È morta Laura Antonelli, l’attrice protagonista di Malizia e, come in molti stanno ricordando in queste ore, di un arresto il 26 aprile 1991, quando nella sua casa di Cerveteri fu trovata in possesso di 36 grammi di cocaina. Ciò che non viene ricordato, tuttavia, è che fu proprio per quel processo che nel 2006 la Antonelli fu riconosciuta vittima di un errore giudiziario e che la Corte di Cassazione, nel 2007, sancì per lei un risarcimento, da parte dello Stato, di 108 mila euro. Il discredito soprattutto mediatico, con la pubblicazione immediata della notizia dell’arresto, aveva travolto la Antonelli al punto – complice anche l’insuccesso del film Malizia 2000 – da abbandonare per sempre le scene. Il successivo accertamento dei fatti nelle aule di giustizia era stato però molto più farraginoso.
NOVE ANNI. Quando Antonelli fu arrestata, fu portata subito al carcere di Rebibbia, dove rimase tre giorni prima di essere messa agli arresti domiciliari. La notizia fece particolare clamore, sia per la fama della protagonista, sia per i contorni dell’arresto, avvenuto tramite un agente infiltrato del Road, l’allora reparto operativo speciale antidroga, un avvenente carabiniere che la Antonelli aveva invitato a casa propria, prima di scoprire chi fosse veramente.
Il processo di primo grado si concluse solo cinque anni dopo, il 9 maggio 1996, con la condanna a tre anni e mezzo di carcere e 24 milioni di lire di multa per illecita detenzione di stupefacenti. Il 16 marzo 2000 la Corte d’appello di Roma ha assolto l’attrice perché il fatto non era più previsto come reato. Nove anni per accertare i fatti devono essere apparsi troppi anche agli stessi giudici e la corte d’appello di Perugia, che ha valutato il ricorso dell’attrice per l’irragionevole durata del processo, nel maggio 2006 ha stabilito che la Antonelli era stata vittima della giustizia lumaca italiana.
RISARCIMENTO E TRUFFA. Per i giudici umbri è stata decisiva la perizia psichiatrica del consulente nominato d’ufficio dalla corte, che ha accertato come la lunghezza del processo abbia causato una patologia «dapprima determinata dall’insorgenza del processo in sé e dal grave stress costituito dall’arresto, poi ulteriormente aggravata a causa del suo protrarsi nel tempo». Per questo motivo la Corte d’appello ha sancito che lo Stato risarcisse l’attrice per 108 mila euro (riformando una prima sentenza, della corte d’appello di Roma, che stabiliva un risarcimento per soli 10 mila euro). Quest’ultima decisione è divenuta definitiva, con una sentenza della Cassazione del 2007. I danni causati all’attrice tuttavia sono stati irreversibili.
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