non mi dica che a casa non sono sicuri. Con quei 40 euro, che dovrei versare “gratuitamente” a voi, pagherò il cibo a un cane che metterò a guardia dei miei soldi. Sono vecchia, ma non rincoglionita». Beata zia Mariuccia che può fare a meno delle banche.
Fabio Cavallari

Già, ma se le banche non rubano alle vecchiette, come fanno poi a cancellare i debiti alla Fiat?

Ho visto Centochiodi. Persino peggio di quel che mi aspettavo dopo le vostre recensioni e la puntata di Otto e mezzo di Ferrara. Olmi ci aveva abituato a ben altra fotografia (mai così “piatta”) e a ben altre storie (qui la storia dov’è?). La moralità è tensione a un ideale o parlare di temi in qualche modo etici? Nessun dramma (forse l’unico a viverne uno è il prete che ha consumato gli occhi sui libri) e qualche aspetto quasi comico, al punto che mi pare che le figure più umane siano, almeno ai miei occhi, il povero maresciallo dei carabinieri e l’ancor più povero padre del ragazzo con la sua vaschetta di pesciolini fritti in grembo. Cosa può spingere un intellettuale cattolico, un maestro del cinema a fine carriera (lo ha detto lui stesso) a tanto odio di sé e della propria arte che è pur sempre scrittura?
Dario Spinelli Milano

Perfetto. Alla domanda risponde Hannah Arendt: «Reazioni naturali di uomini per i quali pensiero e realtà si sono dissociati, la realtà si è fatta impenetrabile alla luce del pensiero, e il pensiero stesso, non più vincolato all’episodio come il cerchio resta legato al proprio assunto focale, rischia di perdere ogni significato o di ridursi a masticare vecchie verità prive di ogni aggancio concreto». Questo è, precisamente, l’Aids della cultura oggi dominante.

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